Qualcuno tra i più giovani non ha vissuto gli anni ‘80 in cui siamo cresciuti noi che abbiamo raggiunto il mezzo secolo di vita.
A quell’epoca dominava l’asse Reagan-Thatcher nato da due “questioni parallele” caratteristiche del periodo: una politica (combattere il comunismo) e l’altra economica (combattere la stagflazione).
Tale asse, oltre che politico-economico, non faticò a diventare “ideologico” fino a condizionare la politica dei decenni successivi in molte nazioni occidentali: a fine anni ‘80 essere filo-atlantici significava essere dinamici, liberisti (spesso confondendo tale termine con liberali), moderni, anti-comunisti, ambiziosi e aggressivi (come la Enron), e dato che “ogni Mordor ha la sua Isengard” in ogni paese non sono mancati tentativi di estremizzazione locale di tali tendenze.
In Italia per esempio dal craxismo degli anni ‘80 si è passati al dopo-tangentopoli degli anni ‘90 dove “cavalieri” hanno concorso in politica con le ben note conseguenze che conosciamo tutti e con epigoni sedicenti di sinistra che ne hanno assimilato il DNA.
Conseguenze di ciò in Italia come in gran parte dell’Occidente è stato uno smembramento dello stato sociale (era troppo da comunisti avere sindacati influenti e diritti dei lavoratori sanciti da uno statuto), nonché una distruzione delle rispettive middle class così come le conoscevamo, ma questo tema lo riprenderemo a breve.
Chi volesse rimembrare la questione politica a trent’anni di distanza potrà constatare che il comunismo è stato combattuto (anche perché “quel comunismo” non è che fosse così bello come qualcuno lo decantava), il muro è crollato, ma le disuguaglianze sociali sono rimaste (ed anche un pochino aggravate) e potremmo dire che il “finto amico di oggi”, nato dalla ex Unione Sovietica di ieri antidemocratica e dittatoriale, sia di gran lunga meno democratico di quello che avremmo auspicato, visto il trattamento che riserva alle comunità GLBTQ e visto anche che è stato depenalizzato il picchiare liberamente a casa mogli e figli (ma anzi costituirebbe secondo i “sociologi della steppa” un modo per far nascere “famiglie più forti”).
Chi invece volesse rimembrare la questione economica e la trasformazione che ne è derivata può farlo comodamente guardando i seguenti video 1 e 2, il secondo dei quali è quello più inerente all’analisi che ci interessa da vicino ed inizia subito con la signora Margaret Thatcher che al momento della sua nomina sbandiera il testo di Von Hayek (ideologo del libero mercato: quello stesso libero mercato che 50 anni prima provocò il disastro del ’29 e quindi indirettamente la salita al potere del nazismo) e descrive le conseguenze strategiche (per non dire planetarie) della politica atlantica varata da quell’asse USA-UK a cui tutto l’occidente volente o nolente ha dovuto sottostare negli anni successivi.
Quelle conseguenze economiche le abbiamo viste tutti e ognuno le ha vissute nel quotidiano: abbiamo assistito alla distruzione della classe media, alla deregulation, allo smembramento del welfare in molti paesi, alla globalizzazione e alla nascita del precariato di massa (e ricordiamoci sempre che, dal punto di vista politico, opporsi a tutto ciò significava “essere comunisti” ed anche essere presi a manganellate al G8 del 2001 per le strade o nella scuola Diaz di Genova).
Ma non basta perché nella follia euforica del periodo, sempre per “supposte esigenze economiche di libero mercato”, già negli anni ‘90 nel nostro paese (secondo qualcuno come i signori Fini e Pannella) chiunque poteva fare tutto (anche un intervento sulle coronarie o progettare antisismico in zona sismica senza la necessaria laurea) e pochi se lo ricordano ma in tempi recentissimi una tale Mariastella (famosa per il tunnel CERN-Gran Sasso) ha nuovamente ipotizzato la necessità di abolire il valore legale di qualsiasi laurea.
A questo punto che succede ?
Succede che i due paesi autori di tale “frittata economica mondiale” eleggono un presidente repubblicano come lo fu Reagan ed una premier conservatrice come lo fu la Thatcher (della quale tra l’altro la stessa neoeletta si dichiara grande ammiratrice) i quali fondano un nuovo asse atlantico paragonabile in tutto e per tutto a quello dei due loro grandi antesignani.
Un nuovo asse atlantico per fare che cosa ? …Per scoprirlo, riportiamo le parole testuali della nuova lady di ferro citate dall’articolo del Sole 24Ore: “Se guardate all’approccio dei nostri due Paesi, credo che una delle cose che abbiamo in comune sia quella di mettere al centro la difesa degli interessi dei lavoratori ordinari. Di quelle persone che lavorano moltissime ore, che fanno del loro meglio per le proprie famiglie, ma che nonostante il sacrificio sentono che il destino è contro di loro. Dobbiamo essere sicuri che le nostre scelte, il nostro governo e la nostra economia, aiutino davvero questa categoria sociale”.
Traduzione: la destra americana e quella inglese dagli anni ‘80 del secolo scorso hanno scatenato una corsa al libero mercato che (seppure necessaria e apparentemente risolutiva per l’epoca) sarebbe dovuta esser messa a freno quando avesse esaurito le sue finalità specifiche, ma dato che ciò non è stato fatto l’intero mondo occidentale (e non solo quello) ne ha pagato le conseguenze vedendo distrutti gli interessi dei lavoratori ordinari, il welfare, e creando la peggiore precarietà economica dell’ultimo secolo mitigata solo da poche toppe “tecnologico-sociali”.
Ricordiamolo ancora una volta (perché repetita juvant) : chi si opponeva a tale politica era tacciato di essere comunista!
Adesso i due suddetti paesi, sempre attraverso le cordate politiche che si sono rese responsabili di tutto ciò, non solo stanno continuando a danneggiare l’Unione Europea (obiettivo questo che è sempre stato al centro di alcuni interessi americani) ma si oppongono a quella stessa globalizzazione che hanno creato e sembrano riscoprire improvvisamente quell’economia keynesiana che i loro antesignani disdegnavano e adesso lanciano lo slogan per cui “gli interessi dei lavoratori ordinari”, che le loro stesse cordate politiche hanno distrutto, siano il primo fine della loro politica, e in tutto questo hanno anche la pretesa di tornare a fare gli arbitri del mondo come 35 anni prima dopo i danni che hanno creato nel passato recente, accusando altri di esserne stati i responsabili.
E dato che una certa politica di casa nostra non brilla di luce propria è legittimo chiedersi se Il prossimo Berlusconi che avremo al governo affermerà di essere a favore dei lavoratori e ripristinerà l’articolo 18 dopo essersi dichiarato pubblicamente “amico di Donald e di Theresa”.
Non voglio apparire assolutamente filo-europeista esponendo le suddette considerazioni perché fino a questo momento tra Bruxelles e Strasburgo si sono avute effettivamente alcune disonestà intellettuali, ma mai di queste proporzioni strategiche.
Francesco Saverio Paoletti