La Commissione di inchiesta sull’arcidiocesi di Dublino, guidata dal magistrato Yvonne Murphy, accusa il Vaticano di aver ignorato i numerosi casi di pedofilia segnalati dalla stessa arcidiocesi nel 2006. Gli abusi, che sarebbero stati perpetrati dal 1975 al 2004 da 46 sacerdoti, furono anche coperti da quattro arcivescovi irlandesi, che tacquero per non infangare la reputazione della Chiesa.
Il Vaticano non avrebbe risposto, secondo la Bbc, ai ripetuti inviti a rendere pubblici i documenti comprovanti gli abusi. Come riporta L’Irish Times di ieri, un portavoce della Santa Sede ha dichiarato che “si tratta di una questione che riguarda la chiesa locale“.
La Chiesa continua vergognosamente a coprire chi si macchia del peggior reato si possa commettere: l’abuso dell’infanzia. Insabbia, rimanda, si appella a cavilli di procedure burocratiche (”La richiesta non era andata attraverso gli appropriati canali diplomatici“, ha dichiarato la Santa Sede al ministro degli Esteri irlandese che chiedeva i dettagli sui numerosi casi segnalati) oppure, vergognosamente, tace.
Intanto, però, continua a scagliarsi con ossessiva pervicacia contro la pillola abortiva, contro l’uso del preservativo, contro l’autodeterminazione della persona in materia di fine vita, contro le unioni omosessuali.
Arriva a scomunicare i medici che hanno fatto abortire una bambina brasiliana di nove anni ripetutamente stuprata dal suo patrigno ma sulla pedofilia del clero stende un silenzio glaciale, secondo il principio che l’aborto è un peccato molto più grave dello stupro. E se un prete violenta un bambino la ricetta è semplice: basta spostarlo in altra parrocchia così potrà abusare, indisturbato, di altri minori.
In tutto ciò i cattolici, invece di invadere piazza San Pietro urlando di sdegno, stanno a guardare. In fondo, la figura del Papa è sacra. Ad accusarlo di indegna connivenza con i suoi seguaci pedofili si rischia di trovare chiusa, un domani, la porta del paradiso. Meglio non osare.
Cecilia M. Calamani – Cronache Laiche