Confessiamo che abbiamo ceduto all’ottimismo nell’affrontare il tema “droga”, lo si può vedere fin dal titolo di questo breve e non esaustivo articolo. In effetti il titolo corretto dovrebbe essere “Droga, di cosa non stiamo parlando?”, perché se il termine “parlare” lo vogliamo usare come sinonimo di una discussione per capire un presunto problema, di certo della questione nel nostro paese non se ne parla.
Prendiamo ad esempio il significato letterale del termine, cercando “droga” sul Devoto – Oli 2012 si trova:
1. Sostanza vegetale aromatica che serve a dar sapore a cibi o a bevande (cannella, vaniglia, pepe)
2. In farmacologia, ogni prodotto naturale contenente uno o più principi biologicamente attivi
linguaggio comune: qualsiasi sostanza vegetale o chimica ad azione eccitante, stupefacente o allucinogena (hascisc, eroina, LSD) capace di intervenire sull’equilibrio psicofisico di chi l’assume con effetti più o meno temporanei e dannosi
La prima domanda da porsi dunque è perché nel linguaggio comune la parola droga ha assunto un significato così diverso da quello vero.
Tralasciando il primo significato e attenendoci alla farmacologia, se ci chiediamo cos’è una droga la risposta lascia intendere che praticamente tutta l’umanità è drogata. I principi biologicamente attivi difatti sono presenti nella maggior parte dei cibi e delle bevande che abitualmente consumiamo. Caffè, thè, cioccolato, cola, succo di arancia di limone o di pompelmo, contengono tutti sostanze biologicamente attive, con effetti che possono essere positivi o negativi per il nostro metabolismo.
Ma queste sono droghe di cui nessuno si preoccupa, sono unanimemente considerate “droghe buone” (nonostante possano avere effetti anche deleteri). Le “droghe cattive” del linguaggio comune sono quelle con effetti stupefacenti o allucinogeni. Tuttavia anche qui non ci va molto meglio; che ci piaccia o no molti di noi consumano “droghe cattive” in migliaia di farmaci (legali) che possono alterare il nostro equilibrio psicofisico. Debrum, Lexothan, Prozac, Deroxat, Gamonil, Librium, Valium, Ansiolin… sono solo una minima parte degli psicofarmaci (con vari effetti) che si possono comprare con apposita ricetta in farmacia.
Senza parlare poi degli alcolici e del tabacco che di fatto sono una “droga cattiva” a tutti gli effetti che però tutti possiamo comprare tutti senza ricetta dopo i 18 anni di età.
Ma allora “i drogati”, questi alieni di cui (s)parlano tutti i telegiornali, cosa hanno di diverso da noi? Semplicemente sono drogati di sostanze illegali, e per procurarsele devono contattare e quindi frequentare chi opera al di fuori della legalità.
Di fatto la distinzione (farmacologicamente parlando) è tutta qui, nella sottile linea rossa fra legalità e illegalità; poi se vogliamo illuderci che le droghe illegali facciano male e che quelle legali facciano bene, siamo liberi di farlo. Significa ignorare tutti gli avvertimenti riportati sulle cosiddette avvertenze (nonché gli avvisi terroristici sui pacchetti di sigarette), però di fatto la grande maggioranza di noi si illude che questa distinzione sia reale. Droga legale buona, droga illegale cattiva.
Allora per cercare di capire che le favolette a una certa età vanno rispedite al mittente è bene ricordare un sondaggio del 2001, di cui “stranamente” se n’è parlato e se ne parla pochissimo; fatto su un campione di 17000 giovani fra i 14 e i 30 anni su tutto il territorio nazionale (fonti ALA, CIRM, Adkronos) ha rivelato che l’80,3% di loro usa (più o meno frequentemente) marjuana o hascisc, il 22% droghe sintetiche (LSD, Ecstasy etc), e il 12,5% cocaina ed eroina.
Dati inattendibili? le fonti e i modi con cui sono stati ottenuti i risultati dicono di no, che anzi sono altamente attendibili.
Tuttavia vogliamo essere generosi e vogliamo dimezzare il dato? Otteniamo che circa la metà dei giovani che nel 2001 aveva meno di 30 anni e più di 14, ha fatto uso di droghe illegali.
Questo dovrebbe aprirci gli occhi e pensare che “la guerra alla droga” semmai avesse avuto un senso (e a nostro giudizio il senso non ce l’aveva) l’abbiamo persa di brutto.
Ma del resto, per quale motivo il proibizionismo che ha fallito sempre ed ovunque su qualsiasi argomento in questo caso avrebbe dovuto portare dei risultati?
Forse è giunto il momento di guardare in faccia la realtà, dovremmo porci la domanda se sia più giusta una politica di coerenza etica (ammesso e non concesso che di coerenza si possa parlare e non più appropriatamente di ipocrisia) che porta a scatenare una guerra santa verso qualunque droga “cattiva” (senza neanche porci la questione del perché il Valium è buono e la marjuana cattiva), o non piuttosto una politica per una reale riduzione del danno che taglierebbe le gambe alla criminalità.
Ne vogliamo almeno cominciare a parlare?
Alessandro Chiometti