C’è una querelle che spesso anima simpaticamente gli scambi di vedute tra me ed alcuni membri della comune associazione laica di appartenenza. Essa trae la sua ragion d’essere dalla difficoltà che ho nel provare simpatia per i cosiddetti ‘preti di strada’-assicuro che ce la metto tutta per cambiare-ossia per i vari don.. Gallo, Mazzi, Ciani, Rigoldi, Panizza.. e via pretando. Ah, beh! Una volta mi capitò di scrivere in termini lusinghieri di don Vitaliano Della Sala (informarsi!), ma lì era posto in simmetria nientemeno che con padre Livio Fanzaga, il direttore di Radio Maria, al cui confronto anche Joseph Göbbels* farebbe la sua porca figura. E’ fin troppo facile constatare che il fatto che questi sacerdoti abbiano deciso di dedicarsi anima e corpo al riscatto dei diseredati e degli emarginati-e si deve comunque essere grati loro per questo-non può non avere un impatto favorevole su chi condivide una certa visione del mondo, che è anche, ad esempio, la mia, e che non è certo necessario specificare qui. E poi.. c’è quell’atteggiamento anticonformista che fa tanto cool (fresca sfrontatezza, diremmo noi), che fa storcere un po’ il naso ai loro solenni superiori-ma non risulta vi siano mai state conseguenze evidenti per questo.Curioso!-ai quali essi rimangono caninamente devoti. Ma dopo l’impatto emotivo arrivano riflessione e ragionamento, insieme ad un’analisi più generale, e ci si comincia a chiedere se complessivamente, e nella prospettiva dei tempi, costoro producano più danni o benefici.
Prendiamo ad esempio don Andrea Gallo, il san Francesco di Genova. Egli fra l’altro sostiene la necessità del matrimonio dei sacerdoti al fine di combattere la piaga della pedofilia, così diffusa tra il clero- beh, non c’entra assolutamente niente! Chiedete ad un qualsivoglia psicologo. Inoltre, sulle orme del buon san Paolo, che sembra piacergli tanto (v. avanti), egli fornisce così una visione del tutto ignobile del legame matrimoniale (v. Corinti I 7-8,9). Egli perora anche la causa del sacerdozio femminile. Quando si dice: l’emancipazione della donna! E che può provare un laico inveterato come me quando lo sente dire: “Cristo è in tutti, circoncisi e incirconcisi!”. Circoncisi, cioè gli ebrei, i quali della qual cosa (Cristo in noi), legittimamente e sanamente, se-ne-fregano. E come si permettono, questi reprobi!-arriverà qualcuno a concludere, prima o poi. Forse, come detto, voleva parafrasare Paolo (v. Corinti I 7-19). Beh, non doveva farlo. E dopo aver diviso l’umanità in circoncisi e incirconcisi, non s’accorge nemmeno che, per motivi anatomo-fisiologici, ha escluso proprio quelle donne alla cui emancipazione tanto tiene. E quando vorresti volergli bene perché dichiara di amare la parola ‘compagno’ (dal latino ‘cum panis’) e non intende rinunciare ad essa, eccolo lì che la traduce erroneamente e subdolamente associandola allo spezzare il pane nel rito dell’eucaristia, mentre invece significa, semplicemente e laicamente: ‘che condivide lo stesso pane’. Criteri approssimativi-diciamo: sballati?-categorie fatalmente obsolete e pericolose, e che non vogliono saperne di togliere il disturbo. Ecco un (troppo!) rapido excursus nel loro incoercibile sacerdotal-corredo, atto a rinnovellare e perpetuare gli orrori. Si ha inoltre la sensazione che l’indole truffaldina del prete si sempre pronta lì a scattare.
Allo scempio non sfugge nemmeno don Enzo Mazzi, animatore della comunità fiorentina de ‘L’Isolotto’, e che a rigor di logica dovrebbe essere il migliore.. del mazzo (mi si perdoni l’ignobile calembour). La denigrazione del sesso-egli afferma-della realtà umana e cosmica, perpetrata col concetto di ‘peccato originale’, ha depravato il mondo. La ‘redenzione’, che si sarebbe attuata con la venuta del Cristo, è solo un mito; l’incarnazione è solo una ulteriore tappa storica di valorizzazione dello sforzo umano per l’emancipazione dalle tenebre. Anche se non sono d’accordo con quest’ultima proposizione, non foss’altro perché ho una mia teoria
sul senso autentico del.. ‘fattaccio’, che non è qui in programma, riconosco che tali concezioni (s)travolgono tutto l’insegnamento che la Chiesa ha sempre proposto/imposto, e porta addirittura ad una diversa concezione di dio; e poi non l’ho mai sentito (Mazzi) ragionare in termini di chi ha mantenuto il prepuzio e di chi invece l’ha avuto asportato. No.. ha fatto forse qualcosa di peggio! Alla giusta obiezione di un’interlocutrice laica che gli chiede, se non gli va la Chiesa, “perché non se ne va coerentemente?”, se ne esce con un inquietante: “non esistono i confini della Chiesa!”. Che voleva dire?! Un’espressione smargiassa e desolatamente vuota come questa può solo far rabbrividire chi ha ben presenti gli scempi perpetrati dai portatori di una tale mentalità. Chi è capace di dire una frase simile, è capace di dirne qualsiasi altra. Alla precisazione, stavolta di un ultracattolico, che esistono altre chiese cristiane, nonché altre religioni, dotate di pari dignità e diritto ad esistere, e perciò la Chiesa cattolica, ha, i suoi confini, seppe solo allargare un sorrisone e far finta di non aver sentito. Un altro mito-se mai mito vi fu(non vi fu!)-in frantumi. Mi sembra che mai come in questi casi valga il transalpino motto: “plus ça change, plus c’est la même chose” (più si cambia, più è la stessa cosa).
PERÒ!!… Sono contento di rilevare che in mezzo a questo scenario inquietante, ibrido e scivoloso, c’è un personaggio che si pone positivamente in evidenza e lascia ben sperare. Parlo di don Pierluigi Di Piazza (il ‘don Pierluì’ del titolo). Volto aperto e leale, classe 1947, friulano-per maggior precisione: carnico-egli si trova ad un passo dalla laicità totale, tanto da suscitare sconcerto nel laicissimo conduttore Corrado Augias (sul maxischermo in studio campeggia la scritta ‘Prete e laico? Si può’) che gli consiglia, una piccola croce sul petto, almeno, di appuntarsela (ma mi pare che anche altri, tra i quali Gallo e Mazzi, disdegnino l’esibizione di simboli). La sua teologia supera in spregiudicatezza quella di Mazzi. C’è una contraddizione insanabile tra il dio del Tempio e il dio di Gesù, che fu ucciso dalla religione di quello. È necessario pertanto uscire ‘fuori dal tempio’-che è anche il titolo del suo libro presentato in trasmissione. Si fa fatica a capire come, a partire da Gesù, sia stato possibile costruire nella storia un apparato di potere e di sacralità che solo in modo vago e distorto si riferisce a lui. Altro che ‘confini della Chiesa’! Augias gli consiglia prudenza e moderazione e smette, ormai, di chiamarlo ‘don’. Più avanti-argomento: aborto-‘don’ Pierluigi cita Enrico Berlinguer (sul maxischermo un grafico ci informa che nel ventennio 1991-2011 di applicazione della legge 194, gli aborti in Italia sono diminuiti del 30%, contando anche le donne immigrate, che hanno più tendenza delle italiane ad abortire).
Ci sarebbe un po’ d’altro da aggiungere per completare il quadro, ma dalla redazione mi fanno gesti furiosi. Chiunque però può già constatare l’eccezionalità della figura di don Pierluigi, al quale manca solo quella ‘spintarella’ di cui sopra per diventare.. voglio esagerare!.. uno dei nostri. A tal proposito, come ho fatto con altri, mi permetto di invitarlo ad una ‘full immersion’ in Civiltà Laica, dove potrebbe essere anche sottoposto-lui senziente, è ovvio- alle opportune terapie atte a rimuovere ogni residuo di confessionalità; e nessuno pensi a qualcosa di simile al ‘trattamento Ludovico’(chi ricorda il film ‘Arancia meccanica’?),
anzi, i nostri metodi sono assolutamente non coercitivi e non invasivi. Venga, don Pierluì, ed il nostro motto sia, sempre a volersi esprimere nel gallico idioma: “plus ça change, plus c’est une autre chose” (più si cambia, più è un’altra cosa).
Alessandro Petrucci
* Ministro nazista della Propaganda (1897-1945)