Dal Secolo XIX del 31 ottobre 2007
* Paolo Flores d'Arcais
Grazie al Festival della scienza, domani mattina alle 11, a Palazzo Ducale
(sala del Minor Consiglio) a Genova si discuterà di un tema clamoroso e al
tempo stesso scomodo (almeno per la Chiesa): l'eutanasia di Papa Wojtyla. Ho
scritto "clamoroso" non per scontata enfasi retorica, ma in senso
letterale. In tutto il mondo, infatti, la notizia ha suscitato clamore, e
mass media del peso di Time, New York Times, Le Monde, Le Figaro, El Pais,
per non parlare della televisione pubblica tedesca, hanno dato grande
rilievo alla conferenza stampa con cui la professoressa Lina Pavanelli ha
illustrato il suo saggio (uscito sulla rivista che dirigo, MicroMega) e ha
risposto alle non-smentite del Vaticano, prontamente diffuse.
Per quanto riguarda i grandi quotidiani nazionali, invece, solo Marco
Polito, su Repubblica, ha riportato la conferenza stampa. Il Corriere della
Sera aveva dato "voce" alle interpretazioni vaticane (con enorme evidenza,
in prima pagina) ma della replica di Lina Pavanelli non ha fatto parola.
Delle reti televisive, pubbliche o commerciali, è inutile dire:
l'assordante silenzio vagheggiato dalla Santa Sede ha trionfato in modo
plumbeo tanto su Rai che su Mediaset. Che le gerarchie della Chiesa
preferiscano il silenzio sulla scottante vicenda "eutanasia di Karol
Wojtyla" è comprensibile: diventerà davvero difficile proclamare Giovanni
Paolo II "santo subito", se si comincia a discutere seriamente, documenti
ufficiali alla mano, sulle sue scelte di fronte alla fase finale della
malattia. Perché questo ha fatto Lina Pavanelli su MicroMega: ha utilizzato
solo documenti ufficiali, cioè le dichiarazioni del Vaticano e il diario del
medico personale del Papa, professor Buzzonetti.
Lina Pavanelli è un medico anestesista che ha diretto per anni la Scuola di
specializzazione in Anestesia e Rianimazione dell'università di Ferrara.
Nel saggio pubblicato su MicroMega ha ricostruito l'andamento degli ultimi
mesi della malattia del Papa seguendo la testimonianza più diretta, quella
appunto del professor Buzzonetti, e mettendo a confronto le scelte cliniche
che ne risultano con i principi di bioetica riaffermati anche di recente
dalla Congregazione per la dottrina della fede (l'ex Sant'Uffizio, di cui
era a capo il cardinal Ratzinger prima di diventare Papa). Principi che
considerano eutanasia in senso proprio la mancata alimentazione artificiale,
non solo nei confronti di un malato grave o moribondo, ma addirittura di un
paziente in stato di coma vegetativo (cioè di una persona cerebralmente
morta e di cui vengono tenute "in vita" solo alcune funzioni fisiologiche,
attraverso macchine più o meno complesse: il riferimento era al caso
dell'americana Terry Schiavo).
Attraverso questo minuzioso confronto, Lina Pavanelli ha messo in evidenza
come:
a) la malattia di cui soffriva il Papa (morbo di Parkinson) ha un decorso
noto e prevedibile, che pone ad un certo punto problemi di alimentazione e/o
di respirazione, insolubili senza ausilio artificiale;
b) il Papa non è morto per crisi respiratoria ma per deficit alimentare;
e) le linee-guida mediche europee indicano chiaramente che per impedire una
denutrizione che porta alla morte va inserito, con operazione ambulatoriale
poco invasiva ed efficacissima, un sondino permanente in zona addominale;
d) tale intervento va compiuto "a tempo debito", cioè non appena il paziente
non riesce più ad alimentarsi normalmente. Un eventuale sondino
naso-gastrico in fase più avanzata non ha efficacia adeguata;
e) ogni medico ha il dovere, per legge e secondo il codice di deontologia
professionale, di informare il paziente sul decorso della malattia, le
terapie possibili, le conseguenze del rifiuto delle stesse. Non mettere al
corrente il paziente è penalmente rilevante (si rischia la galera, insomma);
f) è del tutto impensabile che l'equipe medica diretta dal professor
Buzzonetti (una decina di eccellenti anestesisti-rianimatori italiani)
abbia tenuto il Papa all'oscuro, violando clamorosamente la legge,
oltretutto nei confronti di un paziente di tale rango;
g) la decisione di rifiutare il sondino permanente addominale è dunque stata
presa da Karol Wojtyla in persona;
h) tale rifiuto ha accorciato al vita del Papa. Di quanto non possiamo
sapere, se giorni, settimane o mesi. Ma è certamente la "causa" prossima
della morte;
i) il sondino naso-gastrico, inserito alla vigilia della morte, arrivava a
"tracollo" ormai irreversibile, e non rappresentava dunque quella
alimentazione artificiale adeguata che la bioetica cattolica esige anche nei
confronti di un corpo in stato di coma vegetativo (figuriamoci di un Papa
ancora in vita).
Tutto questo vuol dire che, stando alla definizione di eutanasia delle
gerarchie cattoliche, secondo la quale è stata eutanasia la spina staccata a
Terry Schiavo e quella staccata a Piergiorgio Welby (non certo la
definizione di noi laici, che consideriamo quelle scelte solo la fine di un
orrendo accanimento terapeutico), la morte di Papa Giovanni Paolo II,
affrettata dalla mancata nutrizione artificiale adeguata, costituisce – a
maggior ragione – un caso di vera e propria eutanasia.
Fin qui le gerarchie ecclesiastiche, invitate da MicroMega in numerose
occasioni, si sono sottratte al confronto. Il Festival della scienza e
MicroMega avevano ovviamente invitato al dibattito di giovedì – in primo
luogo – il cardinale arcivescovo della città, Sua Eminenza Angelo Bagnasco,
ma il giorno festivo ha evidentemente giustificato la sua risposta negativa.
A discutere con Lina Pavanelli e con me ci saranno comunque due personalità
cattoliche molto conosciute: il professor D'Agostino, ex-presidente del
Comitato nazionale di bioetica, noto per il più ortodosso allineamento con
la Chiesa gerarchica, e Ignazio Marino, chirurgo dei trapianti fra i più
stimati al mondo, oggi anche deputato, presidente della Commissione Sanità
della Camera, presentatore di un progetto di legge contro l'accanimento
terapeutico, che il mondo "teodem" è fin qui riuscito a bloccare.
Speriamo che sia solo il primo di numerosi confronti, che sottraggano il
tema "eutanasia di Papa Wojtyla" al silenzio e alla rimozione, un "limbo"
poco dignitoso per una società che si vuole evoluta e democratica.