A due anni dalla morte di Eluana Englaro, il ddl Calabrò, alias “Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento”, redatto in fretta e furia e altrettanto rapidamente approvato in Senato nel marzo 2009, vaga ancora nel limbo in attesa dell’approvazione dell’aula di Montecitorio. La discussione alla Camera, prevista per oggi, è slittata a marzo a seguito della maggiore urgenza dell’approvazione del decreto Milleproroghe.
Chi, come noi, crede che il ddl Calabrò sia uno scippo alla libertà di autodeterminazione della persona sancita a chiare lettere dall’articolo 32 della Costituzione («Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizioni di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»), potrebbe accogliere con un plauso l’ennesima proroga alla discussione parlamentare. Meglio, infatti, il vuoto legislativo a una legge liberticida secondo cui «l’alimentazione e l’idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento».
Ma la speranza di un susseguirsi di rinvii che possano scavalcare i termini dell’attuale legislatura per portare in mani più democratiche, se ce ne saranno, una questione così delicata come il testamento biologico è sempre più labile. Se in questi due anni il governo ha dovuto risolvere problemi più “importanti” del biotestamento – ossia occuparsi delle questioni legali del presidente del Consiglio – ora, improvvisamente, l’approvazione del ddl Calabrò diventa impellente.
Alla vigilia della cerimonia per i Patti Lateranensi di venerdì scorso, infatti, si è tenuto un incontro riservato Berlusconi-Bertone, ma alle orecchie della maggior parte dei cittadini è arrivato, complici i media Raiset, solo l’imbarazzo del cardinale Angelo Bagnasco di essere seduto vicino al premier durante la cerimonia. Il faccia a faccia privato invece è stato ricco di richieste. E di promesse, a partire proprio dalle garanzie sul fine vita. La Chiesa sa bene che un secondo caso Englaro è dietro l’angolo, e in assenza di una normativa a riguardo rimane valida la sentenza della Cassazione che ha consentito al padre di Eluana di mettere fine alle sofferenze della figlia interrompendo alimentazione e idratazione forzate. Da qui il pressing sul premier peccatore, che ha promesso di recepire le direttive di Bertone su questo e altri temi (finanziamenti alle scuole cattoliche, adozioni per i single, crocifissi nelle aule…).
La negazione della libertà di decidere sul nostro fine vita è diventata, perciò, il primo comma di un patto che Berlusconi deve onorare e anche alla svelta, se vuole incassare una nuova “contestualizzazione” delle sue presunte orge con minorenni (e non) dall’alleato d’Oltretevere.