Uno spettacolo teatrale su Galileo Galilei in tempi di revisionismo storico dilagante?
Diciamo la verità, pochi oltre a Marco Paolini avrebbero avuto tanto ardire, ma per colui che è il più grande interprete italiano del “teatro civile” questa è solo una delle tante sfide (vinte) della sua carriera.
Uno spettacolo su Galileo dunque, o per meglio dire una vera e propria esegesi galileiana che parte dai suoi primi studi all’università di Pisa e arriva fino alla sua morte, sezionando minuziosamente quasi ogni scelta fatta dal “padre della scienza” nel corso della sua lunga vita.
Ma non solo questo. Lo spettacolo consta di una lunga introduzione che è necessaria in questi tempi ormai quasi antiscientifici (lo dimostrano le lunghe code alle ricevitorie del lotto e l’ossessionante spazio concesso in ogni dove agli oroscopi) per riportare lo spettatore al clima di speranza che c’era attorno alle nuove materie tecniche che cercavano di portare luce in un mondo avvolto dalle tenebre da lunghi secoli. In effetti, spiega il Paolini, Galileo allora era l’equivalente di un meccanico, uno che si cimentava con le materie “basse” e non con l’alta filosofia o con l’ancor più alta teologia. Uno che oggi sarebbe dell’Istituto Tecnico Industriale insomma, non certo dei licei.
Ma la storia di Galileo non è una storia a se stante, è la conseguenza di Copernico e Giordano Bruno, è l’intreccio con Giovanni Keplero e Tommaso Campanella e, ovviamente, è lo scontro con Bellarmino e le istituzioni ecclesiastiche.
Il tutto raccontato con lo stile inconfondibile di Marco Paolini, che fa ragionare lo spettatore e lo coinvolge nelle sue riflessioni e nel suo racconto.
Se risulta chiaro, nel corso dello spettacolo, che la differenza tra la scienza del nuovo mondo e la magia del vecchio sta nel fatto che mentre quest’ultima mostrava i risultati ottenuti avvolgendoli in una corte di oscurità la prima vuole svelare in primo luogo i meccanismi che portano a quel risultato, un’altra domanda resta invece in sospeso alla fine della meravigliosa performance dell’artista veneto; una domanda legata alla figura di Giordano Bruno che Galileo (come tutti i suoi contemporanei) non può ignorare perché “l’odore di bruciato si sente ancora”. Ovviamente parlo della differenza etica ma soprattutto pratica fra: “Avete più paura voi di pronunciare questa sentenza che non io nell’ascoltarla” del filosofo nolano e l’altrettanto famosa abiura dell’astronomo toscano.Per quanto io ci ragioni sopra non riesco a decidere quale dei due atteggiamenti merita più rispetto.
Se intellettualmente parlando la posizione di Giordano Bruno è ineccepibile, viene inevitabilmente da chiedersi quanto il mondo avrebbe perso senza “Discorsi e dimostrazioni matematiche”, ovvero l’opera conclusiva di Galileo (e forse la migliore) stampata nove anni dopo l’abiura e che non avrebbe potuto veder la luce se l’astronomo avesse scelto di difendere le sue idee fino alle estreme conseguenze.
La posizione di Paolini riguardo al tema si capisce nel corso dello spettacolo: pur sottolineando più volte la grandezza della figura e del lavoro di Bruno, l’attore la pensa come i contemporanei del nolano. Bruno ha sbagliato, con la sua mancanza di prudenza ha messo in pericolo tutti.
Ma questa risposta non può essere ovviamente condivisa da tutti.
Ad ogni modo ben vengano gli spettacoli che fanno riflettere e ci lasciano con molto materiale sui cui riflettere, onore a Marco Paolini e al teatro civile. Di questi tempi, un simbolo di speranza.
J. Mnemonic