Diversi anni fa abbiamo conosciuto i bellissimi fumetti di Ralf Konig, la sequenza che ci viene in mente in assonanza con lo spettacolo Stabat Mater si svolge più o meno nel seguente modo (i nomi sono probabilmente sbagliati).
Karl va a trovare Jan, un suo ex che vive ora con un nuovo compagno. Entra in casa, si salutano e il nuovo compagno di questo, Hans, gli fa un breve cenno con la mano perché è preso dalla partita di calcio alla televisione. Karl quando si ritrova solo con il suo ex gli fa: “Ma il tuo compagno guarda il calcio?” e questo: “Si perché? Che male c’è?” Karl ci pensa su e prova ad aggiungere qualcosa “Mah, niente è solo che…” ma il suo ex taglia corto: “Non ci far caso, Hans è sempre stato un tifoso del Borussia”.
Qualche pagina dopo i due sono di nuovo insieme stavolta con gli amici, Karl vede che Jan è da solo e allora chiede: “Hans non è potuto venire?”
“No sai, è andato al cinema che c’è una maratona di film horror”
Momento di imbarazzo… poi cerca di dare al suo ex una via di uscita comoda: “Ma perché lavora al cinema?” ma costui non è recettivo e dichiara: “No, no, è proprio un fanatico dei film horror, sai gli piacciono tutti, da Venerdì 13 a quelli degli Zombie”
Allora Karl lo guarda con sincera pietà e gli fa: “Jan, insomma te lo devo proprio dire… è un fan del calcio… guarda i film horror.. ma non lo capisci che è un eterosessuale represso?”
Questa lunga premessa ci serviva per dire che per anni ci siamo chiesti perché in Italia non fosse possibile affrontare le tematiche legate al mondo dell’omosessualità e della transessualità con la stessa leggerezza con cui si affrontano altrove.
Si certo, per ragioni “culturali” e per “tradizioni latine” eccetera. Tuttavia ci sembra che Pedro Almodovar non venga dalla Norvegia e che il nostro Ozpetek, per quanto bravissimo, spesso non renda quel senso di “naturalezza” e “spontaneità” che riscontriamo altrove.
Stabat Mater di Liv Ferracchiati invece riesce in pieno in questo senso, affronta una tematica importante come l’identità della persona (e vorremmo anche cominciare a tralasciare l’aggiunta delle parole “di genere” alla parola “identità” perché ci sembra quasi idiota doverlo fare, l’identità personale comprende quella di genere, con buona pace dei fan del rosaeceleste) con tutta la leggerezza e le problematiche più o meno serie di un ragazzo nato xx.
È diverso essere un ragazzo xx invece che un ragazzo xy? Sì certo lo dice anche il protagonista, ma qual è la differenza fra essere diversi da altri e sentirsi diversi da altri?
In realtà tutti siamo diversi dagli altri con vicende umanamente simili, ridicole, drammatiche, grottesche o romantiche che siano. Tutti i ragazzi, xx o xy, hanno spesso avuto madri troppo presenti padri troppo assenti o viceversa, infatuazioni fulminanti, storie che finiscono quando si scopre che il partner in tuta spegnerebbe gli ardori di qualunque mandrillo, delusioni cocenti e spesso (anche se non lo confessa nessuno) la necessità di uscire dieci volte con una ragazza che tanto gli piaceva prima di riuscirci a farci l’amore. Perché siamo umani, ovviamente.
Allora ritornando alla domanda di partenza, se siamo tutti diversi perché qualcuno si sente diverso quando affronta gli stessi (o per lo meno analoghi) problemi degli altri? E perché riteniamo qualcuno diverso? Questione di organi funzionali? Di pelle o silicone? O perché ancora quando sentiamo la parola trans pensiamo subito al classico viale notturno con il classico fuoco acceso ove qualcuno vende il suo corpo in abbiti succinti e a nessuno viene mai in mente che ci sono i transgender anche nel senso opposto?
La visione di Stabat Mater da l’opportunità allo spettatore, laddove ne avesse bisogno, di rivedere i suoi concetti di normale/diverso e consente anche a chi ha le idee già abbastanza chiare di capire che in fin dei conti tutti, in questa vita, ci siamo dentro più o meno con gli stessi problemi. Quindi anche di sfatare miti sciocchi, come il fatto che nel campo della sessualità alcune scelte siano di comodo o convenienti.
Un plauso infine, doveroso, alle tre bravissime ragazze protagoniste dello spettacolo, davvero una bellissima prova in tre ruoli molto difficili.
J. Mnemonic