Nel bicentenario della nascita,
ricordiamone anche gli aspetti anticlericali.
Dal sito della Kaos Edizioni:
Questo «Romanzo storico sui vizi e le nefandezze del pretismo» è un
feuilleton anticlericale. Pubblicato nel 1870, Giuseppe Garibaldi lo
presentò così:
«Stanco della realtà della vita, io stesso ho creduto bene di adottare il genere romanzo storico. Di ciò che appartiene alla storia, credo essere stato interprete fedele, almeno quanto sia possibile d'esserlo… Circa alla parte romantica, se non fosse adorna della storica, in cui mi credo competente, e dal merito di svelare i vizi e le nefandezze del pretismo, io non avrei tediato il pubblico nel secolo in cui scrivono romanzi i Manzoni, i Guerrazzi ed i Victor Hugo».
In "Continua" la prefazione completa.
PREFAZIONE
1. Ricordare all'Italia tutti quei valorosi che lasciaron la vita sui campi di battaglia per essa. Perché se molti sono conosciuti, e forse i più cospicui, molti tuttavia sono ignorati. A ciò mi accinsi come dovere sacro.
2. Trattenermi colla gioventù Italiana sui fatti da lei compiuti e sul debito sacrosanto di compire il resto accennando colla coscienza del vero le turpitudini ed i tradimenti dei governi e dei preti.
3. Infine campare un po' anche col mio guadagno.
Ecco i motivi che mi spinsero a farla da letterato, in una lacuna lasciatami dalle circostanze, in cui ho creduto meglio: far niente, che far male. Ne' miei scritti, quasi esclusivamente parlerò dei morti. Dei vivi meno che mi sia possibile, attenendomi al vecchio adagio: «Gli uomini si giudicano bene dopo morti».
Stanco della realtà della vita, io stesso ho creduto bene di adottare il genere, romanzo storico. Di ciò che appartiene alla storia, credo essere stato interprete fedele, almeno quanto sia possibile d'esserlo poiché, particolarmente negli avvenimenti di guerra, si sa quanto sia difficile il poterli narrare con esattezza.
Circa alla parte romantica, se non fosse adorna della storica, in cui mi credo competente, e dal merito di svelare i vizi e le nefandezze del pretismo, io non avrei tediato il pubblico, nel secolo in cui scrivono romanzi i Manzoni, i Guerrazzi ed i Victor Hugo.