L’Accademia pontificia chiede la testa di Fisichella: difese l’aborto di una bambina stuprata

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Cinque membri della Pontificia accademia per la vita, l’organismo vaticano che si occupa di bioetica, avrebbero scritto una lettera al Papa e al segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone per chiedere la rimozione del presidente dell’Accademia, Rino Fisichella.

La pietra dello scandalo è da ricercarsi nell’articolo “Dalla parte della bambina brasiliana” che il porporato scrisse sull’Osservatore romano poco meno di un anno fa, quando nel mondo cattolico scoppiava la polemica per la scomunica che il vescovo brasiliano José Cardoso Sobrinho aveva indirizzato ai medici e alla mamma di una bambina di nove anni per averla fatta abortire. La bambina, stuprata per anni dal patrigno, era incinta di due gemelli e gli stessi medici avevano dichiarato che portare a termine la gravidanza avrebbe messo in serio pericolo  la sua stessa sopravvivenza.

L’episodio era, di per sé, agghiacciante. Una infanzia abusata, una vita segnata per sempre da una violenza domestica perpetrata per anni. E la portatrice del messaggio di Cristo, la Chiesa cattolica, non trovava di meglio da fare che urlare ai quattro venti una scomunica per chi risparmiava a una bambina di soli nove anni un ulteriore sopruso, la gravidanza, o addirittura la morte.

In tutto ciò neanche una parola dalle gerarchie ecclesiastiche brasiliane sul patrigno stupratore: lo stupro – anche di un bambino –  è un peccato infinitamente meno grave dell’aborto, come gli illustri porporati non dimenticano di sottolineare ad ogni occasione.

Lo stesso mondo cattolico, che guardava con speranza al Vaticano affinché mettesse a tacere o quantomeno smorzasse i toni del solerte vescovo brasiliano, rimase di stucco quando Gianfranco Grieco, capo ufficio del Pontificio consiglio per la famiglia, avallò l’operato della Chiesa brasiliana: “La Chiesa non può mai tradire il suo annuncio, che è quello di difendere la vita dal concepimento fino al suo termine naturale, anche di fronte a un dramma umano così forte, come quello della violenza di una bimba. In questo caso i medici sono fortemente nel peccato perché sono persone attive nel portare avanti l’aborto, questa uccisione. Sono protagonisti di una scelta di morte“.

E torniamo ai presunti torti di Fisichella, da tempo in discussione nella Chiesa a prescindere dalla lettera che Federico Lombardi, portavoce vaticano, nega sia stata ancora recapitata. Lungi dal condannare la scomunica, il presidente della Pontifica Accademia si poneva delle domande, oseremmo dire umane:

Carmen (nome di fantasia, ndr) doveva essere in primo luogo difesa, abbracciata, accarezzata con dolcezza per farle sentire che eravamo tutti con lei; tutti, senza distinzione alcuna. Prima di pensare alla scomunica era necessario e urgente salvaguardare la sua vita innocente e riportarla a un livello di umanità di cui noi uomini di Chiesa dovremmo essere esperti annunciatori e maestri. Così non è stato e, purtroppo, ne risente la credibilità del nostro insegnamento che appare agli occhi di tanti come insensibile, incomprensibile e privo di misericordia. È vero, Carmen portava dentro di sé altre vite innocenti come la sua, anche se frutto della violenza, e sono state soppresse; ciò, tuttavia, non basta per dare un giudizio che pesa come una mannaia”.

Ma il punto cruciale, che potrebbe costare la testa a Fisichella, è il dubbio che traspare dalle sue stesse parole:

A causa della giovanissima età e delle condizioni di salute precarie la sua vita era in serio pericolo per la gravidanza in atto. Come agire in questi casi? Decisione ardua per il medico e per la stessa legge morale. Scelte come questa, anche se con una casistica differente, si ripetono quotidianamente nelle sale di rianimazione e la coscienza del medico si ritrova sola con se stessa nell’atto di dovere decidere cosa sia meglio fare. Nessuno, comunque, arriva a una decisione di questo genere con disinvoltura; è ingiusto e offensivo il solo pensarlo”.

Nella casa della certezza non c’è dubbio che regga, non c’è pietas che possa, anche solo per una volta, far cadere quel rigido castello di regole morali che non ammette deroghe o ripensamenti.

Non può non correre il pensiero ai numerosi casi di pedofilia nel clero che la Chiesa continua ad occultare se e quando può. La vita meramente biologica, dall’embrione al malato terminale che chiede solo di liberarsi del suo corpo, è sacra e inviolabile, quella reale di un bambino no. A quest’ultimo può essere somministrata un’altra forma di morte eterna che non sia biologica, ma il suo aguzzino, per la Chiesa, se la cava con una confessione e qualche preghiera. In attesa, magari, di assassinare un’altra infanzia. Tanto è gratis.

Cecilia M. Calamani – Cronache laiche

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