Così disse nel 2002 nel corso di un’intervista l’allora cardinal Ratzinger. Sante parole, che gli andrebbero ricordate oggi.
Lo Stato totalitario cinese si sta preparando ad attuare un massacro inaudito a Lhasa. Un frangente delicato, non solo per i tibetani, ma anche e soprattutto per gli stessi cinesi: la repressione contro il Tibet non può infatti essere letta disgiuntamente dalla grave situazione per i diritti civili in Cina. Un’evoluzione positiva, in senso nonviolento e del rispetto dei diritti della minoranza tibetana, potrebbe essere il primo passo per un cambiamento nello stesso Celeste Impero.
Quale pastore di anime potrebbe lasciarsi sfuggire tale occasione per contribuire con la propria parola – sappiamo, ahinoi, quanto pesante! – a dare una svolta positiva alla vicenda? Sappiamo quanto conti in queste occasioni l’attenzione internazionale, quanto contribuisca ad evitare il peggio e consenta alle forze migliori di prevalere.
E cosa fa, invece, il pastore dei cattolici, papa Benedetto XVI?
Sapete quale posizione ha preso il Vaticano sulle recenti vicende tibetane? NESSUNA.
Se si va sul sito dell’Osservatore romano e si inserisce la parola Tibet, sapete quale sia l’esito: NULLA.
Se andate sul forum dedicato a papa Ratzinger, sapete quanti interventi sono dedicati al massacro di Lhasa? ZERO.
Le uniche parole che ha papa Ratzinger per la Cina sono contenute nella Lettera alla Chiesa Cinese, in cui il Santo Padre si preoccupa della sorte della minuscola Chiesa cattolica cinese e del dialogo con le Autorità civili per assicurarle spazi di “libertà religiosa”, per portare avanti la propria missione evangelizzatrice.
Pur di trovare un accordo con le Autorità cinesi il Papa già ha commesso ad ottobre l’enorme mostruosità di non ricevere il Dalai Lama, se non “in udienza privata per parlare di questioni strettamente religiose”, come hanno tenuto a farci sapere. Ora ripete il crimine, perché tale è ormai: tacere mentre un assassino si appresta a compiere il proprio misfatto equivale ad esserne complice.
E tacere per cosa? Per salvaguardare la “libertà religiosa” della Chiesa cinese? Il Vaticano confonde, come sempre, la libertà religiosa con la propria libertà, confonde il privilegio con la vera libertà, che è di tutti o non é. E fra questi tutti ci sono anche i Tibetani.
Non si dica che una presa di posizione papale sul Tibet comporterebbe il sacrificio della Chiesa cinese. Non credo che verrebbero massacrati i cattolici, al più il Vaticano perderebbe il terreno guadagnato nella riaconquista del pieno controllo sui cattolici cinesi, tutto giocato sul piano dei rapporti con le Autorità,.
Da un lato la sicura tranquillità per una piccola Chiesa cinese sotto il controllo Vaticano, dall’altra, fare della Chiesa un elemento di contraddizione in seno al regime cinese, paladina nelle coscienze del rispetto dei diritti civili di tutti.
Benedetto XVI parrebbe aver fatto la scelta più comoda, andar d’accordo con tutto, anche con i cinesi…
Spero mi smentisca, altrimenti devo ritenere che il cardinale Ratzinger avrebbe ritenuto superfluo il cristianesimo di papa Benedetto XVI.
Massimiliano Bardani