Lo sappiamo, noi poveri miscredenti-laicisti-atei-mangiabambini non possiamo capire la grandezza della Chiesa cattolica e delle sue regole. Ripetutamente invitati a non occuparci di cose che non ci riguardano (i concetti di libertà di opinione e di espressione son duri da digerire ai nostalgici del medioevo), accusati di non conoscere la grandezza dei riti e delle liturgie cattoliche (quasi che il catechismo fosse riservato a un élite ristretta e non distribuito a pioggia su tutti fin dall’infanzia), apostrofati come ignoranti (senza mai spiegare su che cosa siamo ignoranti), confessiamo senza timore di ulteriori improperi di non riuscire a capire l’ennesima uscita della Cei contro la cremazione.
Come riportato puntualmente da Avvenire del 2 marzo, «La Chiesa accetta la cremazione, se non è decisa in odio alla fede, cioè per negare la risurrezione dei corpi proclamata nel Credo, ma non la incoraggia» e «ribadendo comunque che la sepoltura resta la forma “più idonea a esprimere la fede nella resurrezione” e confermando il no allo spargimento delle ceneri e alla conservazione in luoghi diversi dal cimitero». Senza indagare come mai la superstizione cattolica non consegni una motosega alla salma del defunto sepolta nella bara zincata chiusa con saldatura e bulloni, dato che questa non sarebbe apribile dal resuscitante neanche se il fenomeno avvenisse in contemporanea con la trasformazione in Hulk, ci chiediamo: il no a chi è rivolto? Se è rivolto ai cattolici, bene, niente da dire, ognuno è libero di farsi abbindolare dal santone che preferisce e disporre della sua salma come meglio crede. Se è rivolto invece alle autorità civili che dovrebbero seguire le disposizioni dei gerarchi vaticani facendo fare dei passi indietro rispetto alle ultime norme civili in materia funeraria allora è ovvio che la cosa ci fa arrabbiare e non poco.
Non possiamo pensare che in tempi di società multiculturali le regioni e i Comuni prendano decisioni antistoriche proibendo a chi ha una diversa concezione dell’esistenza di compiere gesti che non danneggiano nessuno. Cosa c’è di male nello spargimento delle ceneri o nel conservare l’urna a casa? Sembra assurdo ma si tratta di conquiste molto recenti; tanto per fare un esempio concreto, la Regione Umbria non ammetteva nei suoi regolamenti la conservazione delle ceneri in luoghi diversi dai cimiteri fino al 2005. “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca” diceva un cattolico doc, e sinceramente non possiamo non pensare che tanta cattiveria e intransigenza nei confronti di chi vuole soluzioni diverse per le sue esequie non sia legata alla connivenza spesso tutt’altro che limpida con i gestori del business del “caro estinto” che chiedono cifre esorbitanti per loculi, bare, fiori e annessi e connessi. È lapalissiano che il guadagno su un’urna che deve solo servire a portare le ceneri al luogo della dispersione è molto inferiore a quello su una bara, un loculo, una lapide “eterni”.