Lo sbattezzo, pur rimanendo un fenomeno di nicchia, è in lenta ma costante crescita da alcuni anni, ormai si stimano diverse migliaia di persone che hanno compiuto quest’atto di cui 2600 lo hanno anche registrato su sbattezzati.it.
E’ bene ricordare di cosa si tratta: in pratica si comunica con un raccomandata A/R la propria volontà di non essere più annotato fra gli appartenenti alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana al prete che gestisce la parrocchia in cui si è stati battezzati in tenera età.
Costui, in base alla sentenza del Garante della Privacy nel 1999 è tenuto a dar conto dell’avvenuta cancellazione e di conseguenza a comunicare allo sbattezzato la “scomunica latae sententiae”.
Generalmente, dopo ormai 14 anni dalla sentenza suddetta, la pratica messa a punto dall’Uaar procede senza particolari intoppi, qualche volta dei preti che hanno voglia di parlare chiamano lo sbattezzando per capire le sue ragioni o magari per tentare di ricondurlo in extremis alla casa del Signore.
Ma capitano ancora episodi gustosi.
Capita a Terni, a Elisabetta (nome fittizio), dopo aver scritto due raccomandate negli ultimi due anni al prete che gestisce una parrocchia in una delle periferie della città che non sono state ritirate al terzo tentativo finalmente vede recapitarsi l’agognata ricevuta di ritorno. Pensa che è la volta buona ma dopo due mesi il prete ancora non si fa sentire. Allora si rivolge al circolo locale dell’Uaar per sapere come comportarsi e prima di scrivere al vescovo come la prassi vuole, uno dei soci contatta il prete per sapere che intenzioni ha, chissà,… magari trattasi di dimenticanza!
Invece, udite udite, il prete in questione dice che a lui le leggi dello Stato italiano non interessano e che si rifà solo al diritto canonico per cui il battesimo, essendo un sacramento, è incancellabile.
Sarebbe stato gustoso sapere se altre leggi dello stato italiano, come quella che prevede l’otto per mille con il quale il suddetto prete recepisce lo stipendio e i soldi per mandare avanti la sua chiesa gli interessano ma il curato non aveva molta voglia di parlare con i miscredenti quindi la discussione si è conclusa presto.
Ora il percorso per Elisabetta è il seguente, raccomandata al vescovo (o in questo caso al curatore straordinario della diocesi di Terni Narni Amelia che ricordiamo essere finita su tutti i giornali per le gestioni economiche rocambolesche) e poi se neanche questo riuscisse a riportare il prete in oggetto a più miti consigli ricorrere al Garante dei dati personali.
Anche se ci sono delle spese da affrontare è confortante sapere che la giurisprudenza finora ha sempre dato ragione agli sbattezzandi e torto ai preti troppo zelanti.
Quello che non capiamo è come si fanno a far coesistere le reazioni ufficiali della Chiesa (riassumibili in: “fatelo pure tanto non conta niente”) con questi preti che minacciano le fiamme dell’inferno e si rifiutano ad ottemperare a un loro dovere.
Ma tant’è, in un oceano di contraddizioni e ossimori come quello della fede cattolica capiamo che questo fatto può passare inosservato a i più.
Alessandro Chiometti