1) Scrive Federico Bernardini sul sito "Il barbiere della sera":
“Agorà è un film velenoso, disonesto, orchestrato ad arte per ingannare lo spettatore e proporgli una visione storica fraudolenta, con lo scopo di seminare avversione nei confronti del Cristianesimo” [1].
Per completare il quadro, io aggiungerei: film mirante alla circonvenzione di incapace, nonché al plagio, soprattutto nei confronti dei giovani, notoriamente incolti, per un verso, inclini all’entusiasmo, nel senso letterale del termine[2], fors’anche al fanatismo, dall’altro.
Così, il pernicioso/nocivo film conseguirebbe, per lo meno, la più che meritata “Palma dell’infamia”.
2) Della suddetta visione storica fraudolenta, suppongo essere un cardine quanto segue:
“Amenàbar … vuol farci credere che dopo Costantino, e soprattutto dopo Teodosio, essi (i Cristiani; NdA) si trasformino in persecutori” [3].
Comunque la pensi il Signor Bernardini, Amenàbar, in questo caso, gode della buona compagnia degli Storici e, soprattutto, dell’ottima compagnia dei fatti.
I Cristiani furono senza dubbio perseguitati fino agli inizi del IV secolo, sia pur non in maniera costante, bensì periodica, e non perché gli Imperatori volessero distruggere la nuova religione, ma perché questa era in contrasto sia con i doveri verso lo Stato: sacrificare all’Imperatore, prestare servizio militare, (per citare quelli principali), sia con il caposaldo economico della società dell’epoca: la schiavizzazione di moltitudini di esseri umani, considerati “esseri inferiori”; di fronte a questa situazione, i Cristiani, giustamente, reclamavano la libertà di culto e la cessazione delle persecuzioni.
Nel 311, ottennero dall’Imperatore Galerio l’Editto, poi confermato da Costantino [4], che concesse al Cristianesimo lo statuto di “Religio licita” e comportava anche la restituzione dei beni confiscati durante le persecuzioni; in questo modo, il Cristianesimo si vide riconosciuto ufficialmente il diritto di esistere e di possedere beni.
Diversamente, però, da quello che accade nelle favole, non tutti vissero felici e contenti; anzi, per coloro che noi definiamo Pagani, cominciarono i problemi, che divennero una vera questione di vita o di morte a partire dalla promulgazione, nel 380, dell’Editto di Teodosio, che dichiarò il Cattolicesimo unica religione ammessa entro i confini dell’Impero, cosicché il culto pagano fu proibito e combattuto; perfino i Cristiani non Cattolici, ad esempio gli Ariani, furono considerati “gente folle e insensata”.
Iniziarono, pertanto, le persecuzioni (oppure, in questo caso, il termine non va usato?) contro i Pagani, ai quali, comunque, molto democraticamente, era lasciata una scelta: convertirsi o morire, come è illustrato anche dal “film velenoso, disonesto …”.
Può piacere o non piacere, ma se alle parole, soprattutto quando sono corroborate dai fatti, vogliamo ancora dare un senso, i Cristiani, o, più precisamente, i Cattolici, da perseguitati divennero persecutori.
3) Altro difetto del film.
“… non ci aiuta a capire la reale portata delle questioni politiche, sociali, ideologiche, filosofiche e religiose che si agitano in un mondo in dissoluzione ma nel quale sono già presenti i germi di quella che sarà la grandiosa civiltà medievale” [5].
Io aggiungerei che Amenàbar, molto colpevolmente, non ci permette di comprendere neppure il significato profondo e gli innumeri riflessi delle rivalità esistenti tra le due fazioni, gli Azzurri ed i Verdi, in cui si dividevano gli spettatori dell’ippodromo di Bisanzio.
Scherzi a parte: se si vuole manifestare il proprio, peraltro legittimo, dissenso rispetto ad un film, bisognerebbe trovare motivazioni più stringenti, poiché le argomentazioni di cui sopra mi sembrerebbero pretestuose persino riguardo ad un libro, visto che si potrebbero impiegare anche nei confronti di testi dalla mole non indifferente, come “Guerra e pace” di Tolstoj e “Giuseppe ed i suoi fratelli” di Thomas Mann; a maggior ragione, mi sembrano delle pretese eccessive nei confronti di un film.
Per quanto concerne “ la grandiosa civiltà medievale”, essendo stati già scritti testi capaci di riempire intere biblioteche, sia favorevoli che contrari a questo giudizio, mi limiterò ad una considerazione decisamente prosaica:
“Tutti i gusti sono gusti”, come sosteneva quel signore, che si soffiava il naso con due mattoni.
4) Pur essendo vero che il Cristianesimo si propose, come Bernardini afferma, anche come autorità politica e militare (e conseguì questo obiettivo), trovo, e non da oggi, per lo meno singolare che una religione, per di più sorta come fede degli ultimi e degli umili, sia divenuta un’istituzione pressoché indistinguibile da quelle profane all’epoca esistenti o successivamente sorte.
Resterebbe, poi, da dimostrare, ma il compito mi appare ineseguibile, che abbia evitato: “… che la società cadesse nell’anarchia” [6], tenuto conto del caos, che si produsse in Italia e nel resto d’Europa dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente.
Se mai, pur in mezzo a convulsioni non indifferenti, fu l’Impero d’Oriente a resistere ancora per, circa, mille anni alle forze disgregatrici interne ed esterne.
Lì, però, come è noto, la Chiesa ortodossa fu rigidamente sottomessa al potere politico (a scanso di equivoci: per quanto mi riguarda, neppure questa è la giusta impostazione dei rapporti tra Stato e Chiese, poiché le due sfere dovrebbero essere rigorosamente distinte e separate).
5) “E tutto ciò in un contesto magmatico e violento nel quale, per non essere sopraffatti, occorreva anche ricorrere alla forza, non solo contro il nemico esterno ma anche contro le eresie che minavano la chiesa dall’interno” [7].
Questo criterio, proposto peraltro da molti Storici della Chiesa, mi è sempre sembrato piuttosto debole, soprattutto perché cerca di giustificare l’operato non di un qualsiasi potere secolare, bensì quello di un’istituzione che si presenta come squisitamente spirituale.
6) “E’ in questa luce che dobbiamo considerare la figura di san Cirillo d’Alessandria, che Amenàbar ci presenta come un boia.
Non vi è alcuna fonte attendibile che ci autorizzi a pensare che egli sia stato il mandante dell’assassinio di Ipazia…” [8].
A mio avviso, le cose non stanno propriamente in questi termini:
“Il patriarca Cirillo si guadagnò la nomina di “ideatore spirituale del crimine” (Guldenppening ).
Persino il volume Riformatori della Chiesa, con tanto di imprimatur ecclesiastico (1970), scrive di costui, uno dei più grandi santi cattolici: “Almeno per la morte della nobile pagana Ipazia, egli è responsabile”.
Anche uno dei più obiettivi storici storici cristiani, Socrate ritiene che i seguaci di Cirillo e la chiesa alessandrina furono accusati del fatto” [9].
Inoltre, per inquadrare meglio quest’uomo, non è male ricordare che, subito dopo la sua elezione a Vescovo di Alessandria (17 Ottobre 412), perseguitò non solo i Pagani, ma anche i Cristiani giudicati eretici: i Novaziani, di cui fece chiudere con la forza tutte le chiese e di cui confiscò tutti i beni, ed i Messalliani o Euchiti.
Agli Ebrei, nel 414, Cirillo tolse tutte le sinagoghe, che avevano in Egitto; bisogna, invero, riconoscerGli una certa tolleranza: non le distrusse, ma si limitò a trasformarle in chiese cristiane; infine, come mostra pure il film, cacciò da Alessandria la più numerosa comunità ebraica della Diaspora, cioè più di 100. 000 persone.
7) “Non parliamo del modo in cui vengono descritti i “Parabolani”, il cui compito istituzionale era quello di assistere gli appestati e seppellire i morti.
E’ pur vero che essi svolgevano anche il ruolo di milizia al servizio del Vescovo e che, all’occorrenza, ricorrevano alle maniere forti, ma tutto ciò va considerato nel contesto storico.
Amenàbar ne fa delle bestie, dei perfetti “Talebani”.
Guardando la scena in cui essi abbattono gli idoli pagani non si può non pensare ai Buddha di Bamiyan …” [10].
Dal mio punto di vista, per descrivere nel modo Loro dovuto i Parabolani, non c’è bisogno di aggiungere altro a quello che fecero e che Bernardini stesso, in altra parte del testo, riconosce:
in gruppo, assalirono una donna, che aveva il “torto” di studiare e di continuare a difendere ed a diffondere concezioni scientifiche, filosofiche e religiose inaccettabili, dal profondo della Sua tolleranza, per il Cristianesimo;
La trascinarono nella chiesa del Kaisarion, dove Le cavarono gli occhi, mentre era ancora in vita e La uccisero con conchiglie o cocci taglienti;
infine, ne bruciarono pubblicamente la salma.
In sostanza, fu un sacrificio umano al Loro Dio.
Infine: le scene di un film producono negli spettatori le più varie reazioni e suscitano in loro le più diverse reminiscenze; a me, per esempio, è tornata in mente, più volte, la frase di Heinrich Heine:
“Là dove si bruciano i libri, si finisce col bruciare anche esseri umani”.
8) Apprendo con vero piacere che, all’epoca in cui avvenne il martirio di Ipazia, si era in presenza di un “Impero ormai cristianizzato” [11], poiché a me risultava che, per convertire gli abitanti delle campagne, costituenti l’80%, come minimo, della popolazione, la Chiesa abbia impiegato oltre un millennio.
9) Non essendo mia abitudine sparare sulla Croce Rossa, non mi soffermo su quanto da Bernardini affermato riguardo all’Illuminismo:
“ … un’opera (il film di Amenàbar; NdA) che si inquadra in un più ampio filone culturale che, dall’Illuminismo in poi, attraverso una sistematica opera di disinformazione e falsificazione storica, persegue lo scopo di gettare discredito sulla fede cristiana e, soprattutto, sull’operato dell’istituzione che ad essa fa riferimento” [12].
10) Pur non essendo stato un allievo del “… grande (concordo) Raoul Manselli”, fu grazie ad un esame dato con Lui, nell’ormai lontano Luglio 1975, che conobbi in maniera non manualistica i “poveri Catari” su cui Bernardini invita a non spargere lacrime, poiché “…erano un pericolo mortale non solo per il Cristianesimo, ma per l’intero genere umano” [13].
A prescindere sia dalla simpatia, che provai, e che perdura, per queste persone coerenti e determinate, sia dal fatto che non possedevano, comunque, la bomba atomica, sia dalla constatazione che il Loro feroce sterminio ad opera dei Cattolici non sarebbe giustificabile neppure se la affermazione di Bernardini fosse vera, vorrei richiamare l’attenzione sulla discriminante fondamentale: Loro convertivano non con la spada, ma con la predicazione.
11) Riguardo a quella che, nella mia indegnità tardo- (nel doppio senso del termine) illuministica, considero una gradevole boutade:
“… se c’è una religione che abbia tentato di conciliare Fede e ragione questa è il Cristianesimo” [14], mi permetto di rimandare a: “Benedetto XVI apologeta del Logos?” [15].
Non posso, comunque, esimermi dall’esprimere questo ragionevole dubbio: Raoul Manselli avrebbe definito l’Islam come:
“… le fandonie di una religione per Beduini”? [16].
Confessione finale.
In verità, in verità, dopo aver letto il sicuramente ampio dibattito, sviluppatosi sul “Barbiere della Sera”, ho pure un altro dubbio.
La frase più bella, che Petta e Colavito fanno pronunciare ad Ipazia, è:
“Se ci facciamo comprare, non siamo più liberi.
E non potremo più studiare.
Capisci, prefetto?
E’ così che funziona una mente libera.
Anch’essa ha le sue regole.
Per questo, Evagrio, non ci provare più, con nessuno di noi” [17].
Tuttavia, assumendo questa posizione radicale, Ipazia non è, forse, diventata una fondamentalista del Paganesimo?
Che sia stata Lei la vera Talebana?
NOTE
[1] Bernardini Federico, L’equazione di Ipazia: “Cristiano=Talebano”, in Barbiere della sera, 26 Aprile 2010.
La/il lettrice/lettore è invitata/o a prendere visione per intero del testo suddetto, nonché dei successivi commenti, in modo da formarsi un’idea personale, anche perché le citazioni da me fatte, necessariamente parziali, potrebbero non rendere sempre giustizia all’autore.
[2] In base all’etimologia, possiamo considerare l’entusiasmo come l’essere posseduti dalla divinità.
[3] Bernardini, cit..
[4] Per un’illustrazione sintetica della questione, si può vedere anche: Costantino: l’Editto che non c’è.
[5] Bernardini, cit..
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Deschner Karlheinz, Storia criminale del Cristianesimo, tomo II, Il tardo antico, p.136, Edizioni Ariele, Milano, 2001.
[10] Bernardini, cit..
[11] Ibidem.
[12] Ibidem.
[13] Ibidem.
[14] Ibidem.
[15] Bruschini Valerio, Benedetto XVI apologeta del Logos?.
[16] Bernardini, cit..
[17] Petta Adriano – Colavito Antonino, Ipazia, scienziata alessandrina 8 marzo 415 d.C., p.140, Lampi di stampa, Milano, 2004.