L'Unità, 5 ottobre 2007
Marco Cappato
Come ci si dovrebbe comportare, secondo il candidato alla guida del
Partito democratico Walter Veltroni, in casi come quelli di Piergiorgio
Welby e Giovanni Nuvoli? Questa la domanda semplice e chiara rivolta
qualche giorno fa, dalle pagine di La Repubblica, dal Professor Ignazio
Marino, chirurgo cattolico voluto dai Ds come candidato capolista alle
ultime elezioni e portabandiera della proposta di regolamentare il
«testamento biologico».
In altre parole: quando una persona arriva a considerare le terapie offerte nella fase terminale della malattia come una vera e propria tortura, dobbiamo rispettare la sua volontà di interrompere senza soffrire le cure che lo mantengono in vita?
A questa domanda, il Presidente della Commissione Sanità del Senato ne aggiunge una sulle convivenze di fatto. Molte altre ne vengono in mente: sull'alternativa tra buttare nella spazzatura gli embrioni sovranumerari o usarli per la ricerca; tra permettere o vietare l'analisi genetica pre-impianto a coppie portatrici di malattie genetiche; tra offrire a un tossicodipendente un'assistenza medico-sociale in un contesto di legalizzazione, oppure lasciare che se ne occupi la criminalità dello spaccio di strada, delle overdosi e dell'Aids.
Limitiamoci alla prima questione posta dal Presidente Marino, perché il suo riferimento a due casi che sono entrati nel vissuto della gente, nella coscienza collettiva del Paese, non lascia spazio a disquisizioni retoriche sulla «sana laicità» contrapposta al «laicismo», sulla centralità della ragione «illuminata dalla fede» o sul fantasma dell'eugenetica, agitato per spaventare e non far comprendere. La domanda di Marino non può essere elusa nel dibattito su cosa sarà il Partito democratico, perché da un anno e mezzo il partito trasversale di ispirazione clericale – o della «sana laicità» -ha bloccato ogni riforma legislativa sui temi cosiddetti etici, a partire da quel testamento biologico, sul quale Marino ha tessuto una paziente opera di moderazione e mediazione, con il coinvolgimento pieno di massime personalità anche del mondo religioso.
Negli stessi giorni della domanda di Marino a Veltroni, è arrivato un tentativo di risposta agli elettori potenziali del Partito democratico da parte di filosofi di diverso orientamento, come Claudia Mancina, Roberta de Monticelli, Sebastiano Maffettone e Salvatore Veca. Nel merito si riconosce il «diritto di avere o rifiutare cure», e la necessità di «una appropriata legislazione sulle direttive anticipate», ma nella premessa si fingono di ignorare gli ostacoli e gli attori che finora hanno impedito tali riforme. Il loro testo parla, infatti, della necessità di «uscire dalla logica della contrapposizione tra laici e cattolici», e della necessità di un «nuovo metodo di discussione, contrapposto a quello delle laceranti vittorie numeriche sulle posizioni differenti», auspicando invece «soluzioni condivise».
Per valutare quanto tale auspicio sia fuorviante, dobbiamo tornare alle domande del Presidente Marino. Nel caso di Welby e di Nuvoli, e prima ancora in quello di Luca Coscioni la contrapposizione è stata tra una persona che voleva assumersi la responsabilità di decidere sul proprio corpo, sulla propria sofferenza, e altre persone e organizzazioni che pretendevano e pretendono di decidere per lui. Quando lo scontro è così netto, chi invoca «scelte condivise» ha l'onere si spiegare chi debbano essere le parti di tale accordo.
Perché se parliamo dei vertici della Chiesa, non si può far finta di non vedere come il rifiuto di qualsiasi compromesso sia il tratto distintivo dell'attuale strategia politica vaticana. E nemmeno si può, rivolgendosi al Partito democratico, ignorare la condivisione massiccia tra gli elettori per la lotta di Piergiorgio Welby, al quale il Vaticano ha poi negato i funerali religiosi come misura di esemplare condanna delle sue parole e opere di militante radicale che pronunciò la parola tabù: eutanasia. Non si può, infine, ignorare che il sondaggio secondo cui un anestesista rianimatore su due praticherebbe l'eutanasia se la legge lo consentisse, nove su dieci sono per il testamento biologico e sette su dieci respingono le raccomandazioni del Vaticano di non interrompere mai l'alimentazione, l'idratazione e la ventilazione artificiale.
La risposta di Veltroni non è ancora arrivata, né a Marino né agli elettori. Se dovesse tardare ancora, sarebbe un danno serio. Non per quelli del «tanto peggio tanto meglio», che da destra e da sinistra hanno come unica attività la pubblica denuncia dell'impotenza altrui, per meglio nascondere la propria. Sarebbe un danno per la politica tutta, intesa come luogo della ricerca di soluzioni a problemi molto concreti, che non possono e non devono più essere elusi.