La discesa in campo nella politica degli ispiratori del Family Day poteva anche andar peggio. Ad esempio i ladri avrebbero potuto svuotare le case di Adinolfi & co mentre questi si recavano alle urne. O i vigli potevano avergli multato la macchina fuori dal seggio. O se ad esempio il povero Adinolfi tornato a casa dopo aver adempiuto al suo dovere civico, avesse trovato i suoi figli a leggere “Il piccolo uovo” illustrato da Altan.
A livelli di risultati invece no. Realisticamente parlando non poteva andare peggio.
Nelle città più importanti il “movimento del family day” che si presenta pomposamente come “Il popolo della famiglia” raccoglie il suo massimo a Cagliari e a Bologna rispettivamente con l’1,19 e l’1,20 percento. A Torino si ferma allo 0,53 e a Napoli allo 0,36. Nella capitale dove si giocavano come candidato a sindaco il loro pezzo grosso Mario Adinolfi raggiungono un tristissimo 0,60 percento. Le battute sul fatto che hanno preso la cifra pari al prefisso della città si sono sprecate ovviamente.
Ora se stessimo parlando di persone in grado di ragionare razionalmente ci aspetteremmo di sicuro una severa autocritica e una rivisitazione delle proprie assurde posizioni sessuofobe.
Dato che invece sappiamo bene di chi stiamo parlando non ci meraviglia che abbiano già ricominciato a starnazzare millantando di influenzare (dall’alto delle percentuali da prefissi telefonici) i ballottaggi.
Ecco, vogliamo proprio vedere chi avrà il coraggio di presentarsi tra quindici giorni unendosi al movimento integralista e reazionario di Adinolfi.
Questo potrebbe davvero illuminare gli italiani su chi non votare al ballottaggio.
Alessandro Chiometti