Curata da Luigi Luca Cavalli Sforza e da Telmo Pievani la mostra “Homo Sapiens – la grande storia della diversità umana” è in questi giorni a Novara dopo essere stata per lungo tempo a Roma.
Speriamo che quella di Novara sia solo la prima tappa di un tour che consenta a più persone possibile di ammirarla nel nostro paese, ce n’è realmente bisogno per vari motivi.
Il primo di questi è che stiamo parlando davvero di una bellissima mostra, nata da un’idea originale e curata scientificamente nei minimi dettagli; che non tralascia nessuna delle scoperte più recenti della biologia e affronta la “diversità umana” sia dal punto di vista biologico che da quello etnologico.
Il lungo percorso delle del genere Homo che da qualche milione di anni è comparso su questo pianeta, e precisamente nel continente chiamato Africa, è estremamente affascinante. Dai primi passi dell’umanità impressi sulla cenere di un eruzione vulcanica, alle migrazioni fuori dall’Africa che hanno portato alla colonizzazione di tutto il pianeta, all’incontro con i “cugini” neanderthaliani, fino ai primi manufatti umani e le sfide di colonizzazione degli ambienti più estremi come l’Artico, la mostra curata in ogni dettaglio colpisce in primo luogo per la mole impressionante di informazioni che riesce a fornire al visitatore. È estremamente educativa e da molti spunti di riflessione, scientifici e filosofici.
Partendo ad esempio dal punto forse più controverso della nostra evoluzione, la coabitazione nel pianeta con altre specie Homo, la domanda a cui si cerca di dare una risposta oggi è “che fine hanno fatto tutti quanti?” Fino a 40.000 anni fa condividevamo il pianeta con altre quattro specie Homo, poi “improvvisamente” siamo rimasti solo noi Sapiens a diffonderci sul pianeta. Perché? Riferendosi in particolare all’Uomo di Neanderthal gli organizzatori della mostra mettono in evidenza la riflessione di John Darnton «Era più forte. Era intelligente come noi. È vissuto attraverso gli orrori dell’era glaciale, in ogni parte dell’Europa e dell’Asia Occidentale per circa 200.000 anni, poi è scomparso. Perché noi siamo qui e lui è sparito? Per citare Jack Nicholson in L’onore dei Prizzi “se era cosi maledettamente in gamba, com’è che è irrimediabilmente morto?”».
La questione non è di poco conto tenendo presente anche che gli ultimi studi genetici ci dicono che l’Homo Sapiens odierno è, probabilmente, ibridato con il Neanderthal.
Insomma una storia, quella della diversità umana, tutta da scoprire e da ammirare come fosse un film. E per continuare a giocare con le citazioni cinematografiche ricordiamo che Telmo Pievani paragona l’evoluzione dell’uomo al film “Sliding doors”, dove un semplice evento (il riuscire a entrare nelle porte del treno della metropolitana che si chiudono o il dover aspettare il treno successivo) mostra due storie completamente diverse dei protagonisti. Ecco, l’evoluzione (non solo quella umana) è una serie interminabile di sliding doors dove ad ogni bivio le cose sarebbero potute andare in maniera completamente differente e oggi il pianeta Terra poteva ritrovarsi come specie dominante un sauro-sapiens o un aracno-sapiens.
Questo ovviamente non deve far altro che farci apprezzare ancora di più la nostra particolarità e responsabilizzarci maggiormente a trattare con rispetto tutti i nostri compagni di viaggio nella strada del nostro futuro. Senza però cadere nel gioco di divinizzare la natura e ricordando sempre una citazione di David Raup anch’essa messa ben in evidenza nella mostra: “se l’estinzione fosse un gioco del tutto leale, noi non saremmo qui”.
Alessandro Chiometti