La Manada, il sistema patriarcale e la cultura della violenza
Ciò che è successo la notte del 7 Luglio del 2016, secondo il Tribunale di Navarra, non è stupro ma abuso. Se così fosse io mi chiedo: cosa si intende allora per “violenza sessuale”?
Sono 3 giorni che in Spagna si manifesta contro la sentenza emessa dal tribunale di Pamplona nel processo contro “la manada”, ossia “il branco” (così si definivano i 5 stupratori nel loro gruppo di Whatsapp).
Sono giorni concitati, pieni di emozione, di indignazione, di lotta, di protesta.
Sono tante le cose che mi attraversano la mente in questi giorni.
Sto provando a scrivere questo articolo ma è difficile perché le informazioni acquisite in questi tre giorni sono davvero tante: dati, dichiarazioni, racconti, testimonianze, articoli di giornale, video, cortei, assemblee, opinioni (e per fortuna non ho la televisione).
Riassumo i fatti per poi passare al racconto del perché la protesta è di nuovo in piazza, perché ci si mobilita, perché non si può accettare questa sentenza.
I fatti accaduti a Pamplona il 7 Luglio 2016
Da Il post “I fatti risalgono al 7 luglio del 2016: José Ángel Prenda, Alfonso Cabezuelo, Antonio Manuel Guerrero, Jesús Escudero e Ángel Boza si erano offerti di accompagnare alla sua auto la donna conosciuta quella sera, l’avevano invece portata nell’androne di un palazzo dove l’avevano aggredita e violentata. A supportare quanto accaduto c’erano anche diversi video: alcuni mostravano gli uomini condurre la donna nel posto dove era avvenuto lo stupro, uno mostrava la violenza vera e propria, ripresa dagli stessi uomini che poi avevano promesso, vantandosi, di inviare i filmati su WhatsApp ad altri amici. La donna era stata ritrovata poco dopo da una coppia e aveva descritto i suoi aggressori alla polizia che, il giorno dopo, li aveva identificati e arrestati.
Durante il processo, gli avvocati dei cinque imputati hanno affermato che la donna era consenziente e che aveva lasciato che uno degli uomini la baciasse. Sostenevano inoltre che i 96 secondi di riprese video che mostravano la ragazza immobile e con gli occhi chiusi durante lo stupro erano la prova del suo consenso. L’accusa ha dovuto spiegare che la vittima era troppo terrorizzata per muoversi o reagire e lei stessa aveva dovuto raccontare che voleva soltanto che tutto finisse presto.”
José Ángel Prenda, Alfonso Jesús Cabezuelo, Ángel Boza, Jesús Escudero y Antonio Guerrero Escudero (di età compresa tra i 27 e i 29 anni), sono stati condannati a 9 anni di carcere per “abuso sessuale” ma assolti dall’accusa di “aggressione sessuale” per l’assenza, secondo i giudici chiamati ad emettere la sentenza (tutti uomini), di violenza e intimidazione.
C’è di più: durante un’udienza, precedente alla sentenza dello scorso mercoledì in cui prestò testimonianza la vittima (la quale è di nuovo in stato di shock), il giudice Ricardo González disse, rivolgendosi alla ragazza «É chiaro che lei dolore non lo sentì».
Sempre il giudice Ricardo González in riferimento al video di 96 secondi che fu registrato da uno dei componenti del Branco durante lo stupro ha dichiarato che in quel video appare «una donna che pratica atti sessuali in un ambiente goliardico ed euforico», definendo poi il contenuto come inquietante. E, come se non bastasse, ha aggiunto che il viso della ragazza appariva per l’intera durata del video con «una innegabile espressione rilassata, senza alcun accenno di rigidità o tensione» la qual cosa «impedisce di sostenere la presenza di qualsiasi sentimento di paura, disgusto, ripugnanza, rifiuto, disagio, fastidio».»
Detto in soldoni la sentenza non condanna i cinque ragazzi per stupro, ma per abuso. Tra i giudici c’è stato anche qualcuno che ha spinto per la piena assoluzione, ma alla fine tutti e 3 hanno accordato unanimemente che non c’è stata violenza palese né intimidazione vera e propria, ma solo un «consenso viziato» (consenso viziato?).
Differenza tra stupro e abuso nel codice penale spagnolo
Tanto la violenza come l’abuso rientrano nella categoria di reati contro la libertà sessuale nel Titolo VIII del Codice Penale spagnolo. La differenza tra i due tipi di reato sta nell’uso o meno della violenza e dell’intimidazione.
La violenza è un tipo di aggressione sessuale che viene punita con una pena che va dai 6 ai 12 anni di prigione, e si considera un attacco violento alla libertà sessuale che include la penetrazione vaginale, anale o orale. Inoltre, se il reato viene commesso da due o più attori, questo si considera una aggravante che aumenta la pena fino a 12-15 anni di reclusione.
L’abuso sessuale, invece, è un contatto non consenziente, ma esercitato senza violenza. Viene punito con una pena che va dai 4 ai 10 anni di prigione.
Un giudice con una visione del sesso e del “consenso” traviata e la cultura della violenza
Una sentenza machista, figlia del più putrido etero-patriarcato-bianco, risultato dell’imperante cultura della violenza che ormai permea ogni aspetto della cultura non solo spagnola.
Durante il processo la vittima è stata trattata più da imputata che da vittima: ha dovuto dimostrare in ogni momento che stesse dicendo la verità, mentre ai cinque porci non è stato chiesto di dimostrare se gli atti sessuali consumati con la ragazza furono consenzienti oppure no.
Considerare abuso una azione di violenza sessuale estrema perpetrata da cinque uomini contro una donna è una decisione che mette in pericolo tutte le donne inferendo un duro colpo alla loro libertà, alla loro credibilità, sicurezza e autonomia.
La cultura della violenza che corrobora e diffonde il patriarcato si basa sull’idea che le donne, in fondo sono tutte puttane, che se succedono loro delle cose è perché in fondo se le sono cercate perché una ragazza non va sola di notte, in giro per una città, a fare festa e a bere e poi non si sottomette alla volontà del maschio: pena l’odio sociale, la derisione, la violenza e se protesta troppo la morte.
E questa cultura trionfa con la sentenza dello scorso mercoledì: non ci fu intimidazione né violenza.
Disgustati da quanto appena letto?
Dalla sentenza Trapela che la legge non è uguale per tutti e per tutte.
Trapela che i tribunali non sono equi, sono strumenti attivi del’ etero-patriarcato-bianco che usano le leggi per cercare di tarpare le ali al movimento di liberazione delle donne.
Trapela che l’ordine prestabilito (dagli uomini, ossia da coloro che detengono il Potere) non vuole che le donne siano autodeterminate, emancipate, libere ma “sumisas y devotas”.
Trapela che vogliono che le donne non possano decidere e che piuttosto che credere loro quando denunciano uno stupro si cercano particolari scandalosi nella loro vita privata per dimostrare che non fu stupro ma orgia consensuale.
Cosa succederà
“Oggi viene di nuovo dimostrato che il sistema patriarcale è presente in ogni angolo della nostra vita e che la controlla. La giustizia patriarcale si converte oggi in impunità patriarcale. É stato dimostrato che la giustizia non protegge le donne. E se la legge e lo Stato non ci proteggono allora ci alleeremo tra di noi per dare una risposta efficace. Saremo noi, le donne coloro che continueranno a lottare per una giustizi reale che difenda i nostri diritti e le nostre libertà” (estratto dal Dal manifesto del Movimento femminista di Madrid che è stato letto davanti al Ministero della Giustizia di Madrid mercoledì pomeriggio durante le proteste nate a seguito della lettura della sentenza).
Dalla lettura della sentenza sono scaturite molte proteste, riflessioni e proposte di soluzione al problema dell’assenza di un sistema giudiziario capace di garantire alle donne le loro libertà basiche. Una delle soluzioni emerse è l’autodifesa femminista.
Barbijaputa sulle colonne del El País riassume questa posizione in questa maniera: “L’ultima lettura che possiamo fare di questa sentenza è che stiamo in guerra. Lo possiamo vedere come non vedere, ma questo non farà sì che la guerra finisca. Succede che non ci credono né ci crederanno mai se non quando restituiremo la violenza ricevuta, benché c’abbiano insegnato il contrario. Ma non ci ingannano, perché quando incominceremo a piantare coltelli fino all’impugnatura a chi ci dice che cosa fare, ci giudicheranno ancora di più. Se c’è qualcosa che il patriarcato odia più di una donna, è una donna che rompe gli stereotipi assegnati al suo genere, ed i coltelli ci sono permessi solo se sono piantati nel nostro corpo e non se afferrati dalla parte del manico dalle nostre mani.”
Si stanno organizzando manifestazioni in moltissime città spagnole ormai da mesi.
Oggi ci sarà una contestazione a Puerta del Sol alle 12 durante la celebrazione de La Comunidad de Madrid.
Altro appuntamento nella capitale spagnola è per il prossimo Venerdì 4 Maggio h 19: manifestazione plenaria da Atocha al Tribunale Supremo indetta dal Movimento Femminista di Madrid (di cui faccio parte).
(da Madrid) Silvia Scipioni