Entrerà in vigore il 1 Gennaio 2012 la “nuova” costituzione ungherese che potrebbe sancire la fine della breve storia della democrazia nel paese magiaro.
Questo paese, che è passato dall’alleanza con il nazi-fascismo alla sfera di influenza dell’URSS (con la sanguinosa repressione della rivoluzione ungherese del 1956), rischia infatti di veder sparire il normale bilanciamento di poteri, proprio di tutte le democrazie moderne, a causa delle nuove norme volute dal premier Orbàn e dal suo partito, il Fidesz.
Queste norme ridimensionano i poteri della Corte Costituzionale e di tutti gli organi di controllo mentre aumentano quelli delle figure nominate in questa legislatura dal Fidesz (il presidente della Repubblica e dei membri del “Consiglio di bilancio”, una sorta di Corte dei Conti).
Il tutto, unito con la “legge bavaglio” sulla stampa già entrata in vigore (una legge che prevede fra le altre cose, un tetto per le notizie di cronaca nera del 20% per i telegiornali, l’obbligo di rivelare le fonti per i giornalisti investigativi e, udite udite, una soglia minima del 40% di musica ungherese da mandare in onda… le dittature si sa, sanno essere ridicole), ha fatto scattare più di un allarme nei confronti di un paese che è membro dell’Unione Europea.
Ricordiamo che il Fidesz ha ottenuto il clamoroso successo a causa dello scandalo legato alla divulgazione di affermazioni riservate dell’ex primo ministro Socialista che ammetteva in una riunione ristretta del partito di aver deliberatamente mentito ai cittadini ungheresi per essere riconfermato al potere.
Questo nel giro di pochi anni ha causato il dissolversi di quasi tutto l’elettorato del Partito Socialista che dalle elezioni del 2006 a quelle del 2010 è passato dal 43 al 19%. Non è curioso che chi vince le elezioni a causa di uno scandalo giornalistico approvi subito dopo una legge bavaglio contro la stampa?
Tornando all’UE le voci di critica e di censura non sono mancate, anche perché nel preambolo della costituzione è stata inserita una sorta di rivendicazione delle province sottratte all’Ungheria con le sconfitte nelle due guerre mondiali, cosa che ha fatto innervosire non poco la Romania. La Germania ha cercato di attuare una forte moral suasion che però ha portato solo a un parziale ridimensionamento della legge bavaglio.
Ma il tutto ovviamente ha trovato uno sponsor illustre, indovinate un po’ chi? Ma ovviamente il Vaticano che, forse nostalgico delle dittature militari sudamericane con cui ha collaborato per tutti gli anni ’70 e ’80, ha pubblicato su tutti i suoi mezzi di (dis)informazione elogi per il nuovo corso ungherese. Perché? È presto detto, perché nel suddetto preambolo sono state inserite le radici cristiane dell’Ungheria, la discriminazione omofobica (l’unica unione possibile è quella fra uomo e donna) e la difesa del feto fin dal concepimento. Tombola!
Come quando in Sudamerica le gerarchie cattoliche chiudevano gli occhi di fronte ai desaparecidos (anzi benedicevano i loro boia) in nome della lotta al comunismo, oggi in nome della lotta al laicismo si celebra oltretevere la morte di una democrazia. Morte testimoniata fra l’altro dalle azioni del partito xenofobo di ultradestra Jobbik (16% alle ultime elezioni) contro i ROM, che, se non proprio tollerate, sono comunque blandamente contrastate dal partito di governo Fidesz.
Poco varrebbe ricordare agli oltreteverini che in una democrazia si devono tutelare le minoranze (e oggi circa il 20% degli Ungheresi si dichiara non religioso) e che i diritti civili non si assegnano con il principio di maggioranza. Del resto “la chiesa non è una democrazia”. Chi lo diceva? Un certo Karol Wojtyla.
Alessandro Chiometti