Tredici milioni circa di italiani che sono andati a votare “si” per il referendum non sono pochi. Sono più dei voti presi dalla coalizione Pd-Sel alla camera nel 2013.
In un’ipotetica votazione politica avrebbero la maggioranza assoluta alla camera. Il problema è che non era una votazione politica ma un referendum con quorum e da come anni cerchiamo disperatamente di dire il referendum non è da tempo, un opzione spendibile. A meno che non si lavori a lungo in modo capillare e legato ai territori. Com’è successo con il nucleare e con l’acqua pubblica. Unico referendum raggiungere il quorum nei tempi moderni.
Diciamolo chiaramente questo era un referendum con un quesito ridicolo, si trattava di scegliere se una piattaforma estrattiva entro le dodici miglia marine che ha la concessione in scadenza nei prossimi anni potesse continuare ad estrarre il gas o il petrolio se il giacimento non era esaurito oppure dovesse far domanda di rinnovo. Scusate ma davvero, perché dovremmo saperla noi la risposta giusta a un quesito così tecnico?
Il problema è che fin da subito questo referendum è stato presentato come un’opportunità di “fermare Renzi”, di ridiscutere gli equilibri al governo, di far cambiare politica all’esecutivo. I referendum non servono per questo. I referendum servono solo per il quesito che propongono, punto e basta. Dare addosso a Renzi a testa bassa in modo finanche ridicolo come è stato in questo caso serve solo a rafforzarlo. Venti anni di Berlusconi dovrebbero avercelo insegnato… e invece no. Montanelli era ottimista. Questo ovviamente non vuol dire che gli inviti all’astensione, giunti anche da un ex Presidente della Repubblica, non siano irresponsabili e segno di un evidente assenza del senso civico in chi ricopre ruoli istituzionali.
Adesso all’orizzonte, dopo l’estate, un nuovo quesito stavolta senza quorum. Chi vorrà dare addosso a Renzi “a prescindere” dovrà convincere gli italiani che la trasformazione del sistema bicamerale con il ridimensionamento del senato (in termini di costi, di senatori e di funzioni) è sbagliato. Attenzione, non si parla di jobs act, non si parla di articolo 18, non si parla di esodati e non si parla di italicum. Lo ripetiamo: si parla, principalmente, della sacrosanta riforma del Senato e (finalmente) dell’abolizione dell’anacronistico sistema bicamerale perfetto. Cercate di spiegarci perché dovremmo essere contrari e magari Renzi evitate di nominarlo. Se come pensiamo non ci sono grandi motivi per essere contrari a questa riforma (capita a tutti i governi di azzeccarne una) forse è ora di cambiar tattica.
Alessandro Chiometti