La parola d’ordine del movimento reazionario clericale sessuofobo e retrograda adesso è: “L’utero in affitto non passerà”.
L’abilità nella comunicazione per slogan che vanno alla pancia del sedicente movimento per la vita è nota. Altrettanto nota è l’assenza totale di argomenti ogni volta che si gratta il loro superficialismo imbarazzante.
Questa volta però, buttandola sul marxismo prêt-à-porter e indicando come nello sfruttamento di una donna da parte di un’altra donna sono quanto meno riusciti a dividere il movimento femminista che vede più importante non sfruttare una donna rispetto al diritto di un’altra di avere un figlio. Il problema è che questo inquadra la questione della “maternità surrogata” o semplicemente surrogacy (almeno i laici dovrebbero cancellare l’abominevole termine “utero in affitto” studiato dai coniatori di slogan clericali) da un punto di vista marginale ed evitabile.
Infatti un paese può tranquillamente legiferare nel senso di proibire che una donna si presti alla maternità surrogata dietro compensi, o se è in condizioni di dipendenza finanziaria da parte della richiedente, mentre può tranquillamente permetterla in tutte le altre situazioni (niente di strano, basta vedere la legge inglese).
Sinceramente non capiamo chi dovrebbe avere il diritto di sentenziare “non lo potete fare!” se una donna si mette a disposizione di un’altra (sorella, nipote, parente, amica) che non può aver figli per le più varie ragioni.
Qual’è il principio giuridico che non dovrebbe mai permettere il fatto? Nell’imbarazzante libro “Fare un figlio per altri è giusto. Falso!” (della collana Laterza che è nota per proporre questi titoli con un affermazione confermata o smentita dalla parola finale), la Prof. Daniela Danna rivela che il principio giuridico più importante che nega la possibilità della surrogacyè quello risalente all’epoca romana “mater semper certa est” .
“Poretti noi”, verrebbe da dire di fronte a cotale affermazione e, considerato che l’audace autrice insegna Politiche sociali all’università di Milano, nostro nonno avrebbe aggiunto “… e pori soldi nostri spesi per farti studiare!”.
Ironia a parte, di fronte alla pochezza di tali affermazioni sembra inutile anche replicare se non chiudendo la questione ricordando il “solito” J.S. Mill con il suo eterno principio “su stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l’individuo è sovrano”.
Detto questo e venendo alla spinosa questione della donna che presta il suo corpo per la surrogacy dietro compenso confessiamo che ci viene da sorridere.
Bisogna impedire lo sfruttamento del corpo della donna. E cavolo ci mancherebbe altro, ma se due persone libere si accordano per una data questione è sfruttamento? E se la donna in questione di quei soldi aveva bisogno?
Lasciando perdere i discorsi sugli inesistenti “diritti naturali” (in natura esistono comportamenti molto più abominevoli di questo) e sugli inesistenti traumi del bambino “strappato” alla vera madre alla veneranda età di giorni uno (allora aboliamo la possibilità di dare i figli in affido, o no?), quello che ci fa sorridere è che su questo argomento improvvisamente diventano tutti marxisti.
Nessuno dice una parola sugli immigrati che raccolgono i pomodori a due euro l’ora, sui ragazzi costretti a fare “stage” gratuiti o miserevolmente pagati, sulle multinazionali che delocalizzano in paesi in cui gli operai sono sottopagati ma, improvvisamente, tutti a sentenziare l’immoralità di una donna che prende un compenso per essersi messa a disposizione per portare il figlio di un’altra.
Ipocrita: Dicesi di persona che, professando virtù che non rispetta, si procura il vantaggio di trasformarsi, agli occhi di tutti, in ciò che più disprezza. (Ambrose Bierce)
Alessandro Chiometti