Massimo Gramellini sul suo blog
E così anche il cardinal Ruini è tanto contento che Littizzetto lo prenda in giro alla tv. Dice che lui non l'ha mai vista (come potrebbe?, a quell'ora c'è il posticipo di campionato) ma la sua segretaria sì. Ed è la collaboratrice che in ufficio gli fa l'imitazione dell'imitazione, chiamandolo Eminence con le finali pizzicate e lo sguardo da birba. Chissà se appoggia i piedi sul tavolo pure lei, se gli contesta la moratoria sull'aborto. Ma l'importante è arrestarsi alla superficie della battuta, far vedere che il potente sa ridere di se stesso e cavalcare l'onda di popolarità garantita dallo sberleffo. Perciò il cardinal Veltroni telefona in trasmissione a un Crozza più imbarazzato di lui per commentare la propria caricatura, quel «ma anche» ecumenico che nella realtà adesso tutti gli copiano (Berlusconi metterà in lista Fini ma anche Storace ma anche Forza Nuova). E perciò tanti altri chierici del potere vanno in brodo di giuggiole per un'imitazione di Fiorello o un tapiro di Striscia.
In questa fiera dell'ipocrisia gli ultimi laici sono i pochi che si
arrabbiano ancora. Perché la laicità non è un'ideologia, ma un
atteggiamento. E' distacco, rispetto dei ruoli, allergia allo struscio.
E' il sogno di un mondo dove i politici tengono le distanze dai
giornalisti, dai comici, dai giudici, e in genere da chiunque è
chiamato con strumenti diversi a giudicare il loro operato. La laicità
è un gioco adulto che in Italia non si è giocato mai, se non con Cavour
e poi con De Gasperi, cattolico ma laicissimo: guarda caso due italiani
di confine, che è come non esserlo affatto.