Hai visto quanto ha dato a Ruby? E le case all’Olgettina? Pensa, divideva una donna con un narcotrafficante! Che signora la Minetti! Ha detto che ha il «culo flaccido»! Aveva proprio ragione Veronica: è malato. Ma come fa alla sua età? Secondo me guarda e basta.
Potremmo continuare all’infinito, la summa del caso Berlusconi si è spostata sul gossip. I media producono aneddoti alla stessa velocità con cui le bolle di sapone escono dal magico cerchietto intriso di acqua saponata e gli italiani concentrano la loro attenzione su squallidi dettagli di ben poca importanza a tutto beneficio del premier, che urla il suo ‘diritto’ a una vita privata fuori dai riflettori.
In questo modo la realtà si rimpasta, assume altre forme e altri colori, si gonfia di una connotazione morale. Il livello più basso è stato espresso da Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, che cavalcando l’onda della subcultura maschia della destra italiana ha detto pressappoco «meglio bunga-bunga che frocio», trasportando il dibattito su un terreno lontano da quello dei fatti che rendono Berlusconi impresentabile come premier. Che poi lo sia come uomo, è un altro discorso.
E mentre noi ci occupiamo dei nauseabondi particolari delle avventure erotiche del premier e discettiamo della natura pubblica o privata dei bunga-bunga presidenziali, all’estero sintetizzano con cruda lucidità la nostra situazione: «Contate molto meno di quel che dovreste nell’economia internazionale, i problemi del vostro governo vi precludono di svolgere il ruolo che vi spetta», afferma Michael Elliot, direttore del magazine Time, al World Economic Forum di sabato 29 gennaio. Rincara la dose l’economista Nouriel Roubini, la star del Forum: «Siete di fronte ad accuse di una vera e propria prostituzione di Stato, orge con minorenni, ostruzione della giustizia. Avete un serio problema di leadership che blocca le riforme necessarie».
Allora è il caso di tornare ai fatti, cercando di liberarli da quei dettagli grotteschi e imbarazzanti che stanno trasformando il dibattito sulla situazione istituzionale del paese in uno scontro tra tifoserie da stadio o, al meglio, in cicalecci da parrucchiere. E i fatti, per essere analizzati, non hanno bisogno delle migliaia di pagine di giornale che in questi giorni ci hanno informato dei più intimi risvolti delle notti orgiastiche del premier.
Il piano legale. Due, e solo due sono gli aspetti rilevanti della vicenda: la presunta concussione esercitata sulla Questura di Milano per il rilascio di una ragazza minorenne e l’”utilizzo finale” di quest’ultima come prostituta in barba alla legge sulla prostituzione minorile. A questi fatti si è aggiunta in queste ore, ma non è stata ancora notificata, la presunta concussione esercitata anche sulla Prefettura di Milano per il rilascio dei passaporti italiani a un’altra ragazza delle notti di Arcore e al suo compagno, un narcotrafficante, entrambi sudamericani. Il resto può disgustarci dal punto di vista morale, può rinverdire le nostre conversazioni con gli amici, ma non è, legalmente parlando, rilevante. Retribuire una donna per prestazioni sessuali non è reato, così come non lo è fare regali milionari alle amiche, pagare loro contratti di affitto, toccare il sedere a ragazze consenzienti o organizzare festini a luci rosse.
Il piano etico. Non è scritto da nessuna parte, ma chi ricopre cariche istituzionali è tenuto a un comportamento – almeno apparentemente – dignitoso. Berlusconi rappresenta l’Italia e gli italiani e nel momento in cui la sua vita privata brulicante di festini porno e prostitute profumatamente retribuite viene alla luce in modo inequivocabile dalle intercettazioni telefoniche, è suo dovere dimettersi per non infangare ulteriormente la dignità del paese che governa, malamente sbattuto sulle vignette umoristiche dalla stampa di tutto il mondo. E ai sostenitori della natura strettamente privata di questi comportamenti (che, per inciso, sono gli stessi che la negano quando si parla di autodeterminazione della persona) va ricordato che i vizi del premier lo rendono soggetto a pressioni che ne potrebbero condizionare l’operato perché mischiano i suoi interessi personali con quelli di tutta la nazione. Non importa cosa stabiliranno i tribunali, in questi casi ci si dimette per non far pagare a un paese intero il prezzo delle proprie vicende giudiziarie. Nei paesi civili, l’Europa insegna, ci si dimette per molto meno. Ci si dimette per decenza.
Ora, allo stato attuale delle cose, la macchina legale è ferma, impantanata nel rifiuto del premier di presentarsi davanti ai giudici per smentire, o confermare, le accuse che lo riguardano. E mentre lui prende tempo giocando al rinvio, già i suoi vagliano una legge contro le intercettazioni «ingiuste» che tuteli chi è vittima del «tritacarne» giudiziario. Sul piano etico, invece, Berlusconi sta operando un sapiente ed ennesimo ribaltamento: «Non è un paese libero quello in cui il cittadino può trovare sui giornali delle proprie conversazioni che fanno parte del proprio privato e non hanno nessun contenuto penalmente rilevante». Che equivale a rispondere «La mia penna è verde» alla domanda: «Di che colore è la tua macchina?» Il doppio gioco sulla parola “cittadino”, poi, è un ulteriore infido inganno. Da una parte il premier parla di se stesso come se fosse un cittadino comune; dall’altra ha messo in piedi nei suoi anni di governo un apparato legislativo volto a difendere lui e lui solo dai suoi problemi giudiziari, e quindi è un cittadino più cittadino degli altri.
Siamo all’impasse, dunque? Parrebbe di sì, a meno che una sollevazione popolare, del calibro di quelle di questi giorni prima in Tunisia e poi in Egitto, non costringa gli alleati del rais nostrano, ancora fedeli nonostante tutto, a spostare la maggioranza parlamentare verso una necessaria e inevitabile sfiducia, prima che il paese collassi e con esso anche le loro poltrone.