Era il 19 Febbraio 2004 il giorno in cui gli integralisti religiosi italiani conseguirono indubbiamente una vittoria epica con l’entrata in vigore di una delle leggi più antiscientifiche che memoria d’uomo ricordi. Una rivincita sulle vittorie laiche sulle tematiche del divorzio e dell’aborto attesa da tempo in ambienti clericalisti.
Da quel momento infatti (e ancor più con il mancato raggiungimento del quorum al referendum che voleva abolire la legge) fu evidente che il riflusso clericale nel nostro paese aveva sommerso le coscienze laiche che da troppo tempo vivevano sugli allori di vittorie derivate dai movimenti degli anni 70. Non a caso si sono rinvigoriti gli attacchi contro la legge 194/78 sull’aborto operati dai sedicenti attivisti pro life che oramai potevano contare su solidi appoggi politici tanto a destra quanto a sinistra e in nome dei diritti degli embrioni vogliono negare quelli delle donne.
Da qualche tempo però quella vittoria sta diventando la classica vittoria di Pirro, che produce più danni ai “vincitori” che ai vinti. Già nel 2009 la Corte Costituzionale (Sentenza n. 151 del 1 Aprile 2009) aveva dichiarato illegittimo uno dei commi più assurdi della legge, quello che prevedeva l’obbligo di impianto contemporaneo degli embrioni fecondati esponendo la donna al rischio di gravidanze gemellari. Se qualcuno oggi si chiede perché una norma così assurda sia stata inserita in una legge di uno stato occidentale significa che si è perso (beato lui) i deliranti comizi di quei giorni fatti dagli attivisti di Scienza e Vita e altre associazioni simili.
Oggi finalmente la Corte di Strasburgo dei diritti umani ha svuotato la legge di un altro caposaldo dettato dall’integralismo religioso, quello del divieto di diagnosi preimpianto sugli embrioni. In poche parole una volta fatta la fecondazione assistita la donna è obbligata a farsi impiantare gli embrioni magari pur sapendo che possono essere portatori di malattie ereditarie da parte propria e/o del partner. Fermo restando il successivo diritto all’aborto… una contraddizione che non è sfuggita alla Corte, che ha in buone parole detto all’Italia di non produrre leggi in chiaro contrasto l’una con l’altra.
Ora, prendendo atto delle parole del ministro Balduzzi che ha prontamente dichiarato “La questione della compatibilità tra legge 40 e legge 194 sollevata dalla Corte di Strasburgo è un problema già noto” (e da quando? a dire il vero ci risulta che quasi tutti gli esponenti istituzionali si sono affannati in questi anni a convincere noi laici che non c’era nessun contrasto) e sperando che il prossimo governo non elimini la 194 per risolvere l’incompatibilità, ci chiediamo, senza ironia, cosa resterà di questa legge 40?
Per ora resta il divieto della fecondazione eterologa, ultimo ridicolo tassello del mosaico dettato da ragioni catto-integraliste, in attesa che la prossima sentenza faccia in pratica giustizia alle ragioni referendarie del 2005 affossate solo dal gioco sporco di Ruini & co. che fecero leva sulla disinformazione e l’indifferenza cavalcando la crescente ondata di astensionisti.
Resteranno gli otto anni persi in cui si è registrato un sostanziale calo di bambini nati “in provetta” nel nostro paese grazie alle associazioni pro life (lungi da noi che uno dei loro esponenti colga l’ironia di questo fatto).
Resteranno i milioni di euro spesi all’estero dalle coppie italiane che per non avere a che fare con il medioevo sono andati in Spagna, in Francia, in Rep. Ceca e in altri paesi che non hanno la sfortuna di avere il Vaticano in casa.
Resteranno i pregiudizi, l’ignoranza e l’indifferenza degli italiani che nel 2005 potevano risparmiare all’Italia anni di limbo medievale ed antiscientifico.
Resta senz’altro la nostra convinzione che occorre ancora molto a questo paese per colmare il gap di civiltà con il resto dell’Europa Occidentale e che i diritti civili vanno difesi giorno per giorno, perché qui il medioevo è sempre dietro l’angolo, anzi dietro al Tevere.
Alessandro Chiometti