* Francesco Merlo su Repubblica del 31/7/2007
Come Newton scoprì la legge di gravità dalla caduta di una mela,
cosi lo scienziato sociale Lorenzo Cesa ha scoperto la legge del
coito parlamentare dalla caduta di un Mele. Riflettendo infatti
sulla mirabile vicenda sessuale dell'onorevole Mele, che ha detto di
essere stato posseduto – suo malgrado – da una prostituta, lo
statista planetario Lorenzo Cesa, segretario del virtuosissimo Udc,
il partito del latinorum, della messa ratzingeriana in latino, ha
accolto le dimissioni di Mele.
Ma ne ha compianto "la solitudine e la vita dura" e ha infine
proposto la legge del rimborso coitale, o meglio, del risarcimento
del coitus obstruitus atque obliteratus. Eccola: gli eletti alla
Camera o al Senato devono avere "la moglie sempre pronta" come
dicevano i contadini di Roma antica, Venus semper parabilis, perché
dopo una giornata di fatica, di zappa e terra, mancano tempo ed
energia per sedurre "ragazze in cerca di avventura". E' dunque
giusto, incalza il dotto Cesa – in accordo con un non meglio
precisato alto funzionario della Camera – che lo Stato paghi
all'onorevole l'indennità di astinenza. Insomma: il costo della
moglie semper parabilis al seguito, oppure le sozzerie.
Ebbene, a noi il ragionamento di Cesa sembra così inverosimile e
scellerato che abbiamo deciso di migliorarlo. Perché non
proporre "l'indennità di Priapo" alle parlamentari, signore e
signorine, e "l'indennità di Venus" agli onorevoli maschi? Per i
trans, i gay e le lesbiche diamo a Cesa quel che è di Cesa, e dunque
ci rimettiamo alla sua saggezza informata a cultura e profondità di
studi. E si potrebbe continuare organizzando una fiaccolata
postribolare in via Veneto per ricordare il martirio di Mele il
solitario, con una raccolta di fondi per una prima sistemazione del
coito parlamentare che, per limitarci al cortile di casa (chiusa)
nostra, già Cavour, Einaudi e Bobbio intravedevano come necessità
statuale, guaina preservativa contro le brutte avventure della
democrazia negli hotel di via Veneto che sono a rischio piattole,
luoghi dove le prostitute si spacciano per Mary Poppins confondendo
gli ingenui onorevoli di turno.
Stia attento il lettore: a dispetto del tono che stiamo usando,
questa non è una storia di peccato, ma di vizio. L'orgasmo di Mele
non è più riferibile all'Italia crapulona di Tognazzi, ma alla
Costituzione reale della sordida Italia che di giorno discrimina i
gay e di notte se li fa portare in Camera. Molti italiani – la gran
parte – potrebbero pure chiudere un occhio, anche in segno d'intesa,
sul deputato adultero e magari anche sul ministro con la mantenuta,
perché in fondo da rappresentanti simili si sentirebbero forse ben
rappresentati. Ma ci fanno venire l'orticaria quei viziosi politici
che, proprio come l'onorevole Mele, montano campagne contro la droga
e poi sniffano coitando; che divorziano ma rumoreggiano in difesa
dell'indissolubilità del vincolo familiare; che chiedono di schedare
i clienti della prostituta, alla quale riservano la definizione
di "ragazza in cerca d'avventure" solo quando "batte" nelle loro
alcove.
Che quello di Mele non sia un eccesso su cui chiudere un occhio, una
banale boccaccesca storia di adulterio, un dignitoso peccato su cui
indulgere, lo si capisce dal cinismo usato a copertura del ridicolo.
L'onorevole, infatti, ha chiesto perdono alla moglie e ai figli, al
partito, alla patria, ma non alla ragazza che con lui si è drogata,
finendo da sola in ospedale: «Non l'ho pagata ma le ho fatto un
regalo in denaro». L'onorevole, il quale dice persino – proprio
così! – di essere orgoglioso di sé, non ha pensato che quel drogarsi
era la sola maniera possibile di stare con lui. No: lui non voleva,
lui è stato sedotto, «non sapevo nemmeno che quella signora facesse
quel tipo di prestazioni», certe donne – si sa – sono ladre di
sperma.
Secondo la ragazza, l'onorevole non voleva neppure chiamare
l'ambulanza. Certamente non l'ha accompagnata, e se ne è liberato. A
tutti i costi non voleva essere compromesso perché, come dice
l'adagio, "il sesso non vuole pensieri".
Rimane vero, ma non gli fa onore, che l'onorevole Mele non è
lussurioso come Sardanapalo, non è libertino come Casanova, non è
trasgressivo come Oscar Wilde e non è neppure uno sciupafemmine
casereccio alla Vittorio Sgarbi. Degrada le atmosfere di "Totò,
Peppino e la malafemmina", rende greve la debauche al borotalco dei
calendari dei barbieri della sua Carovigno, a pochi chilometri da
Brindisi, paese di mandorle, olio ed etnia apulo-pakistana per dirla
(sempre) con Amato.
Insomma, mai ci saremmo occupati di questo minuscolo rappresentante
del popolo carovignonese o carovignacciano se, come dicevamo
all'inizio, non fosse intervenuto l'onorevole Cesa, calabrese,
segretario del partito di Casini, di Buttiglione, di Giovanardi, del
partito dei pellegrinaggi organizzati dal cappellano della Camera,
teologo e rettore dell'Università pontificia monsignor Rino
Fisichella. L'Udc è uno dei partiti del Papa oltre che di Cuffaro, è
votato dal 6, 7 per cento degli italiani, è il partito dei molti
inquisisti, è il partito dello zelo puritano che è sempre losco,
scivoloso e sporco. Il caso Mele-Cesa lo certifica: l'Udc è il
partito dei falsi buoni cristiani che si battono contro i peccati,
per il trionfo del vizio.