Si chiama Intelligent Design (ID), e cioè Disegno Intelligente.
È l'ultimo espediente escogitato per fornire un argomento che abbia sapore di rispettabilità scientifica a tutti quelli che nutrono una incoercibile antipatia nei confronti dell'oramai super-confermato modello darwiniano dell'evoluzione biologica.
Nato una decina di anni fa negli Stati Uniti, il movimento ID non si dichiara affatto contrario al concetto di evoluzione in quanto tale, non fa il minimo riferimento alla biblica Genesi (rifiuta anche l' etichetta di ‘creazionismo', basato sulla interpretazione letterale dei sacri testi), anzi, pur supponendo un creatore, non si preoccupa di specificarne l'identità. "Benone!" qualcuno potrebbe dire. "Ci troviamo davanti ad un movimento non ideologico a cui sta a cuore l'appuramento scientifico della verità!". Ma neanche per sogno! Il movimento ID è in realtà finanziato da vari gruppi cristiani conservatori, ed i suoi più illustri esponenti sono associati al Center for Science and Culture del Discovery Institute di Seattle (Washington), il quale nel 1999 ha fatto comparire su Internet i suoi obiettivi e strategie. Esso definisce l'idea dell'uomo creato ad immagine di dio "uno dei principi fondanti su cui è stata costruita la civiltà occidentale" e si batte per "la distruzione del materialismo e della sua eredità culturale" basantesi, questa, su Darwin, Marx e Freud, "padri di una concezione materialistica che ha virtualmente infettato ogni ambito culturale". Ecco svelata perciò quella sorta di pudore prudenziale che gli ‘ID – men' sembrano mostrare. Somiglia tanto ai classici due o tre passi indietro che si fanno per poi ripartire alla carica. Sono biblici fondamentalisti e riescono a mala pena a dissimulare.
La buona notizia (o cattiva; dipende dai punti di vista) è che da non molto tempo dopo il suo debutto l'ID ha cominciato vistosamente a perdere i pezzi ed ad entrare in conflitto con sé stesso. La maggior parte dei biologi lo considera ormai spazzatura scientifica e lo riconosce per quello che è: un movimento fideista. La notizia clamorosa di questi giorni (v. ‘Leonardo – il TG delle scienze' RAI3, 21/12/05) è che un Giudice Federale di Harrisburg (Pennsylvania) ha dichiarato l'insegnamento dell'ID "contrario allo spirito della Costituzione americana" (addirittura!), e la cosa potrebbe finire alla Corte Suprema. Quindi, almeno nello Stato della Pennsylvania, Darwin ha per ora vinto.
Ma cosa affermano i fautori dell'ID? Cosa contestano precisamente a Charles Darwin?
Per i lettori più distratti sarà bene ricapitolare sinteticamente ciò che l'evoluzionismo di marca darwiniana afferma.
L'evoluzione dei viventi è un'azione combinata di mutazioni casuali e di selezione naturale. Una mutazione del codice genetico (DNA) di un individuo (che avviene in modo del tutto casuale), modifica le funzioni di alcuni suoi organi. A decidere della bontà o meno di questa modifica sarà poi l'ambiente in cui l'individuo vive. Se la modifica costituirà un vantaggio per la sua sopravvivenza, il nuovo organismo sarà più diffuso nella prossima generazione. Questa è la selezione naturale.
Veniamo all'ID. Esso afferma principalmente che gli organismi viventi sono troppo complessi per essere spiegati da un processo spontaneo; un processo, cioè, non guidato ed indirizzato da un progettista dotato di intelletto. E quale intelletto! Michael J. Behe, il più famoso scienziato ID, fa leva sulle più recenti ricerche sulla cellula, che hanno rivelato la sbalorditiva insospettata complessità di molti suoi componenti, e non solo: la loro "irriducibile complessità". Che vuol dire? Le strutture irriducibilmente complesse, come effettivamente sono quelle cellulari, devono avere ‘da subito' tutte le loro componenti presenti, altrimenti non è che funzionerebbero meno bene: non funzionerebbero affatto. Questo confuta il perfezionamento incrementale di marca darwiniana. La cellula dunque deve essere stata inizialmente progettata, poi l'evoluzione in stile darwiniano può anche aver fatto il suo corso.
In realtà i biologi sanno da tempo che sistemi irriducibilmente complessi possono costituirsi anche darwinianamemte. Delle strutture possono evolvere per assolvere una certa funzione, ed essere poi cooptate per un' altra funzione del tutto differente ed irriducibilmente complessa.
Ancora: è possibile un percorso ancor più diretto. Un componente potrebbe aggiungersi ad una struttura cellulare senza essere inizialmente indispensabile a questa. Col ripetersi del processo, le varie componenti aggiunte, nel loro insieme, potrebbero diventare di colpo necessarie per svolgere una funzione. Il biologo H. Allen Orr lo spiega con un simpatico esempio: "Quando installiamo nell'auto optional come il Global Positioning System (GPS) non lo facciamo perché sono necessari, ma perché sono carini. Nessuno però si sorprenderebbe se tra cinquant'anni i computer dotati di GPS guideranno le nostre macchine. A quel punto, il GPS non sarebbe più un gadget, ma un componente essenziale della tecnologia di un automezzo".
La cosa più eclatante è che, del fatto che le irriducibili complessità si costituiscano proprio nei modi suddetti (schiettamente darwiniani), esistono ormai prove soverchianti. Finché ha potuto, Behe ha fatto finta di non vederle, ma poi, messo alle strette, ha dovuto ridimensionarsi e dichiarare: "Sono d'accordo sul fatto che la mia tesi contro il darwinismo non rappresenta una prova logica". Quantomeno…
William A. Dembski è un altro valoroso ‘ID – man'. Nella sua lotta contro Darwin si appoggia essenzialmente a due argomenti. Il primo è quello di ‘complessità specifica', tramite il quale è possibile, a suo dire, riconoscere i prodotti dell'intelligenza nel mondo naturale, e che riecheggia la vecchia ‘prova cosmologica' dell'esistenza di dio (la balorda metafora dell'orologio e dell'orologiaio, per capirci) che Immanuel Kant dimostrò priva di ogni base razionale.
Dembski invoca la sorprendente somiglianza tra i meccanismi che troviamo negli organismi viventi e quelli costruiti dalla tecnologia umana (ad es. la struttura dell'occhio è assemblata proprio come farebbe un ingegnere che volesse costruire un apparecchio fotografico). Questa è appunto la complessità specifica, fin troppo evidente, secondo lui. In realtà si tratta di una pia illusione ottica. Gli organismi non cercano affatto di realizzare il progetto di un ingegnere, ma di aver successo nella lotta per la sopravvivenza. Qualsiasi organo potrebbe essere tranquillamente acquisito o sacrificato se questo fosse utile al maggior numero possibile di discendenti. Questo dimostra che non c'è in natura alcun finalismo, nessun punto di arrivo, e perciò nessun ‘disegno a priori'.
Il secondo argomento di Dembski è di carattere schiettamente matematico, e si basa sui cosiddetti teoremi No Free Lunch (NFL) elaborati dai fisici D. H. Wolpert e W. G. Macready e riguardano l'efficienza degli algoritmi di ricerca (insomma: formule per risolvere problemi). Dembski sostiene che se si considerano i processi evolutivi, il modello darwiniano, che certamente è un algoritmo di ricerca, non risulta migliore di un altro basato sulla pura casualità. Ciò rende superflua l'azione della selezione naturale, e dato che è insostenibile che i sistemi viventi si siano costituiti per solo caso, i teoremi NFL dimostrano che esiste una sola spiegazione plausibile per la complessità degli organismi: l'intelligenza. Purtroppo per Dembski (e per l'ID) le cose stanno in modo più complesso. Il fatto è che nei casi di coevoluzione, cioè quando due o più specie viventi si evolvono una in funzione dell'altra, e che rappresentano la grande maggioranza dei processi evolutivi, i teoremi NFL, semplicemente, non funzionano. Non servono a niente.
La confusione creata da Dembski è tale che è dovuto intervenire uno degli autori (Wolpert) dei teoremi NFL, il quale lo ha pubblicamente diffidato dall'usare ancora in modo "fatalmente informale ed impreciso" quei teoremi. Sicché anche per Dembski l'ora dell'autoridimensionamento è fatalmente suonata: "Non ho mai sostenuto che le teorie dell'NFL fornissero una confutazione diretta del darwinismo" (quantomeno …).
E' quello che dichiara adesso.
I più accorti di voi si saranno… accorti (e che altro mai… eh, eh!) che mentre per Behe il principio di selezione naturale è comunque necessario, per Dembski è, in un caso ammissibile, e nell'altro da escludere decisamente. Questo è appunto il terribile conflitto creatosi all'interno dell'ID a cui mi riferivo all'inizio.
Ma a questo punto, dopo tutte queste sofisticherie, possono forse risultare maggiormente efficaci le parole sgorgate dal cuore del prof. Francesco Cavalli Sforza, figlio del più noto prof. Luca, in una recente puntata de ‘L'Infedele' (La7):
"Noi sappiamo che la vita ha una vastità straordinaria; ci sono milioni di specie. Sappiamo che oltre il 99% delle specie si sono estinte. Ora io osservo questo: se questa organizzazione, questa grande ricchezza del vivente è frutto del caso e della necessità nel corso dell'evoluzione, questo è un risultato straordinario, un eccezionale equilibrio che si è prodotto. Ma se questo è frutto di un disegno intelligente, ma questo disegno intelligente, è poveraccio! Non mi spiega niente dei massacri che hanno accompagnato l' umanità negli ultimi millenni della sua storia; non mi spiega niente della sparizione del 99,6% delle specie che sono vissute sul pianeta. Se c'è un disegno intelligente, in che direzione punta? Dove va?…".
I colpi ricevuti dall'ID sono ormai tali che si potrebbe chiudere qua, ma non resisto alla tentazione di ampliare il discorso e portare così il mio personale modesto contributo. Tenterò di farlo in modo speculativo con un ragionamento che un neo-positivista (per esempio) definirebbe metafisico, ed in un certo modo lo è (se per metafisica si intende lo studio dei caratteri più generali e fondanti della realtà). Per questo mi improvviso novello Galileo (aiuto!) ed immagino un dialogo tra SALVIATI (me stesso), laico e darwinista, e SIMPLICIO, religioso e seguace dell'ID.
SALV. – Può qualcosa di meno complesso, creare qualcosa di più complesso di lui?
SIMP. – Una creatura più complessa del suo creatore? Beh, a prima vista direi che è assurdo
SALV. – E a ‘seconda vista'? Riflettici pure sopra quanto vuoi – (secondi di silenzio)
SIMP. – Beh, sì, confermo quanto detto: è impossibile
SALV. – Ma se così è, dio deve avere una complessità maggiore del mondo da lui creato, e la conseguenza è che la questione da voi posta si ripresenta tale e quale per dio. Esso è qualcosa di troppo complesso per non pensare che non ci sia qualcuno che lo abbia creato… e così via all' infinito.
SIMP. – Quanto detto non può essere applicato a dio! Dio è puro spirito, e le modalità dello spirito non possono essere dedotte da quelle dei sistemi materiali
SALV. – Quam velles! (come ti pare – nda) una gran comodità questo puro spirito! Può fare e disfare come gli pare. Mettiamola così: lo spirito, cioè dio, sebbene di natura essenzialmente diversa dalla materia, possiede una sua struttura interna, o è un qualcosa di omogeneo ed indifferenziato?
SIMP. – E come possiamo saperlo?
SALV. – Ma come?! Andate in giro a dire che è uno e trino, però non sapete se è strutturato o meno! E poi: se spirito e materia fossero due istanze separate e distinte, come potrebbero entrare in comunicazione? Come potrebbe dio interagire con la materia e quindi organizzarla? Tutto questo poi ammettendo l'esistenza di una contrapposizione ontologica tra materia e spirito, che molti – ed io tra questi – non ammettono.
SIMP. – Ma… ma se fosse così… vorrebbe dire che dio è anche materia!
SALV. – Bravo ciccio! Vedo che quando ti ci metti… Come vedi, la rappresentazione della divinità non è affatto unica. Voi cristiani siete così mal abituati che come si dice dio… voilà, è quello lì, e non pensiamoci più!
SIMP. – Come se di dio ce ne potessero essere due o più!
SALV. – Anche ammettendo quello che intendi, e cioè tralasciando di discutere su quanto sia lecito assegnare un numero a dio, foss'anche ‘uno', (il matematico Georg Cantor, che era dei vostri, volle identificare dio con l'infinito. Andò in crisi nera quando si accorse che di infiniti ce ne sono… infiniti!) come fai a sapere che si tratta del dio tuo?
SIMP. – Perché me lo dice la fede, che è un dono gratuito di dio!
SALV. Alt! Fine. Scopo raggiunto. Voi tirate fuori i doni di dio come un baro tira fuori gli assi dalla manica. Detto questo, dichiaro che lo scopo del nostro dialogo è raggiunto. Non esistono argomenti razionali che possano esser tirati fuori per dimostrare che il mondo, la vita e tutto il resto, siano opera di un dio. Il tuo in particolare. È solo un fatto di fede.
SIMP. – Beh, principalmente.
SALV. – Soltanto!
SIMP. – … soltanto …