Incontro il mio amico sotto casa. Mentre entriamo nel bar, gli racconto di aver partecipato qualche giorno fa alla manifestazione di solidarietà per il Prof. Coppoli, che è stato deferito ai superiori per aver tolto il crocefisso dall’aula dove insegna. Mi lamento che eravamo in pochi, troppo pochi per l’importanza simbolica dell’evento. Qualche pensionato, alcuni studenti, pochi disoccupati e i soliti professionisti delle manifestazioni.Tutto lì. Mi ascolta sconsolato. Conosce tutti i passaggi di questa vicenda perché lo aggiorno sulle novità e ogni volta ne soffre. E’ un credente, un uomo molto devoto e schivo che vive la sua religiosità con profonda spiritualità e riservatezza. Questo mondo non è il suo.
Parliamo ancora del crocefisso:
– E’ impossibile prevedere come andrà a finire la vicenda, – gli dico – può darsi che tutto si chiuda con l’ennesima sconfitta di chi non vuole i simboli religiosi sulle pareti delle aule, oppure può accadere che i tempi siano maturi per una rapida accelerazione degli eventi e si raggiunga la massa critica che travolge ogni resistenza e porta a un cambiamento radicale. –
Mi guarda e riflette ad alta voce:
– Vedi, la Chiesa si defila sul problema del crocefisso. E’ il suo stile. Non si mette in prima linea nei conflitti salvo che non implichino questioni di dottrina. Preferisce che siano gli altri a litigare, piuttosto che partecipare direttamente alla disputa. Anche questa volta è rimasta in disparte. Non ha interesse a gettarsi nella mischia, perché sa che il crocefisso nelle aule è una grana che non giova alla sua immagine. –
Fa una pausa e si accomoda sulla sedia. Non dico nulla, non ce n’è bisogno.
– Tu capisci il mio problema, – continua il mio amico – io credo fermamente, ma non mi piace strombazzare né esibire le mie convinzioni. Ma ho dei doveri nei confronti della mia fede e del suo simbolo centrale, il crocefisso e certe cose devo dirle: non mi piace come negli ultimi tempi è stato bistrattato e tirato da ogni parte. Capisco che i laici vorrebbero toglierlo perché sognano un mondo neutro e non schierato, mentre i cattolici conservatori vorrebbero mantenerlo ad ogni costo dove si trova. Ma quello che non approvo sono i metodi e gli argomenti usati. –
Annuisco e lo lascio continuare.
– Sul crocefisso ne sono state dette di tutti i colori. Chi vuole togliere il crocefisso, lo sai meglio di me, vede nella sua esposizione nelle aule scolastiche un’inaccettabile preferenza data a una religione e uno scampolo gratuito di catechismo somministrato in silenzio anche ai non credenti e, onestamente, non posso dar loro torto.
I toni sono forti, ma sul fronte opposto i difensori del crocefisso non si distinguono certo per sobrietà. Non parliamo poi di quello che è venuto fuori dalle sentenze emesse dalla giustizia che ha deciso sui numerosi ricorsi. Per alcuni sarebbe un simbolo di umanità e solidarietà, mentre per altri rappresenterebbe l’identità culturale di un intero popolo, come se in Italia esistesse un pensiero unico. Alcune affermazioni poi appaiono francamente paradossali, come quella che vede, testualmente, nel crocefisso, nonostante l’inquisizione, l’antisemitismo e le crociate, il simbolo della dignità dell’uomo, della tolleranza, della libertà religiosa. Ma c’è anche chi, nel generoso sforzo di difendere l’indifendibile, ha sfiorato il ridicolo arrivando ad affermare che il crocefisso è il simbolo della laicità. Infine, un insigne giurista ha sostenuto, nel ricorso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che il crocefisso sarebbe privo di significati religiosi. Ma se così fosse, mi domando, perché viene esposto?
Una simile deriva ha aperto la porta ad affermazioni che sono quasi blasfeme. Sappi che qualcuno ha difeso la presenza del crocefisso equiparandolo a un arredo scolastico alla stregua di una cattedra, dei banchi o di una lavagna. E tutto questo per mantenerlo appeso dov’è, contro chi non vuole vederlo. Ce n’è abbastanza. E’ inammissibile che il simbolo della mia fede sia così manipolato e conteso. Deve essere sottratto a queste dispute volgari e tenuto laddove possa essere adeguatamente capito e venerato. E’ ora di piantarla! I cattolici devono dire “basta, togliete il nostro simbolo dai muri e smettetela di discutere su di lui”. –
Il mio amico è un po’ alterato. Si ferma. Riprende con più calma.
– La Chiesa e i cattolici più ferventi dovrebbero rendersi conto che, questa del crocefisso, nonostante qualche battaglia vinta, è una guerra destinata a essere persa tanto sono evidenti l’assurdità e l’anacronismo di certe pretese. Non è meglio sin d’ora mettere fine a queste polemiche? La gerarchia si pronunci e “autorizzi” lo Stato a rivedere il regolamento scolastico che impone il crocefisso tra le suppellettili scolastiche. Perché, me ne rendo conto, senza un’iniziativa del clero nessun politico avrà mai l’intenzione e la forza di modificare per legge la situazione. Sarebbe un’occasione per mostrare finalmente che il cattolicesimo comincia a cambiare e non ha più bisogno di mezzucci per mantenere la propria presenza. Papa Francesco ha un bel dire che il cattolicesimo è una religione offerta e non imposta e chi vuole può aderire e credere in piena libertà. L’ostentazione obbligatoria del crocefisso e la sua difesa ad oltranza con la forza pubblica non contraddicono il messaggio di Papa Francesco?-
Il mio amico mi guarda amareggiato perché non si capacita che possano esserci cattolici che la pensano in modo così profondamente diverso da lui.
Vorrei potergli dire la verità, è un uomo così simpatico e poi soffre davvero.
Ma non posso dirgli che il cattolicesimo che lui vive è l’espressione di una spiritualità matura, che non è quella della maggioranza dei credenti.
Non posso dirgli che, anche se il cattolicesimo si ammanta delle alte parole della teologia, resta un sistema sostanzialmente infantile e si sostiene solo sulla rigida gestione dei dogmi e sulla propaganda mediatica.
Non posso dirgli che il cattolicesimo ufficiale è ben distante dal suo modo di vivere la religione e il vangelo.
Forse ne è consapevole, ma non posso infierire rammentandogli che è solo con i comportamenti che la Chiesa può dare concreta prova dei nobili principi tanto sbandierati. E’ con i fatti e non con dichiarazioni pirotecniche che può dimostrare di valere quello che afferma di essere, tralasciando l’inutile propaganda d’incerte premesse metafisiche e abbandonando la pratica di un proselitismo aggressivo che comprende anche l’indottrinamento di bambini piccolissimi.
Perché, in fondo, non c’è altra strada per tentare di riconciliarsi con il mondo e per sperare che gli uomini possano un giorno dimenticare il passato d’immani sofferenze fisiche e morali causate nei secoli a miliardi di esseri umani.
Dagoberto Frattaroli