Ha preso avvio, con il deposito presso la Corte di Cassazione, l’iter per l’approvazione di una proposta di legge di iniziativa popolare, promossa dalle associazioni Exit Italia, Luca Coscioni, Amici di Eleonora, Radicali Italiani e UAAR (Unione Atei Agnosti Razionalisti), che ha per oggetto la regolamentazione delle cure mediche e dell’eutanasia. (1)
L’iniziativa applica una previsione costituzionale di democrazia diretta. La Costituzione italiana prevede che si possa sottoporre direttamente all’esame del Parlamento un disegno di legge elaborato e sostenuto dalle firme di almeno 50.000 cittadini promotori. Nelle piazze e nelle segreterie dei Comuni è già stata avviata la raccolta delle firme.
La proposta di legge intende regolamentare una materia che suscita ancor’oggi reazioni negative e talvolta di totale chiusura, frutto di preconcetti culturali e di convinzioni dogmatiche di stampo religioso. Un’adeguata opera di illustrazione del progetto di legge potrebbe far chiarezza, presso i cittadini più disponibili, e dimostrare che non c’è niente di terribile nel prevedere e attuare pratiche mediche che rendono la malattia e il trapasso un atto dignitoso e pacato.
La nostra società sembra ormai pronta a discutere un simile provvedimento. Lo conferma la percezione del comune sentire e i sondaggi di opinione che indicano come la maggioranza degli italiani vuole poter decidere pienamente sulle proprie cure mediche e scegliere come morire, nel caso si giunga alla fine della vita in condizioni che fanno prevedere una morte dolorosa e priva di dignità. Sinora i politici italiani hanno preferito guardare dall’altra parte e far finta che il fenomeno della sofferenza di fine vita non esista, così come hanno ignorato che sono sorte organizzazioni che consentono, all’estero, di anticipare la morte quando la malattia, come troppo spesso accade, è pura sofferenza fine a se stessa.
La pratica dell’eutanasia oggi in Italia è considerata omicidio e come tale punita, così come è sanzionata penalmente ogni forma di intervento che agevola la morte di un malato, sia esso omicidio di consenziente, istigazione al suicidio od omissione di soccorso.
Ciò non toglie che l’esigenza di procurare un dolce trapasso sia sentita e diffusa essendo numerose le persone che sono ricorsi, all’estero, all’aiuto di una mano soccorrevole.
La proposta di legge popolare elaborata dalle associazioni laiche si ispira al principio di autodeterminazione dell’individuo riguardo al proprio corpo e alle cure mediche a cui sottoporsi, e stabilisce con precisione come ciascuno possa esigere legalmente il rispetto delle proprie decisioni in materia di trattamenti sanitari, ivi incluso il ricorso all’eutanasia.
Sono norme che prevedono un valido sistema di garanzia che mette al riparo il malato da abusi o incertezze applicative e gli operatori sanitari dal dover rispondere penalmente del loro operato, sempreché rispettino le condizioni previste dalla legge.
La proposta di legge nella sua articolazione è piuttosto semplice e prevede poche e chiare regole.
E’ composta di appena quattro articoli: i primi due riconoscono il diritto del malato al rifiuto delle cure mediche con possibilità di esprimere anticipatamente le proprie volontà, mentre gli altri due articoli trattano dell’eutanasia.
La proposta si apre con una dichiarazione: ”Ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale e/o terapia nutrizionale.”
Siamo nell’ambito del riconoscimento pieno e totale della volontà individuale, con la quale il malato può rifiutare, oltre alle cure, anche il c.d. sostegno vitale, ossia l’idratazione e l’alimentazione, punto quest’ultimo sul quale le forze di ispirazione cattolica si sono impegnate puntigliosamente. Una distinzione di questo tipo era infatti presente nel disegno di legge Calabrò che, elaborato sull’onda emotiva della vicenda Englaro, fu addirittura approvato da un ramo del precedente Parlamento.
La proposta di legge prosegue: “Il personale sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente ove essa provenga da soggetto maggiorenne, sia manifestata inequivocabilmente e il soggetto si trovi in condizioni di intendere e di volere.” L’articolo indica tre precise condizioni cautelari a tutela del malato ed esclude la possibilità per medici e infermieri di eccepire l’obiezione di coscienza.
Nel caso in cui il malato divenga incapace di intendere e volere la proposta di legge prevede poi la possibilità di nominare, per scritto e con firma autenticata, una persona che per conto del malato, ora per allora, esprima la volontà di rifiutare le cure e il trattamento di sostegno vitale. Si tratta della figura del cosiddetto “fiduciario per la manifestazione delle volontà di cura” che in caso di incapacità sopravvenuta, valuti e decida sulle condizioni di salute del malato, sulle prospettive di guarigione e sulla qualità della vita futura, rifiutando eventuali e ulteriori cure mediche. E’ chiaro che questo fiduciario non sarà una persona qualsiasi ma una persona vicina al malato con la quale quest’ultimo avrà in precedenza concordato i criteri da seguire qualora si presenti una simile eventualità.
Per quanto riguarda le norme più specificamente relative all’eutanasia la proposta di legge prevede all’art. 3 che sono consentite pratiche di eutanasia, che provocano quindi la morte del paziente, solo se avvengono nel rispetto delle seguenti precise condizioni:
il malato lo richieda in modo chiaro ed inequivocabile;
il malato sia maggiorenne e perfettamente capace di intendere e di volere;
il malato sia affetto da una malattia inguaribile che causa gravi sofferenze e che conduca a morte entro diciotto mesi;
il malato sia stato informato sulla sua malattia, sul decorso, sulle possibili terapie e ne abbia discusso con il medico;
il coniuge del malato e i suoi parenti entro il secondo grado (genitori, figli, fratelli e nipoti) siano stati informati della volontà del loro congiunto di porre fine alla sua vita e abbiano avuto modo di parlare con lui.
La proposta di legge prevede inoltre, anche per il caso di eutanasia, che ognuno possa stilare un atto scritto, con firma autenticata, con il quale chiede l’applicazione dell’eutanasia per il caso in cui egli si venga a trovare nelle stesse condizioni già dette, ossia malattia incurabile, dolorosa e infausta, e che sia inoltre divenuto incapace di intendere e volere e quindi di parlare ed esprimersi. Per rafforzare questa dichiarazione di volontà, le norme prescrivono che una persona nominata dal soggetto confermi la volontà del dichiarante di accedere all’eutanasia.
La proposta con le sue scarne ed essenziali norme regola con efficacia e chiarezza un tema tanto tartassato ed equivocato. Si tratta di un provvedimento semplice e pulito che non presenta aspetti di dubbio.
Questo, per chi lo valuta senza pregiudizi. Certo se si parte dalla convinzione che l’individuo non possa disporre della sua vita, magari perché non gli appartiene, in quanto di proprietà di presunte entità metafisiche, allora le premesse stesse della legge divengono inaccettabili. Per costoro, chi chiede l’eutanasia non dispone legittimamente di sé e del proprio futuro, ma compie un vero e proprio gesto di ribellione, un gesto blasfemo di orgoglio verso il proprio creatore, padre padrone che di questa vita gli avrebbe fatto dono.
In questa visione delle cose anche la sofferenza e il dolore non sono più eventi inutili, senza significato, da rifiutare e allontanare, ma valori positivi connessi ad eventi da accettare con quieta rassegnazione e in qualche caso anche con gioia.
Complesse elaborazioni speculative giustificano l’esproprio della libertà individuale e del diritto all’autodeterminazione, con conclusioni sconcertanti. Ecco come sono interpretate le sofferenze dei malati e le richieste di una morte dolce dal punto di vista cattolico. Secondo Giovanni Paolo II “Può accadere che il dolore prolungato e insopportabile inducano qualcuno a ritenere di poter chiedere di morire. Ma le suppliche dei malati molto gravi che invocano di morire non devono essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia: esse infatti sono quasi sempre richieste angosciate di aiuto e di affetto. Oltre le cure mediche, ciò di cui l’ammalato ha bisogno è l’amore, è il calore umano e soprannaturale con il quale possono circondarlo coloro che gli sono vicini genitori e figli, medici e infermieri.”(2)
Questa è miglior risposta che il cattolicesimo è oggi in grado di offrire alle migliaia di ammalati che soffrono, inutilmente e senza speranza di guarire, in una corsia di ospedale: carezze, parole di conforto e tante, tante preghiere.
Ma la cosa più grave è che la Chiesa cattolica non distingue tra credenti e non credenti e le conseguenze pratiche di queste premesse non si applicano solo a chi crede. No. Tutti indistintamente, credenti e non credenti, devono essere privati della possibilità di decidere come risolvere le proprie sofferenze e per far sì che questa barbarie prosegua la Chiesa si attiva alacremente affinché le leggi dello Stato Italiano siano coerenti con questo modo di vedere il mondo.
Dagoberto Frattaroli
(1) Il testo di legge è disponibile sul sito UAAR (http://www.uaar.it/news/2012/12/22/eutanasia-depositata-proposta-di-legge-di-iniziativa
(2) Giovanni Paolo II, “Parole sull’uomo”, a cura di A. Montonati, Rizzoli, 1994, pag. 152 e segg.