Pedro Almodòvar è uno dei nostri registi preferiti lo ammettiamo.
Per questo quando qualcuno ci ha detto che “Julieta” poteva aspirare ad essere il suo film più bello siamo rimasti scettici.
Dopo la visione ci aspetta invece una lunga riflessione e di certo dovremo vedere i nostri Dvd di “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” e di “Tutto su mia madre” per decidere quale sia il nostro preferito.
Ad ogni modo, questa sua ultima produzione merita tutti gli applausi ricevuti al festival di Cannes e di certo tocca corde così intime come solo pochissimi registi sanno fare.
Di certo in ballo c’è il rapporto madre-figlia (costante che ritorna puntuale nei film del regista spagnolo) ma questo è fin troppo scontato da dire.
Questa volta la tematica omosessuale invece è solo sfumata rispetto agli altri lungometraggi del regista, il punto centrale del film è l’attribuzione della colpa. Sia quando si parla di darla agli altri sia quando si tratta del senso di colpa personale.
Il film probabilmente vuol farci capire quanto sia assurdo il “senso di colpa” per eventi fuori dal nostro controllo (nel caso della protagonista Julieta per la morte del marito ucciso da un uragano sulla sua barca) ma c’è soprattutto la stigmatizzazione della terribile facilità con cui gli umani giudicano e “danno la colpa” agli altri, anche amici e parenti stretti per comportamenti non consoni alla morale comune.
Julieta si comporta così col padre perché questo si invaghisce della colf indiana mentre sua madre sta male, ma a sua volta sarà “punita” in modo terribile dalla figlia per la morte del padre.
Il buon Pedro Almodòvar, forse rendendosi conto che ha già messo tanta carne al fuoco con questo film, lascia un poco sullo sfondo il contesto in cui è nato questo odio della figlia Antia per sua madre Julieta, tuttavia non manca di sottolineare che ciò avviene in un ritiro spirituale sui Pirenei in cui Antia trova la fede (e quindi di conseguenza il diritto di giudicare gli altri).
La punizione per la madre durerà per più di un decennio fino a quando in una lettera Antia racconta la madre di aver perso per u incidente il suo figlio maggiore e di essersi resa conto che non aveva diritto di farle provare quel dolore.
Non ci mostra il lieto fine Amlomodòvar, sarebbe facile far rincontrare Antia e Julieta sul lago di Como dove Antia viveva, ma il regista sceglie solo di raccontarci l’ansia per l’incontro. Il finale è lasciato all’immaginazione dello spettatore.
J. Mnemonic