Con la nomina di Luciano Violante (Pd) e Gaetano Quagliarello (Pdl) fra i saggi della Repubblica Italiana a cui affidare la soluzione del complicatissimo rebus parlamentare consegnato dalle consultazioni elettorali, Re Giorgio giunge all’apice dei suoi disastri politici.
Dopo aver nominato Monti premier di un governo tecnico che ha operato macelleria sociale per oltre un anno, dopo aver interferito sulle consultazioni elettorali amministrative invocando a votare le forze che sostenevano Monti, dopo aver commentato in modo indegno i ripetuti boom del M5s di Beppe Grillo, dopo aver invalidato oltre un milione di firme raccolte fra i cittadini italiani per i referendum sul lavoro che avrebbero potuto rimediare ai disastri firmati Fornero e Monti pensavamo di averle viste tutte. No, Re Giorgio non cessa di stupire.
Invece di prendere atto della magra figura elettorale raccolta dal suo protetto e la conseguente delegittimazione del governo tecnico da lui imposto si opera in modo vergognoso per mantenerlo in carica più a lungo possibile.
Un Presidente rispettoso della volontà dei cittadini avrebbe presentato le dimissioni non solo come dimostrazione di aver preso atto del largo malcontento da lui causato ma anche per facilitare e velocizzare la transizione verso un nuovo Presidente che abbia la facoltà di sciogliere le camere e tornare alle urne. Magari dopo aver promulgato la nuova legge elettorale o semplicemente abrogato il porcellum, cosa che si può fare, a detta di molti esperti, senza dover per forza formare il nuovo governo.
E invece siamo all’affronto finale, nominare Violante e Quagliarello, ovvero il peggio del peggio dei due partiti che hanno sulle spalle il disonore di aver amministrato malissimo l’Italia negli ultimi venti anni (ne è prova l’exploit del M5s) come saggi della Repubblica significa aver perso completamente il senso della misura e consegnare il paese in mano ai populisti e ai demagoghi che avranno gioco facile nei prossimi anni di fronte al nuovo probabile inciucio.
L’unica flebile speranza che abbiamo è che gli eletti del Partito Democratico non seguano i dettami di Re Giorgio e dei vertici del loro partito lasciandoli con il cerino in mano e svergognandoli in parlamento.
Di fronte a tutto questo viene da dar ragione a tutti i più tetri profeti di sventura che imperversano sul web.
Ragioniamo. Nel Novembre 2011 un Berlusconi logorato dagli scandali, dalla crisi finanziaria e dai nemici interni rassegna le dimissioni a Napolitano, in quel momento il Presidente della Repubblica ha ancora oltre un anno di mandato davanti. Se si svolgessero le elezioni in breve tempo il Pd avrebbe quasi certamente la maggioranza assoluta nei due rami del parlamento e ci sarebbe un governo stabile per sanare gli sconquassi causati dal centrodestra.
Si sceglie invece di formare un governo tecnico che condurrà il paese alle elezioni proprio in concomitanza con il semestre bianco di Napolitano, dopo che il Pd avrà perso consenso a causa del suo supporto a Monti, dopo che si è permesso ai populisti grillini di organizzarsi e di aver gioco facile nel gridare “sono tutti uguali” visto che effettivamente sia destra che sinistra hanno appoggiato Monti e le sue sedicenti politiche di austerity.
Ora se un “complottista” sostenesse che tutto questo era voluto per permettere il proseguire a Mario Monti o a qualche altro amico delle banche e dei poteri economici europei lo smantellamento dello stato sociale in Italia come si può dargli torto?
Non solo, ma se fosse complice anche Beppe Grillo? Non siamo impazziti, ci chiediamo solo perché Beppe Grillo non abbia costretto Bersani a governare seguendo il suo programma, o almeno dei punti di questo. Era una cosa che poteva fare tranquillamente visto che il suo appoggio era necessario per formare un governo. Che abbiano ragione i Wu Ming quando dicono che in Italia il M5s è funzionale solo a riassorbire e a disinnescare la protesta?
Intanto la situazione peggiora di giorno in giorno e il 2014 con la sua fantomatica “ripresina” sembra lontano un’eternità.
Alessandro Chiometti