7.8.2008
Da Osijek, scrive Drago Hedl
Critiche alla Croazia per i funerali di Dinko Šakić, responsabile del campo di concentramento ustaša di Jasenovac. Scandalosa omelìa del sacerdote durante il rito funebre. Silenzio della Chiesa, condanna di Mesić
Nel giro di una settimana la Croazia è stata di nuovo investita da critiche internazionali per le modalità con cui si sono svolti i funerali di Dinko Šakić, ex responsabile del campo di detenzione degli ustaša a Jasenovac, e per il benvenuto euforico tributato a Zvonko Bušić, dopo 32 anni passati in carcere negli Stati Uniti a causa di atti terroristici.
Efraim Zuroff, direttore del Centro Simon Wiesenthal di Gerusalemme, ha espresso la propria amarezza al presidente croato Stjepan Mesić per il modo in cui sono stati organizzati i funerali di Dinko Šakić, il responsabile del campo di Jasenovac.
"L'idea che l'ex capo di Jasenovac, indubbiamente uno dei peggiori campi di concentramento attivi in Europa durante la Seconda guerra mondiale, dove sistematicamente venivano uccisi molti innocenti (serbi, ebrei, croati antifascisti e rom) possa essere sepolto in divisa ustaša, nonché lodato da un prete come modello per tutti i croati, è un'offesa a tutte le vittime degli ustaša e alle persone di coscienza in tutto il mondo", ha affermato Zuroff nella sua lettera a Mesić.
La reazione di Zuroff si è concentrata sullo scandaloso discorso del sacerdote Vjekoslav Lasić, che ha parlato di Šakić come di un eroe nazionale. Lasić ha dichiarato che la corte che ha condannato Dinko Šakić ha condannato anche la Croazia e il suo popolo, e inoltre ha aggiunto che "ogni croato onesto dovrebbe onorare il nome di Šakić".
L'associazione dei giovani antifascisti di Zagabria ha inviato una lettera aperta al cardinale Josip Bozanić, protestando contro il discorso del padre Lasić sulla tomba di Šakić, e chiedendo inoltre il ritiro del suo permesso a svolgere le funzioni pastorali. "La Chiesa cattolica dovrebbe dimostrare che si è davvero liberata degli oneri del passato, e che non tollera più sacerdoti che celebrano i crimini commessi dagli ustaša, né la cosiddetta NDH (Nezavisna Država Hrvatska, Stato Indipendente della Croazia) di Ante Pavelić", riporta la lettera, che non ha ricevuto alcuna risposta.
L'ufficio del presidente Mesić ha diramato un messaggio che ricorda "la netta condanna [da parte del presidente] dei crimini degli ustaša, espressa già innumerevoli volte, e la sua condanna del regime ustaša come criminale". Il messaggio del presidente ricorda poi che "poiché i preti durante i servizi religiosi non si presentano come semplici privati cittadini, è impossibile interpretare le parole enunciate ai funerali di Šakić come un'opinione personale del sacerdote che ha svolto il servizio".
Šakić (87 anni) è morto il 20 luglio scorso in un ospedale di Zagabria, nel quale è stato trasportato, a causa della sua salute precaria, dal carcere dove scontava una condanna a 20 anni. Fino al 1998 Šakić si nascondeva in Argentina. E' stato poi estradato in Croazia e processato per crimini di guerra e in seguito, nell'ottobre del 1999, il Tribunale circoscrizionale di Zagabria l'ha giudicato colpevole e l'ha condannato al massimo della pena prevista.
Il Tribunale ha accertato che Šakić ha commesso violazioni, torture e omicidi nel periodo in cui era a capo del campo di Jasenovac, e che inoltre non aveva fatto nulla per impedire tali violazioni e punirne i responsabili, ma aveva ucciso di persona, a colpi di pistola, quattro detenuti del campo oltre ad aver ordinato l'impiccagione di altre 22 persone.