Tutti i padri della Chiesa , compreso Agostino, si affannano nel sostenere che i primi secoli sono stati una serie ininterrotta di attacchi alla Chiesa e che tutti gli imperatori sono stati selvaggi persecutori dei cristiani.
La storiografia seria ( Schneider, Knopf, Geffcken, Muller) ha dimostrato che per i primi due secoli le autorità si comportarono verso i cristiani con gli stessi criteri usati verso i culti pagani e che anche il numero di dieci persecuzioni è stato inventato per farne analogia con le dieci piaghe d’Egitto. Se si prescinde dal processo neroniano per incendio doloso è possibile documentare con certezza solo le persecuzioni avvenute sotto cinque imperatori dei cinquanta che hanno regnato tra Nerone e Costantino e che tutte ebbero durata minima e bassissimo numero di vittime.
All’incirca fino al periodo di Caracalla ( 211-217) l’odio verso i cristiani derivò più dal popolo che dalle autorità: essi erano sospetti politicamente e moralmente per il loro disprezzo per incarichi e dignità pubblici, per il rifiuto del servizio militare, il rifiuto dei tribunali statali per le proprie controversie, il rifiuto del giuramento e l’arrogante pretesa che il loro dio fosse l’unico da venerare, concetto assolutamente incomprensibile per i romani che amavano destreggiarsi tra tante divinità, a piacere, tutte ugualmente rispettabili. E maggior peso assunse il rifiuto del sacrificio agli dei in occasione di pubblici eventi nei quali la comunità non poteva concepire che qualcuno si rifiutasse di invocare l’aiuto divino: la vita pubblica era accompagnata da cerimoniali religiosi e la partecipazione al rito pubblico era la pietra di paragone della disciplina civile e della lealtà politica per cui la partecipazione era obbligatoria.
Anche le ordinanze degli imperatori più severi, come Diocleziano, di sacrificare agli dei non erano dirette contro il cristianesimo come tale né venivano emanate a esclusiva difesa dei culti pagani ma si prefiggevano unicamente l’unità interna dell’impero lasciando per il resto ognuno libero di seguire la propria fede. Se un cristiano rifiutava di sacrificare agli dei il suo gesto veniva interpretato dal popolo come atto sacrilego e lesivo della maestà imperiale, come disprezzo per le leggi che regolavano la vita della comunità.
L’eroica saga
Dal IV secolo in poi l’agiografia cattolica moltiplicò a dismisura il numero dei martiri e si aprì una caccia forsennata alla ricerca di ossa e carcasse da attribuire a presunti santi martiri: Ambrogio, il dottore della Chiesa, fu il trovatore e inventore dei santi Gervasio e Protasio della cui esistenza nessuno aveva mai saputo nulla ma che comunicarono a lui in sogno dove cercarli, così come gli avvenne a Bologna per le ossa dei presunti martiri Agricola e Vitale.
Di Giovanni Battista furono ritrovate due teste: la prima fu recata personalmente dall’imperatore Teodosio a Costantinopoli nel 391, la seconda fu scoperta da un monaco di Emesa nel 452.
I portenti degli eroi cristiani divennero col tempo sempre più eclatanti e si dà inizio ad un nuovo genere letterario, il Martirio Leggendario, ricco di fatti miracolosi dove il racconto “storico” viene sostituito dalla leggenda edificante. Policarpo viene messo al rogo ma non brucia ed emana un profumo meraviglioso; il boia gli dà il colpo di grazia ma il sangue estingue il fuoco e dalla ferita esce in volo una candida colomba. Alla ricerca del corpo di Stefano si apre la sua tomba e ne esce un profumo soavissimo che guarisce all’istante settanta uomini infermi. Animali feroci vengono aizzati contro di loro ma si accucciano ai loro piedi e leccano le ferite, spezzano a morsi le loro catene (Santi Paolo e Tecla);il boia è paralizzato e può operare solo con il loro assenso (Santa Perpetua); non c’è crudeltà che non venga impiegata: si estirpano denti, si strappano le unghie di mani e piedi, si cavano gli occhi, si scarnifica la pelle del viso e del corpo, si mette a nudo il loro cuore, li si immerge nell’acqua bollente, nella pece, nell’olio, nel piombo fuso ma senza che tutto ciò abbia effetto su di loro che continuano a cantare e lodare il cielo. Col corpo carbonizzato, sanguinolenti, nonostante la lingua mozzata tengono lunghe e sante disquisizioni per convertire i loro torturatori, passeggiano sui carboni ardenti come su un prato di rose, irridono i loro torturatori, compatiscono la loro stanchezza, li incitano a nuove e più raffinate torture, li pregano di arrostirli anche dall’altra parte ( la vergine Maura), ordinano, dal fondo di una pentola d’acqua bollente, di alimentare il fuoco.
San Giorgio, l’uccisore del drago, è immune alla tortura del pentolone bollente e, fatto a fette, resiste per ben sette anni prima di morire ed è perciò venerato dalla Chiesa Orientale come l’Arcimartire.
I martiri guariscono, esorcizzano demoni, abbattono al suolo idoli e templi pagani ma siccome, prima o poi devono morire, lo fanno tra profumi soavissimi e col sorriso sulle labbra.
Importantissimo il ruolo delle vergini: santa Agata subisce il taglio del seno che subito però le ricresce. Nella “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varagine si narra la vicenda delle 11.000 vergini che, dopo aver vagato al seguito di Santa Orsola, finiscono trucidate dagli unni alle porte di Colonia nell’anno 238 (peccato che gli unni arrivino in Europa più di due secoli dopo).
I cristiani muoiono in schiere sempre più numerose come nella storia inventata da Prudenzio che racconta di 300 suicidi buttatisi in una vasca di calce viva per evitare il sacrificio; è nota la leggenda della Legione Tebaica composta da 6.000 uomini, che, al tempo di Diocleziano, sarebbe stata trucidata in Svezia, evento inventato di sana pianta, un secolo e mezzo dopo, dal vescovo Eucherio di Lugdunum, notorio falsario e simoniaco.
In seguito i fabbricanti cristiani di leggende inventarono il martirio di 10.000 cristiani crocifissi sul monte Ararat e si favoleggiò il martirio, sotto Licinio in Antiochia, di San Pappo insieme a 24.000 suoi compagni dissanguatisi in cinque giorni su una sola roccia: in quell’occasione la terra tremò e tutti i malati che andavano in pellegrinaggio sulla loro fossa comune guarivano miracolosamente.
Quanti furono i martiri?
Uno dei massimi teologi cattolici del III sec., Origene, afferma candidamente
( Celsus, 3, 8) che “il numero dei martiri cristiani è piccolo e facile da contare”. La storiografia più seria fa ammontare alla cifra massima di 1.500 le vittime delle persecuzioni ( Deschner: Il gallo cantò ancora) in maggioranza tra soldati renitenti al servizio militare.
Il tutto nel periodo di tre secoli.
La quarta parte del numero dei valdesi trucidati in Calabria dal cardinale Antonio Ghislieri, futuro papa San Pio V, in meno di due mesi, maggio-giugno 1561.
La decima parte delle vittime della ferocia dei cristiani che nella notte di San Bartolomeo (23-24 agosto 1572) trucidarono circa 20.000 ugonotti.
La quattrocentosessantesima parte delle vittime della crociata contro i catari opera del papa Innocenzo III ( sec.XIII)
La millesima parte dei morti delle prime tre crociate nella cosiddetta Terrasanta.
E via contando.
Eraldo Giulianelli