Dopo un anno di latitanza, riappare un nostro articolo sul sito di Internazionale. Si intitola «Le suore di Trento».
Nei commenti sotto, la polemica infuria: mentre scriviamo ci sono già 90 commenti ed è la fiera del «non è questo il punto». Non è mai quello, il punto. E poi l’URSS, la Germania Est, la Stasi…
Ma scusateci se cogliamo l’occasione per scrivere due cosette su don Inzoli (#Inzoli). Non c’entra, sia chiaro. È una storia diversa. Non facciamo collegamenti a cazzo di cane, su… Però cogliamo l’occasione. Giusto un rapido riassunto della vicenda, per chi non l’ha seguita via Twitter.
Il 27 giugno 2014 la stampa di Crema dà una notizia-bomba… che però rimane inesplosa: dopo una prima sentenza risalente al 2012, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha condannato in secondo grado per abusi su minori monsignor Mauro Inzoli, già presidente del Banco Alimentare e vicepresidente della Compagnia delle Opere, più volte mattatore al Meeting di Rimini nonché – si è scritto da più parti – confessore di Roberto Formigoni.
Inzoli era soprannominato «don Mercedes» perché amante del lusso e dei macchinoni, nella più pura osservanza dello stile evangelico. Se oggi tornasse tra gli uomini, lo stesso Gesù si sposterebbe in Porsche.
Particolare importante, a Crema don Inzoli aveva fondato l’associazione «Fraternità», per anni affidataria di molti minori soggetti a tutela.
In rete, riferimenti a sue (presunte) molestie nei confronti di minoririsalgono almeno al 2007 e nessuno li ha mai rimossi.
Da quella condanna è trascorso quasi un mese, e l’informazione su questa storia, che pure sarebbe di portata nazionale, l’hanno fatta quasi solo la stampa locale di Crema e Cremona (come se Inzoli fosse un qualunque prete di provincia e non uno dei più importanti capi di CL!) e i non molti giornalisti freelance che ne hanno scritto in rete (il primissimo è stato Mazzetta). Per quanto riguarda i giornali nazionali, è uscito prima un articolo – purtroppo poco attento ai veri nodi della questione, per questo lo abbiamo criticato – sul Fatto Quotidiano, poi uno sul Manifesto, a nostro avviso meritorio perché collegava la vicenda Inzoli ad altri sommovimenti nel mondo ciellino di cui i media non stanno rendendo conto.
Sì, perché siamo di fronte a un silenzio agghiacciante dei grandi mezzi di informazione, che pure sono stati più e più volte sollecitati a occuparsene. Per settimane svariati lettori hanno mandato link su Inzoli e segnalato la vicenda a decine di opinion-maker e direttori di testate. Risultato? Altri mattoni nel muro di silenzio. Zero righe su Repubblica; un solo trafiletto sulle pagine cremonesi del Corriere, niente su quelle nazionali; niente sulla Stampa; zero minuti alla Rai.
All’epoca della prima sentenza di condanna, i due big della stampa nazionale ne avevano scritto: ecco un articolo, ed eccone un altro. Stavolta nulla. Perché? Cos’è cambiato, nel frattempo?
«Beh, ci sono state le Larghe Intese…», ha malignato qualcuno in rete. Formigoni, Lupi e l’intero mondo CL sono al governo col PD di Renzi. Non vorrai mica disturbare il manovratore?
Qualcuno ha persino segnalato un’inchiesta dell’Espresso sul “braccio destro” e consigliere n.1 di Renzi, Marco Carrai. Vi si legge che la Compagnia delle Opere in Toscana «è presieduta da Paolo Carrai e da Leonardo Carrai, alla guida del Banco alimentare, altra opera ciellina: i cugini di Marco».
Diversi hanno anche ricordato che le Coop ex-”rosse” e la CdO fanno affari insieme da anni, e sovente esponenti dei due blocchi di potere economico finiscono coinvolti nelle stesse inchieste…
Mah, forse troppo “meccanicistica”, come spiegazione: il padronato ordina il silenzio, la stampa esegue.
Il problema è che altre spiegazioni non se ne sono trovate. Persino quando i media han dedicato servizi alla condanna papale dei preti pedofili, non si è fatto alcun riferimento (nessuno, zero!) a un caso enorme come quello di don Inzoli. Eppure è il più recente e il più altolocato.
Per chiunque altro – e ne siamo sicuri perché ci siamo occupati a lungo di questi temi – i media avrebbero tirato fuori pece e piume. C’è chi, con simili accuse (senza bisogno di sentenze) è stato crocifisso, massacrato, sbattuto su tutte le prime pagine come «mostro», per poi essere assolto, ma intanto aveva avuto la vita distrutta. Per Inzoli, invece, guanti bianchi e rumori ovattati. Questo è un caso di disuguaglianza di fronte alla gogna. Due pesi e due misure, corrispondenti a CL e non-CL?
Più degli abusi stessi, a inquietare è proprio la compattezza nel silenzio. C’è un cordone sanitario mediatico intorno a Inzoli e CL? «Se questo cordone non c’è», scrivevamo su Twitter due settimane fa, «che lo si dimostri facendo inchiesta o almeno dando, seppure in ritardo, la notizia.» E invece niente.
Su Inzoli e sulla sentenza dell’ex-Sant’Uffizio, silenzio addiritturatombale da parte degli enti e fondazioni che ha diretto per anni. Non abbiamo trovato nessun comunicato del Banco Alimentare, di cui «don Mercedes» è stato presidente dal 1997 al 2012, anno dell’istruttoria e della prima sentenza. Non un rigo, che fosse di chiarimento, di rammarico, di presa di distanze o di solidarietà umana… Zero. Ricordiamo che nel 2007, quando un’inchiesta per abusi su minori coinvolse don Pierino Gelmini, Inzoli e tutto il Banco Alimentare solidarizzarono con lui:
«Milano, 3 ago. 2007 – (Adnkronos) – Dopo la notizia dell’avvio di un’indagine, condotta dalla magistratura di Terni, che vede coinvolto don Pierino Gelmini fondatore della “Comunità Incontro”, il presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus, monsignor Mauro Inzoli, manifesta la sua solidarietà e vicinanza al religioso. “A nome di tutta la Rete Banco Alimentare -dichiara Inzoli- ci sentiamo addolorati ma certi della vittoria del bene. Con immutata stima, vogliamo condividere questa prova fino alla fine, sicuri che nulla va perduto.”»
Eppure, quando il suo stesso presidente è stato coinvolto in un’inchiesta per abusi su minori (ancorché condotta dalle autorità ecclesiastiche e non dallo Stato), il Banco Alimentare non si è dichiarato «addolorato», né «certo della vittoria del bene», né ha espresso «immutata stima». Davvero strano.
Stesso silenzio da parte della Compagnia delle Opere tutta, come se questo Inzoli nessuno lo avesse mai sentito nominare. E neppure una riga sulle riviste di area CL, come Tempi, diretta da Luigi Amicone(sed magis amicus…?) Una riflessione col cuore in mano, una dolorosa autocritica, un dibattito su com’è stata vissuta la vicenda nel mondo ciellino… Nulla di tutto questo. Una casa dai vetri oscurati, come quelli delle limousine.
Altro silenzio che solleva interrogativi è quello della magistratura: dopo che nel 2012 la stampa (cremasca e, allora, nazionale) diede la notizia della prima indagine interna e condanna da parte della Chiesa, non risulta che la Procura di Crema abbia indagato su quali abusi fossero stati compiuti, con quali complicità e su quali minori. Nelle ultime settimane, due esposti – uno del parlamentare di SELFranco Bordo e l’altro della rete L’Abuso – dovrebbero avere smosso qualcosa su quel fronte. Tardivamente, perché – come si dimostrava all’inizio – era dal 2007 che su Inzoli giravano certe storie. In città diverse voci hanno parlato di un clima omertoso intorno alla faccenda,lo stesso sindaco ha chiesto ulteriori indagini.
Ora, fermatevi un momento a pensare, mentre vi ripetiamo questo dato di fatto: di tutto ciò che abbiamo appena raccontato, i più importanti media nazionali non hanno scritto as-so-lu-ta-men-te nien-te.
Buona notte, e buona fortuna.
Wu Ming
(articolo preso dal blog Giap, del collettivo di scrittori Wu Ming e ripubblicato in base alle regole del Creative Commons)