“Non lasciare che facciano di me un dio, sono solo un gabbiano e mi piace volare”
Così faceva dire Richard Bach al suo gabbiano Jonathan Livingston prima di andarsene. Questo è un ammonimento che ogni vero laico deve tenere a mente nel ricordare le figure che hanno significato molto nella lotta per il riconoscimento dei diritti umani e civili.
Piergiorgio Welby non è un “santo laico” come dicono gli integralisti con una brutta espressione, e di certo non era un dio. Era semplicemente un uomo che voleva smettere di soffrire e dato che questo significava morire lo accettava senza aver paura.
Lo ha fatto dopo che quello che sarebbe dovuto essere un suo diritto gli era stato negato. Diciamo “diritto” a ragion veduta, perché come insegna J. S. Mill “su se stesso, sul suo corpo e sulla sua mente l’individuo è sovrano”.
Lo ha fatto con l’aiuto di persone coraggiose come sua moglie Mina Welby e il Dott. Mario Riccio che è stato anche indagato per “omicidio del consenziente” a causa di alcuni ottusi individui, e poi assolto grazie ad individui più illuminati.
Lo ha fatto e per questo coloro che si fanno gran vanto della loro pietà ma la dimenticano sempre quando si parla di chi la pensa diversamente da loro, gli hanno negato un funerale nelle loro chiese quando è stato concesso a tutti i peggiori dittatori del mondo come Pinochet o Franco. Perché secondo la loro morale distorta dalla malafede è meno grave uccidere migliaia di persone che chiedere il diritto all’autodeterminazione.
Lo ha fatto dieci anni fa. E ancora oggi stiamo aspettando che i nostri politici, pavidi e quasi inutili, smettano di ascoltare le gerarchie sacre e ascoltino la costituzione (in particolare l’art. 32) e il popolo italiano (oltre il settanta percento è favorevole ad una legge sul fine vita che consenta anche l’interruzione di quelle cure come ventilazione, idratazione e alimentazione forzate).
Oggi Piergiorgio Welby non c’è più. Lui ce l’ha fatta a morire senza soffrire. Altri hanno scelto vie più dolorose, come Giovanni Nuvoli o Mario Monicelli o i tanti che senza nome e quindi senza titoli sui giornali che pongono fine alle loro sofferenze. Altri hanno avuto i soldi per andare in Svizzera come Lucio Magri, altri hanno avuto un padre come Beppino Englaro che si è sobbarcato il peso di diciassette anni di battaglie legali per far riconoscere il loro diritto.
Ma la politica nazionale è ancora ferma e titubante.
Dei comuni hanno istituito i registri dei testamenti biologici, dei notai si sono messi a disposizione per validare il testamento a prezzi bassi.
Ma adesso è ora che la questione venga sanata una volta per tutte.
“So che sono nato e so che morirò.
Quello che c’è in mezzo mi appartiene.
Io sono mio.” (Pearl Jam – I am mine).
Alessandro Chiometti
Presidente Ass. Cult. Civiltà Laica