“Al mondo di sicuro ci sono solo la morte e le tasse”
La frase attribuita erroneamente a Benjamin Franklin mentre in realtà fu pronunciata da Cristopher Bullock è molto riduttiva perché in realtà, a seconda del paese in cui si vive, ci sono altre cose di cui possiamo essere certi.
In Italia ad esempio è certo che ogni qualvolta arrivi al grande pubblico il tema del fine vita, ad esempio con la Presidente della Camera Laura Boldrini che si impegna a calendarizzare la proposta di legge che vuole istituire i registri dei testamenti biologici e depenalizzare l’eutanasia per i malati terminali, più o meno contemporaneamente arriva sui mass media il solito articolo pseudoscientifico che racconta di presunte esperienze pre-morte, di anime fotografate con tecniche misteriose, di presunta consapevolezza del cervello dopo la morte.
Questa volta tocca al sito de “la Repubblica” che non è nuovo a castronerie scientifiche memorabili.
In un articolo del 7 Ottobre 2014 pubblicato con enfasi (ma senza indicare il nome dell’autore, pessima abitudine sempre più in voga nei grandi giornali) in home page si titola che “c’è una forma di consapevolezza dopo la morte” senza neanche il buon gusto di mettere almeno un punto interrogativo.
Già nelle tre righe di catenaccio dell’articolo la cosa è in realtà ridimensionata, per due motivi: il primo che si capisce che si sta parlando delle “solite” esperienze pre-morte, il secondo è che come si può leggere solo il 40% dei pazienti indagati ha avuto queste esperienze, il che significa (dato che la matematica a differenza del giornalismo non è un opinione) che il 60% e quindi la maggioranza non ne ha avute.
Nelle 42 righe di banalità varie che seguono il “giornalista” si guarda bene da dare informazioni che possono essere scientificamente rilevanti, non una parola ad esempio sul come abbiano fatto gli scienziati a distinguere il fatto che i “ricordi” dei ri-animati appartengano a quei minuti in cui l’encefalogramma era piatto e non ai minuti immediatamente precedenti o successivi.
Non una parola sul fatto che tutto quello che si vede, o per meglio dire si sogna, in quei momenti dipenda dai condizionamenti avuti nella vita e quindi è assolutamente normale che un occidentale abbia ricordi occidentali e che un indiano abbia ricordi indiani e così via. Quanto poi alla “solita” luce alla fine del tunnel stenderemmo un velo pietoso visto che è stata così pluridescritta che ormai scientificamente non fa testo visto che è entrata di diritto nel nostro background culturale.
Unica cosa positiva nell’articolo, in un bagliore di decenza che è evidentemente sfuggito all’articolista e alla redazione del sito, l’indicazione del link all’università di Southampton che riporta poi all’articolo originale dove chiunque può leggere che non c’è niente di nuovo a quanto già sapevamo sulle presunte esperienze pre-morte dei ri-animati.
Resta un mistero sul perché questa sia una notizia da prima pagina del sito del quotidiano più importante d’Italia.
Scherziamo ovviamente.
Sul fatto che sia un mistero altrettanto ovviamente.
Alessandro Chiometti