Se siete fra quelle persone che, come chi scrive, ragionando su quanto è successo in questi mesi pandemici non trovano né normale né giustificabile il comportamento inetto del governo, quello terroristico dei mass media, e quello (da indagine psichiatrica) di chi si abitua a pensare al contrario (serve un motivo per uscire o riaprire un’attività, non un motivo per stare chiusi in casa) e giustifica sempre e comunque l’operato dei governanti; finalmente avete un piccolo volume che vi può rassicurare: “quelli strani” non siete voi.
Andrea Miconi pubblica questo pamphlet (“Epidemie e controllo sociale”, €10,00) con Manifestolibri, fermando la sua analisi a ciò che è successo da Gennaio ad Aprile. Ed è già abbastanza per aprire gli occhi anche al più fedele ed impaurito seguace di Conte. Ammesso che sia disposto ad ascoltare il discorso. Miconi non risparmia le bacchettate neanche a “Il manifesto” che pure lo pubblica, segno che forse, almeno per quel giornale c’è speranza di rinsavire, rispetto a tanti altri che ormai anche degradare al rango di tabloid significa trattarli fin troppo bene.
L’autore esamina ciò di quanto più aberrante a livello umano si è consumato nel primo lockdown, il ribaltamento del populismo e il ritorcersi dell’odio della “folla” (quella rinchiusa fra le mura domestiche) verso il nuovo “nemico di comodo” che andava dai runners a chi andava troppe volte a fare la spesa, a chi richiedeva giustamente la possibilità di uscire da soli all’aria aperta a debita distanza da altre persone (cosa che non mette in pericolo nessuno, e non c’è parere di virologo che possa contraddire questo). Una vergognosa caccia all’untore istigata e fomentata dai mass media e dai social network che vengono usati in modo sempre più inappropriato.
Dopodiché esamina quanto sia psicologicamente devastante il messaggio inappropriato del vip che vuole spiegarci di quanto sia bello restare chiusi in casa a riscoprire se stessi, parlando magari dalla sua tenuta in campagna con piscina termale riscaldata a chi vive in cinque in uno scantinato di 60 metri quadri. Rimuovere il problema serve solo a farlo diventare gigantesco, è un meccanismo fin troppo conosciuto da chiunque si sia occupato delle dinamiche umane. Chissà perché tutti se ne sono dimenticati in questa pandemia.
Andrea Miconi si occupa quindi dello Stato di Polizia instaurato a tutti gli effetti con decreti di emergenza e una capacità discrezionale data gli agenti delle forze dell’ordine che ha portato alle multe più assurde (quasi tutte inevitabilmente annullate dai giudici di pace dopo il lockdown, ma il pamphlet è stato chiuso alla fine di Aprile) e dell’assurdità dell’internet-centrismo di chi pensa di risolvere tutto con l’app Immuni e dell’invadenza di questa. Invadenza che per inciso va molto al di là della facile battuta con cui il governista di turno risolve le questioni con un meme sul social; la classica argomentazione “date i vostri dati alle peggiori schifezze non lo date a un’app che deve salvarci dalla Covid” è smentita semplicemente osservando quali dati bisogna dare alla app immuni, compresa la propria storia sanitaria. Perché mai Immuni deve conoscere se ho avuto l’epatite o un cancro dieci anni fa? Troppa premura? Troppa voglia di strafare?
Infine Miconi parla dei tanti, troppi, “virologi allo sbaraglio” che per il loro warholiano quarto d’ora di notorietà (molto di più di un quarto d’ora purtroppo) si sono prestati non solo a cancellare cento anni di manuali di virologia e patologia ma ad accapigliarsi l’uno contro l’altro in diretta tv che neanche fossero nel più demenziale reality show del pianeta. Una serie di debuttanti allo sbaraglio, che pure debuttanti non erano, che hanno causato più danni alla scienza e al metodo scientifico di quanto mai abbiano fatto i no-vax in trent’anni di frottole raccontate.
Un tema che a nostro giudizio varrebbe la pena approfondire, e non affrontato in questo pamphlet, è la follia dell’uomo contemporaneo di non saper più accettare una situazione fuori dal suo controllo. L’Homo sedicente Sapiens accetta il rischio di morire in un incidente d’auto o quello di morire sul lavoro perché l’azienda non ha i soldi per fornirti di dpi appropriati; ma improvvisamente non può accettare che ci sia un virus (esseri biologici presenti sul pianeta prima di noi e che ci saranno ancora dopo la nostra estinzione) pericoloso in giro per il pianeta. Come se prima di oggi non ci fossero stati tifo, malaria, aids, epatiti, meningiti, pancreatiti, herpes, sifilide, vaioli, poliomeliti.
La narrazione tossica a mass media unificati ci ha fatto reagire a questo pericolo (circa il 2.5% di letalità apparente nella “prima ondata” in crollo verticale oggi) come un branco di pollame in crisi isterica quando entra una volpe nel pollaio. Verrebbe da chiedersi cosa sarebbe successo se si fossero diffusi sul sacro suolo dell’occidente i virus della prima Sars (letalità apparente 10% circa) o della Mers (l.a. 30% circa). Fortunatamente sono rimasti confinati all’Asia e si sa che per gli occidentali finché muoiono gli asiatici (o gli africani) non è mai un problema.
Se ci sarà un seguito a questo lavoro crediamo sarebbe interessante approfondire la cosa.
Miconi chiude questo pamphlet ad Aprile quando probabilmente pensava di aver visto il peggio. Peccato che come ammoniva William Shakespeare: “Finché possiamo dire: ‘quest’è il peggio’, vuol dir che il peggio ancora può venire.” (sempre puntualissimi i Wu Ming a trovare le citazioni adatte per le situazioni).
E così oggi siamo di nuovo di fronte a chi invoca “lockdown subito” anche dopo aver visto che i lockdown più duri (Italia, Spagna, Francia) sono quelli che hanno funzionato peggio in termini di contagi e di morti in Europa. Siamo ancora ad intere fette di popolazione che criminalizzano i singoli e le loro abitudini o richieste (peraltro normalissime come andare al cinema o al teatro) per giustificare l’incapacità di un governo che ha passato mesi a non fare nulla confidando di riuscire a gestire una seconda ondata a costo zero e peraltro scegliendo un mezzo di controllo inadeguato come il tampone naso faringeo e non il test antigenico rapido. Siamo ancora a persone che pubblicano deliri sui social esortando Conte “a fare come la Svezia” usando questa frase come minaccia contro noi, poveri scemi, che non ci rendiamo conto del pericolo; quando evidentemente non si sono mai neanche preoccupate di confrontare i grafici di contagio e letalità apparente fra Svezia e Italia (ammesso che riescano a capire i dati lì riportati).
“Epidemie e controllo sociale” è un punto di partenza, una piccola luce nel buio in una notte in cui sembrano esistere solo le narrazioni tossiche del “si deve fare così, si può fare solo così, tutti fanno così”. Tre falsità che seppur attualmente appoggiate dalla maggioranza della popolazione, rimangono delle falsità.
E per non mettere in dubbio queste evidenti falsità pagheremo un conto salatissimo, a breve.
Alessandro Chiometti