La “rinuncia” del papa. Ma, scusate, di che stiamo parlando?

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* Francesco Pullia su Notizie Radicali

Vorrei che qualcuno mi spiegasse, una buona volta, in quale paese
viviamo: se, ad esempio, in uno stato libero o in una colonia
pontificia in cui si fa a gara a mostrarsi contriti (oltre che
interiormente triti) per assicurarsi i favori di un monarca assoluto
o, magari, i buoni auspici oltremondani di san Josemaría Escrivá de
Balaguer.


La vicenda della visita del pontefice all'università La Sapienza ha
davvero del grottesco, tanto che, se non fosse ahinoi realmente
accaduta, parrebbe uscita dalla penna di Alfred Jarry.
Riepiloghiamola.

C'è un rettore, il prof. Renato Guarini, che invita il papa ad
inaugurare il 750esimo anno accademico dell'Università La Sapienza di
Roma, cioè di uno dei maggiori atenei italiani.

L'intento, apparente, è di fare pronunciare una lectio magistralis
sulla pena di morte al capo di uno stato straniero, qual è, appunto,
quello vaticano, che fino a pochi anni fa ha mantenuto nel proprio
ordinamento la non certo caritatevole esecuzione capitale (non più
prevista, per volontà di Paolo VI, nel 1969 e rimossa solo il 12
febbraio 2001 da Giovanni Paolo II) e che nel corso della recente
discussione sulla moratoria all'Onu ha perorato gli emendamenti di
paesi illiberali miranti ad ostacolare l'approvazione dell'apposita
risoluzione.

Il fine, evidentissimo a meno che non si sia in malafede, non è tanto
quello di alimentare, come sarebbe stato giusto, il confronto
culturale ma di ricorrere ad uno stratagemma per consentire un
ennesimo affondo propagandistico in piena campagna mistificatoria
(fomentata proprio dalla Chiesa) contro la legge (dello stato
italiano) 194 che ha posto fine all'orrenda piaga dell'aborto
clandestino.

Non solo. Si sapeva in partenza che un simile invito si sarebbe
dimostrato poco pertinente e provocatorio, innanzitutto perché rivolto
non ad una personalità qualsiasi ma ad un uomo che, fino ad un attimo
prima dell'elezione al soglio pontificio, è stato prefetto della
Congregazione per la dottrina della fede (alias l'ex sant'uffizio
inquisitorio tristemente famoso perché responsabile della
trasformazione di liberi pensatori, e anche di tanti poveri
disgraziati, in kebab ben rosolati tra le alte fiamme di accatastate
fascine…) spingendosi addirittura a giustificare il processo subito da
Galileo Galilei.

Non si capisce, tra l'altro, per quale motivo il papa debba essere
chiamato ad inaugurare l'anno accademico di un ateneo statale e il
presidente della Repubblica non venga, invece, mai ugualmente invitato
ad inaugurare, ad esempio, i corsi della Gregoriana o di un'altra
istituzione universitaria cattolica.

Insomma, si è fatto di tutto per accendere pretestuosamente la miccia.
E così è stato. Il prof. Cini si è correttamente opposto alla visita
motivando dettagliatamente e coraggiosamente la propria contrarietà e
una settantina di illustri docenti hanno fatto altrettanto con un
manifesto appello.

A questi dissensi si sono affiancate le legittime proteste degli
studenti e quelle, bisogna pur dirlo, dubbie di gruppi politici il cui
comportamento in aula parlamentare non si è mai, purtroppo, dimostrato
consequenziale, rivelandosi, al contrario, fin troppo ossequioso e
generoso nei confronti degli interessi clericali.

Fatto sta che il papa ha spontaneamente deciso (ripetiamo
spontaneamente, sua sponte, quindi senza alcuna costrizione o
minaccia) di revocare la visita.

E così il copione è stato finemente suggellato.

Si voleva far vedere la presunta intolleranza dei laici e attribuire
al papa i connotati, poco consoni, del martire in modo da offrire
meglio pretesti per ulteriori offensive e indebite ingerenze. Tutto è
sembrato sin dall'inizio come una provocatoria macchinazione, uno ben
orchestrato perseguimento di martirio. E così, puntualmente, si è
verificato.

Lo spettacolo desolante di intellettualoni e politiconi genuflessi,
indignati, giovannadarchizzati è sotto gli occhi di tutti così come
non è passato inosservato che il ministro della sanità (non un
ministro qualsiasi ma, caspita, quello della sanità) Livia Turco
(sempre più emula della manzoniana Lucia Mondella ) abbia fatto di
tutto per comunicare ai quattro venti la sua adesione alla veglia
indetta dal Foglio a favore della "moratoria" dell'aborto, cioè per
rigettare le donne tra le braccia delle mammane e nell'oscurità
profonda dell'abbandono e della morte.

Ma, scusate, di che stiamo parlando?

16 Gennaio 2008   |   articoli   |   Tags: