Ci risiamo. I media nostrani incensano nuovamente il papa “rivoluzionario”, questa volta per una missiva dei giorni scorsi alle Conferenze episcopali e agli Istituti di vita consacrata di tutto il mondo alla vigilia della prima riunione della Pontificia commissione per la tutela dei minori. «L’impegno contro la pedofilia prosegue senza sosta», chiosa Repubblica; «La priorità della Chiesa è di tutelare le vittime e riparare ai torti commessi», fa eco il Corriere.
Vediamo di cosa si sta parlando. Bergoglio, nel testo, spiega le motivazioni che lo hanno spinto lo scorso anno a istituire laCommissione ed esorta le Conferenze episcopali, le diocesi e tutti gli istituti ecclesiastici ad attenersi a quanto previsto nella Lettera circolare emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede il 3 maggio 2011. Insomma, la notizia semplicemente non c’è. Ma ci sono due passaggi interessanti, che letti in funzione della Lettera cui si riferisce Bergoglio, aprono qualche spunto di riflessione.
Il primo: «Le famiglie devono sapere che la Chiesa non risparmia sforzi per tutelare i loro figli e hanno il diritto di rivolgersi ad essa con piena fiducia, perché è una casa sicura». Ci si aspetterebbe che la Chiesa sia la prima a denunciare alla Giustizia i rei di abuso su minori, e invece no. La Lettera circolare spiega molto bene quali sono i passi da seguire nel caso di segnalazione di violenza. Prima intervengono i vescovi e, se l’accusa viene ritenuta da loro stessi fondata, il caso passa alla Congregazione per la dottrina della fede (ex Santa Inquisizione, uno dei principali dicasteri della Santa Sede). La quale, in caso di condanna, interviene con due tipi di provvedimenti: la restrizione del ministero pubblico e le pene ecclesiastiche, «fra cui la più grave è la dimissio dallo stato clericale». Seguono fumosi riferimenti alla collaborazione con le autorità civili «nell’ambito delle rispettive competenze», ma da nessuna parte è sancito l’obbligo di denuncia. Se la pedofilia clericale continua a essere considerata un fatto interno alla Chiesa, con quale «piena fiducia» le famiglie dovrebbero rivolgersi ad essa?
Il secondo: «Non c’è assolutamente posto nel ministero per coloro che abusano dei minori». Abbiamo appena visto che la retrocessione allo stato laicale non è un obbligo ma solo la pena più grave. Questo perché, come dice sempre la Lettera citata da Bergoglio, l’abuso su minore è un delitto contro il sesto comandamento («Non commettere atti impuri») e come tale va trattato. La violenza su un bambino, cioè, viene ancora paragonata a un qualsiasi atto sessuale consenziente tra un prete e un adulto. Ma ancora, la Lettera ci regala un’altra chicca: il «ritorno del chierico al ministero pubblico» deve essere escluso «se detto ministero è di pericolo per i minori o di scandalo per la comunità». Avete letto bene, “se”. Il che significa esattamente il contrario di ciò che Bergoglio ha scritto.
Il tutto, filtrato e capovolto ad arte dalla stampa, arriva al lettore nel modo che sappiamo: pugno duro contro la pedofilia, tolleranza zero, papa coraggioso e innovatore. D’altronde, come diceva Göbbels, una bugia ripetuta cento, mille, un milione di volte diventa una verità. E lui di propaganda se ne intendeva.
Cecilia M. Calamani