Lo sappiamo, il 2001 è stato un anno un poco movimentato, il movimento no global a Genova, gli attacchi alle torre gemelle a New York, la conseguente guerra in Afghanistan a cacca di Bin Laden… insomma di cose ne son successe tante.
Può capitare quindi che la notizia che associamo a quell’anno non sia la decisione dell’allora governo Socialista del Portogallo di depenalizzare l’uso di ogni tipo di droga nella regione luisitana.
Certo, meno comprensibile il fatto che in questi anni nei tanti programmi televisivi, approfondimenti, talk show e schifezze varie passate per i tubi catodici prima e per gli schermi piatti poi la cosa sia stata ricordata pochissimo. Da una breve indagine fra i nostri conoscenti, anche fra chi ascolta tutti i giorni Radio radicale che pure dle problema si occupa spesso quasi nessuno sapeva che il Portogallo da quindici anni sta seguendo una politica diversa da quella della “tolleranza zero” raccomandata dall’Onu nel 1998.
E si che ne abbiamo sentite di ogni tipo… dai buchi nel cervello causati dalla cannabis fotografati dagli speciali macchinari di Giovanardi alle previsioni apocalittiche di sedicenti tuttologi che profetizzavano ogni tipo di disastro naturale se solo fosse passato il principio che chi si fuma uno spinello non deve marcire per anni in galera.
E insomma ecco che all’inizio del 2017, come se niente fosse il sito repubblica.it posta un articolo, riprendendo praticamente di sana pianta un pezzo di Dagospia dell’aprile 2016 che a sua volta riportava le parole di Joao Gaulo (medico che ha curato il programma di depenalizzazione del paese) proposte da “il Post” già nel 2013. Tutti questi pezzi dicono in buona sostanza la stessa cosa: la depenalizzazione delle droghe avvenuta quindici anni fa in Portogallo funziona non bene, ma benissimo.
Qualche numero? Decimati i malati di Aids, dimezzata la popolazione carceraria, azzerate o quasi le morti per overdose, diminuzione sostanziale dell’uso di tutte le droghe prime illecite, e nessun fenomeno di “invasione dei drogati” come profetizzavano tutti i sedicenti tuttologi di cui sopra.
In buona sostanza, vendere commercializzare e produrre alcune droghe[1] è tutt’oggi illegale in Portogallo ma nessuno va in galera per il consumo personale, quindi in un paese dove l’uso di droga è meno stigmatizzato i consumatori sono più propensi a farsi aiutare.
A pensare al numero di vite rovinate in Italia dalla legge Giovanardi-Fini (oggi per fortuna abrogata) non possiamo che piangere dell’arretratezza della nostra politica che continua a chiudere gli occhi sui veri dati e sulle vere nozioni scientifiche sulla “droga” e propone approcci che erano vecchi già cinquanta anni fa.
Se è vero che stiamo combattendo una guerra contro la droga nel nostro paese è evidente che la stiamo perdendo e che forse dovremmo cominciare quanto meno a cambiare strategia.
Come dimostra il Portogallo ragionare sulla politica del “danno minore”, ragionare sull’assurdità che l’illegalità delle droghe non ha niente a che vedere con la loro pericolosità in termini di dipendenza fisica, psichica e di danno sociale (vedi classifica del Lancet), sul fatto che il proibizionismo non ha mai portato risultati concreti in nessun campo dove è stato applicato e, soprattutto, ragionare sul chi è che ha interesse sul fatto che alcune droghe come la cannabis restino illegali, è l’unica via razionale da seguire. Il resto sono chiacchiere, per di più fatte quasi sempre da gente in malafede.
Alessandro Chiometti
[1] Inutile in questa sede ricordare che il termine stesso “droga” è fonte inesauribile di equivoci e che la droga più venduta del mondo è il tè. Al secondo posto c’è il caffè. Per ampliare il discorso si può aggiungere che la distinzione fra “farmaco” e “droga” in realtà non esiste, infatti nella lingua inglese il termine “drug” li indica entrambi.