PARTITA DI… RITORNO IN CARCERE DI CAMPANELLA
1) Tommaso Campanella nacque a Stilo, in provincia di Reggio Calabria, nel 1568, in una famiglia poverissima; a quindici anni entrò nell’Ordine domenicano, che, nel 1588, lo mandò a completare gli studi a Cosenza, ove conobbe il pensiero di Telesio (1509-1588), che aveva elaborato una teoria della conoscenza ed un’etica fondate su principi naturali.
Divenne, così, sospetto ai suoi superiori e fu costretto a scappare a Napoli, ove studiò magia naturale ed occultismo con Giambattista Della Porta (1535-1615).
Nel 1591, fu sottoposto al primo dei processi, questa volta per eresia e pratiche magiche, che scandirono la sua molto avventurosa esistenza.
Uscito dal carcere dopo alcuni mesi, contravvenne all’ordine impartitogli di tornare immediatamente nei conventi della sua provincia e fuggì prima a Roma, poi a Firenze ed infine a Padova, ove conobbe Galileo.
Arrestato e torturato a Padova, fu poi trasferito a Roma, ove fu processato e condannato all’abiura; riabilitato dal Sant’Uffizio alla fine del 1596, fu nuovamente arrestato pochi mesi dopo e costretto a tornare a Stilo, in quella Calabria che, all’epoca, era sotto il dominio spagnolo, come tutta l’Italia Meridionale.
Qui, egli progettò una ribellione contro l’autorità politica e religiosa, per instaurare una Repubblica fondata sull’uguaglianza e sulla giustizia, dopo aver abolito la proprietà e le gerarchie sociali.
La congiura, però, fu scoperta, a causa della delazione di alcuni infiltrati, cosicché Campanella fu arrestato, nel 1599, processato per ribellione contro l’autorità politica ed eresia e torturato.
Al fine di scampare alla pena capitale, decise di fingersi pazzo: la mattina di Pasqua del 1600, diede fuoco al materasso e si fece trovare dai carcerieri riverso nella cella piena di fumo; per un anno, riuscì a superare tutte le prove a cui fu sottoposto per smascherarlo.
Alla fine, fu dichiarato ufficialmente folle ed evitò la condanna a morte, cavandosela con “solo” 26 anni di galera.
Uscito nel 1626 dal carcere napoletano, trascorse, sia pure in condizioni meno dure, altri due anni nelle prigioni del Sant’Uffizio romano.
Nel 1634, accusato nuovamente di complottare contro la Spagna, fugge a Parigi, ove viene accolto con tutti gli onori da Luigi XIII e dal Cardinale Richelieu, che lo protessero fino alla morte, avvenuta nel 1639.