Nel 2004, il distretto scolastico di Dover, in Pennsylvania, cambiò il programma di insegnamento della biologia per inserire un dettaglio non da poco: la cosiddetta teoria del disegno intelligente doveva essere presentata come un’alternativa alla teoria dell’evoluzione di Darwin. Una decisione che suscitò forti polemiche e che l’anno successivo portò al celebre caso Kitzmiller vs. Dover Area School District (Pikaia ne ha parlato qui, qui e qui). Dopo tre mesi di dibattito, il giudice John E. Jones III – un repubblicano nominato da George W. Bush – dichiarò incostituzionale il tentativo di presentare una posizione non scientifica come il disegno intelligente come alternativa alla teoria dell’evoluzione.
La sconfitta non pose fine a simili tentativi ma costrinse i sostenitori del creazionismo a cercare nuove vie per portare avanti la loro battaglia ideologica, mascherandone gli elementi più controversi per adattarsi al panorama legislativo.
Una battaglia che prosegue da più di novant’anni e che ha attraversato diverse fasi. La prima iniziò negli anni 20, con la proibizione dell’insegnamento dell’evoluzione nelle scuole pubbliche e il processo Scopes, e si concluse nel 1968, quando questa proibizione venne dichiarata incostituzionale. La seconda ebbe inizio subito dopo, quando i creazionisti iniziarono un’intensa attività di lobbismo per insinuare la loro dottrina nei programmi scolastici accanto alla teoria dell’evoluzione. In quest’ottica, si passò dal creazionismo biblico alla creation science fino ad arrivare al disegno intelligente, in un passaggio dall’antievoluzionismo (negare il concetto stesso di evoluzione) all’antidarwinismo (riconoscere l’evoluzione come un fatto ma negarne la spiegazione darwiniana). Dopo la sentenza del 2005, ebbe inizio la terza fase, la cui strategia consisteva nell’evitare qualsiasi riferimento esplicito al creazionismo.
Una vera e propria evoluzione per adattamento, come dimostra lo studio pubblicato su Science da Nicholas Matzke, ricercatore della Australian National University che collaborò con il National Center for Science Education durante la preparazione del processo Kitzmiller. Matzke si è concentrato sulla terza fase – quella dello “stealth creationism” – raccogliendo 67 proposte di legge avanzate da governatori locali a partire dal 2004, tre delle quali sono diventate legge in Louisiana, Tennessee, e Mississippi.
Tramite un’analisi testuale delle proposte basata sulla filomemetica, che usa gli strumenti della statistica filogenetica per studiare la trasmissione culturale, Matzke ha identificato le parti di testo che erano state copiate, passando dall’una all’altra, e le modificazioni che avevano riportato. Ripercorrendo a ritroso le tappe di questa “discesa con modificazioni” è quindi risalito a sette proposte di legge che hanno le maggiori probabilità di essere gli antenati comuni di tutte quelle successive. Ma soprattutto, ben 63 delle 65 proposte analizzate mostravano di avere un legame diretto, per via dei loro contenuti o dei loro promotori, al creazionismo.
La ricostruzione di Matzke ha anche evidenziato due principali linee di intervento legislativo: gli academic freedom acts (AFA) e i science education acts (SEA). I primi erano piuttosto diffusi soprattutto fra il 2004 e il 2005, e dovevano molto al modello base diffuso dal Discovery Institute, una influente fondazione statunitense che sostiene la dottrina del disegno intelligente. Il caso Kitzmiller mise in crisi questo modello, costringendo i suoi supporter a cercare risorse che non fossero direttamente collegate al Discovery Institute, la cui matrice pseudocreazionista era ormai evidente.
L’approvazione del Louisiana science education act aprì la strada ai SEA, che rimpiazzarono quasi completamente gli AFA e che introdussero una nuova strategia retorica: fare riferimento alla necessità di un’analisi critica su temi presentati come controversi fra gli esperti. Non solo l’evoluzione ma anche il riscaldamento globale e la clonazione umana vengono tirati in ballo, sulla base di una distorta interpretazione del concetto di controversia scientifica. Questa tattica fa leva su due punti di forza: non riguarda in maniera specifica la teoria di Darwin, evitando così di apparire motivata da convinzioni religiose, e include nelle presunte controversie il riscaldamento globale, tanto malvisto quanto la teoria dell’evoluzione in certi ambienti politici conservatori. Questa innovazione retorica ha avuto un certo successo ed è stata ripresa in più di una dozzina di successive proposte di legge.
L’analisi di Matzke si rivela quindi un utile strumento per un paese come gli Stati Uniti, dove il creazionismo – in qualsiasi forma si presenti – continua a rappresentare una seria minaccia per l’insegnamento scientifico. Una minaccia che sta allargando il suo campo d’azione ad altri argomenti sgraditi in certi ambienti, a partire dal riscaldamento globale, e che rischia di trasformare inesistenti controversie scientifiche in materia di dibattito politico.
In Italia, per fortuna, la situazione è diversa. Il nostro paese non ha lo stesso background culturale degli USA. Loro hanno la Bible Belt, i musei creazionisti (Pikaia ne ha parlato qui e qui) e fondazioni che sovvenzionano la disinformazione creazionista. Il 46% della popolazione americana crede che Dio abbia creato l’uomo così com’è circa diecimila anni fa e che non ci sia stata evoluzione. Da noi la situazione non è così difficile. Una differenza, questa, di cui è bene tenere conto nelle strategie comunicative volte a contrastare le bufale e le distorsioni antidarwiniste.
Ma conoscere la realtà culturale e legislativa in cui si combatte la propaganda creazionista negli Stati Uniti è comunque importante anche per noi, perché non siamo immuni a questa propaganda. Soprattutto quella più furtiva, che evita ogni riferimento esplicito a creazionismo e disegno intelligente salvo riciclarne le argomentazioni e le strategie retoriche. Che trasforma la lotta alla teoria dell’evoluzione in una presa di posizione ideologica, che prescinde dalla scienza ma non esista a deformarla pur di sostenere i propri argomenti. Abbiamo avuto anche noi i tentativi ministeriali di eliminare Darwin dalle scuole o i convegni antidarwinisti parzialmente finanziati da istituzioni scientifiche pubbliche.
Conoscere il modo in cui si evolvono le strategie legislative antievoluzioniste e antidarwiniste ci può aiutare a difenderci meglio, casomai un domani ci trovassimo ad affrontarle.
Michele Bellone – Pikaia