Premessa inutile per la maggiorparte dei lettori.
Dire “Io sono Charlie”, non significa dire che automaticamente ci debbano piacere tutte le vignette di Charlie Hebdo ne’ che non possiamo dire che la vignetta sulle vittime del terremoto, ma anche quelle sul bambino siriano morto, ma anche quella sul dio cattolico con il kalshnikov dell’Isis facevano oggettivamente schifo.
Dire “Io sono Charlie” significa dire che a prescindere dalla qualità della vignetta satirica (ma il discorso può essere esteso a qualunque forma d’arte) l’autore ha il diritto di farla e, se ha un giornale a sua disposizione, di pubblicarla. Significa rifiutare la censura. Significa difendere la libertà di espressione sempre e comunque, anche quando ci fa arrabbiare e ci colpisce.
Detto questo Je suis Charlie e tu cosa sei?
Non sei Charlie e non lo sei mai stato ne’ lo sarai mai? La cosa allora è semplice, sei un fascista. Guelfo o ghibellino che sia sempre fascista rimani. In quanto fascista auspichi che qualcuno (magari proprio tu) decida cosa va pubblicato e cosa non va pubblicato. Per quello che non rientra nei tuoi canoni deve essergli semplicemente impedita la pubblicazione e chi si ostina a disegnare certa roba va rinchiuso. In attesa che tornino i bei tempi in cui uccidere chi la pensava diversamente da te, non era reato.
Sei stato Charlie ma la satira deve colpire i potenti. Finché la satira riguarda la trinità, la madonna, Allah e i vari potenti politici della terra va bene, ma se colpisce i poveracci e le vittime di un terremoto no. Posizione probabilmente comprensibile, ma questa regola dove sta scritta e chi l’ha stabilita? Al di là della nostra libertà di poter criticare le vignette ignobili quand’è che diciamo questo non si deve pubblicare? Perché si offendono i morti? Perché si offendono i migranti? Perché ci offendiamo noi al posto loro che non l’hanno neanche vista?
E il potente in declino, tipo il povero Silvio Berlusconi oggi, a quale punto diventa così poveraccio da guadagnarsi il diritto di non essere più toccato dalla satira?
Sei stato Charlie ma la satira deve avere buon gusto. Tipica fvase dei salotti vomani in cui il vadical chic non passevà mai di moda. Il comunista da comodino in cachemire sarebbe pienamente d’accordo con te. Ora quando hai un attimo di tempo illuminaci in quali manuali sono scritti i canoni del buon gusto e se era buon gusto disegnare Berlusconi con la pompetta che sollazzava le varie ministre.
Sei Charlie, però. Tipico della penisola italica: “Io no sono razzista, però…” , “Io ho anche amici omosessuali, però…”, “Io non sono fascista ma quando c’era lui i treni arrivavano in orario”.
O si è per la libertà di espressione totale o si ritiene che questa deve avere dei limiti.
Chi è per questa seconda ipotesi dovrebbe coerentemente anche indicare chi stabilisce i limiti e quali sono le conseguenze previste per il loro superamento.
Detto questo lo ribadiamo ancora una volta, la vignetta di Felix sul terremoto faceva veramente cagare quasi quanto quelle di Krancic sugli immigrati. Ma “Je suis Charlie” perché difendiamo il loro diritto a pubblicarle e contemporaneamente difendiamo il nostro diritto a dirgli che fanno schifo.
Alessandro Chiometti