Roma, è l’alba di giovedì 17 febbraio 1600. Un corteo lascia il carcere di Tor di Nona: condotto in processione tra una folla vociante fino a Campo de’ Fiori, il sanbenito – un saio penitenziale – indosso, Giordano Bruno, 52 anni, filosofo, scrittore e frate domenicano, è accompagnato dalle litanie dei frati. Gli è stata imposta la lingua in giova: una morsa che gli serra la bocca e gli impedisce di parlare (come proclama un avviso fatto affiggere dalle autorità ecclesiastiche: “Per le bruttissime parole che diceva”). Sale sulla pira del rogo con grande coraggio e dignità, affermano i testimoni. Denudato, legato ad un palo, rifiuta i conforti religiosi. Viene arso vivo. Muore distogliendo ostentatamente lo sguardo da un crocefisso che gli viene mostrato tra le fiamme.
Giordano Bruno. Lo studioso che aveva mandato in frantumi la sfera immobile delle stelle fisse che lo stesso Copernico non aveva osato toccare. E con essa il sistema tolemaico, così perfetto per gli antichi, fino agli uomini del Medioevo: un Universo limitato, chiuso, comodamente riconducibile a Dio.
Per il filosofo di Nola le stelle, non più immobili, sono dei soli in numero infinito, distribuiti in un Universo infinito: sembra il trionfo dell’incompiuto, dell’imperfetto, del caos.
Tutto è movimento nell’universo di Bruno poiché tutto è animato, cioè – letteralmente – dotato di un’anima, o per meglio dire di un pezzo d’anima dell’universo che basta a se stesso e racchiude Dio stesso. Troppo per l’Inquisizione.
Che da anni ne segue il percorso: in Francia, dove le sue tesi polemicamente antiaristoteliche lo mettono in conflitto con l’establishment accademico; in Germania, scomunicato dai luterani e critico verso l’intolleranza calvinista. Un pensatore scomodo, incredibilmente moderno: per noi internauti, si potrebbe azzardare, profeta di un universo reticolare, in cui ogni punto è al tempo stesso centro e periferia, nozioni puramente relative all’interno di una struttura aperta.
“Esistono innumerevoli soli; innumerevoli terre ruotano attorno a questi similmente a come i sette pianeti ruotano attorno al nostro sole. Questi mondi sono abitati da esseri viventi”.
Un filo rosso che lo collega ad Epicuro, al suo contemporaneo Metrodoro (“Considerare che la Terra sia il solo mondo abitato in uno spazio infinito è cosa tanto assurda quanto il ritenere che in un intero campo seminato a miglio germini un solo granello”) e a Tito Lucrezio Caro, anch’egli convinto della pluralità dei mondi. Prospettive cosmologiche ancora oggi affascinanti e scientificamente fondate. Teorie pericolose, meritevoli di “mordacchia” per il Sant’Uffizio e il Cardinale Bellarmino.
Nel 2000 il cardinale Angelo Sodano, anche a nome di Papa Giovanni Paolo II, scrive che la condanna di Giordano Bruno: “costituisce oggi per la Chiesa un motivo di profondo rammarico“. Sono trascorsi “appena” quattrocento anni dal rogo di quel 17 Febbraio del 1600.
Claudio Tanari – Cronache laiche