Uno dei massimi storici del cristianesimo, Giovanni Filoramo, nel suo “Storia del cristianesimo” (vol I cap. II par. 10), scrive: “Le fonti antiche che parlano di Gesù sono numerose, comprendendo in qualche modo tutto il Nuovo testamento e un paio di passi di Giuseppe Flavio, ancorché sull’autenticità di questi ultimi vi possano essere dei dubbi. Tuttavia i dati biografici che lo riguardano sono davvero scarsi, la quasi totalità dei quali essendo ricavabile dai quattro vangeli“.
Ora, come noto, gli scritti a carattere religioso, sebbene autorevoli o venerabili, non sono fonti storiche, nè hanno mai avuto la pretesa di esserlo. Rimangono quindi un paio di passi (più probabilmente uno – n.d.a.) di Giuseppe Flavio, scrittore e storico romano vissuto dal 37 al 100 d.c., da molti considerati una quasi certa interpolazione di autori cristiani postumi.
Lo stesso storico Giovanni Filoramo, in un breve carteggio che con lui avemmo un paio d’anni fa, correggendo evidentemente in senso restrittivo la sua affermazione sopra riportata, ammetteva che il passo (il cosiddetto testimonium flavianum) era uno solo e che con tutta probabilità era frutto di un’interpolazione. La sterminata storiografia coeva ma anche dei periodi immediatamente successivi, non fa cenno della figura di Cristo. Le fonti sono esclusivamente di natura religiosa, cioè di parte, e come tali non possono essere prese in considerazione dalla scienza, in questo caso dalla scienza storica.
Ciò detto, veniamo al secondo punto, quello che attualmente più ci interessa: la cosiddetta sacra sindone. Non sfuggirà a nessuno, anche qui, il dibattito infinito sulla vera natura della sindone, se essa sia stata veramente stesa sul corpo inerte di Cristo post mortem, o se sia semplicemente un tessuto risalente al medioevo posto sul cadavere di una persona qualunque.
Senza scendere in dettagli che potrebbero apparire noiosi, né ripercorrere l’infinità di prove addotte contro o a favore dell’autenticità di questo lenzuolo di lino, a noi sembra che un dato sia molto singolare: l’evidenza storica dell’esistenza di questo lenzuolo, comincia con le cronache della metà del XIV secolo. Guarda caso, lo stesso periodo cui l’esame (peraltro anch’esso contestato) condotto tramite datazione radiometrica con la tecnica del carbonio 14, eseguito contemporaneamente e indipendentemente nel 1988 dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, ha fatto risalire il lenzuolo, per l’appunto l’intervallo di tempo compreso tra il 1260e il 1390. La coincidenza è quanto meno molto singolare.
Orbene argomentando col criterio della ragione, ma anche solo della ragionevolezza, assommando alle scarse probabilità (storicamente e scientificamente fondate) dell’esistenza della figura di Cristo, le parimenti scarse probabilità che la sindone risalga a duemila anni or sono, ci sembra di poter dire che la “veridicità” di questo lenzuolo di lino sia ridotta davvero al lumicino. Tuttavia, in ossequio al metodo scientifico, al quale siamo anche affettivamente legati, tenendo conto che la scienza non è come la fede e di certezze assolute non ne ha, ci limiteremo a dire che le probabilità che questo lenzuolo sia stato effettivamente steso sul corpo di Cristo, sono veramente molto scarse.
Tra l’altro la Chiesa protestante, diversamente da quella cattolica, considera la venerazione della sindone, e delle reliquie in genere, una manifestazione di religiosità popolare di origine pagana, estranea al messaggio evangelico. Non ci sentiamo di discostarci troppo da quest’interpretazione di carattere etno-antropologico. In effetti l’adorazione dei feticci nelle religioni primitive (animismo e feticismo) era oltremodo diffusa; ma certi residui di credulità popolare, sovente legati anche alla magia, trovano tuttora una loro continuità in una serie di manifestazione che culminano, per l’appunto, nell’adorazione di una reliquia, nella credenza nel miracolo, nell’infatuazione mistica per figure portatrici di una qualche forma di sacralità (un santo o un mistico).
Tuttavia, finora abbiamo parlato di “corposi dubbi” sull’autenticità di una figura umana e di un oggetto della venerazione umana. Ci concediamo invece una certezza, almeno per una volta e una volta sola, in controtendenza col nostro approccio scientifico alle questioni della vita. Ci concediamo una certezza assoluta: l’ingente lucro che un fenomeno come l’ostensione della Sindone assicurerà alla Chiesa, alle organizzazioni collaterali, e probabilmente anche a molti devoti che orbitano nel circuito mediatico e commerciale di questa grande manifestazione collettiva.
Per le prossime settimane si stimano due milioni di presenze in Torino per assistere all’ostensione. E, come se non bastasse, ai soldi lucrati alla credulità popolare nell’anno del signore 2010, vanno aggiunti anche quelli nostri personali, quelli di noi tutti che ci troviamo a finanziare questa credulità per quello che, con tutta probabilità, è: un gigantesco, incommensurabile bluff.
La Provincia di Torino ha già deliberato l’erogazione di 750.000 euro, mentre il Comune ne stanzierà un milione. Certamente anche la Regione farà la sua parte. Solo l’altro ieri gli enti locali hanno protestato animatamente contro i tagli ai loro bilanci da parte del governo centrale. Ma se questo è il modo di utilizzare i fondi pubblici, allora fa bene il Governo a tenersi ben stretti i soldi; otto per mille a parte, forse c’è la possibilità che vengano impiegati molto meglio, specialmente in un periodo di profonda crisi come questo.
Stefano Faraoni – Cronache Laiche