Anche i più disinteressati al calcio avranno avuto notizia che domenica scorsa la Juventus ha vinto il suo ventottesimo (qualcuno dice trentesimo, a dimostrazione che è tutto relativo) scudetto. Quello che la maggior parte dei miscredenti indifferenti alla prima religione italica (ovvero il calcio) non sanno è che lo ha vinto grazie al diretto interessamento del sommo fattore venerato dalla seconda religione italica (cioè il cattolicesimo).
Lo afferma senza la minima paura di smentite Andrea Monti sulla Gazzetta dello Sport di lunedì 7 maggio. Riportiamo l’intero paragrafo perché ne vale antropologicamente la pena: « […]neppure il più distratto degli agnostici può fingere di non vedere la mano della provvidenza in questa metafora beffarda: dopo la lunga tenzone sulle ceneri non ancora spente di Calciopoli i duellanti sorridono entrambi. Separatamente, si intende. Ma nello stesso identico momento: domenica 6 maggio, ore 22.41, fischio finale a San Siro e a Trieste.»
Riassumendo per gli agnostici distratti che non hanno seguito le vicende calcistiche dal 2006 a oggi, il buon dio avrebbe operato in modo che il signor Luciano Moggi e la sua combriccola intrattenessero rapporti fuori dal codice etico e deontologico di chi opera nello sport, facendo pressioni illecite, arrivando a minacce fisiche e verbali nei confronti degli arbitri e dei giocatori che non stavano alle sue regole, causando così un danno enorme alla credibilità internazionale del calcio italiano e in secondo luogo anche alla stessa squadra che lui dirigeva (tutti riconoscono che gli scudetti tolti erano, sul campo, indiscutibilmente meritati) per far sì che sei anni dopo quest’ultima, tornando alla vittoria, dovesse ringraziare proprio gli odiati rivali dell’Inter, ossia coloro che hanno giovato di più delle penalizzazioni juventine in questi sei anni.
Scusi buon dio… e di tutti gli altri nun glie ne po’ frega’ de meno? Visto che è in grado di organizzare cotanto spettacolo, uno scudettino alla Roma che non è neanche stata sfiorata dallo scandalo Calciopoli glielo poteva far vincere invece di farla arrivare sempre seconda dietro l’Inter no? E’ pure la squadra di Roma, un occhio di riguardo ogni tanto…
Facile ironia di cui ci scusiamo, ma il fatto è che le esternazioni di questi improvvisati teologi sulle pagine della rosa (che più di una volta ha già dato prova delle sue simpatie pontificie) possono lasciare il tempo che trovano nelle nostre alte discussioni teoretiche, ma continuano ad esser propagandate con la grancassa per il popolino. E questo ci fa arrabbiare come un ultras, perché è una letterale presa in giro. Si continuano a far incontri divulgativi di come il cattolicesimo stia cambiando e di come trovino sempre più spazio i teologi alla Mancuso che cercano di ripetere in tutti i modi che dio non interviene nel mondo e poi dobbiamo leggere il primo Andrea Monti che passa, il quale vede la mano di dio nello scudetto juventino? Guardate che “ogni limite ha una pazienza” come direbbe Totò!
In secondo luogo, non meno importante, da agnostici razionalisti e amanti del calcio e dello sport siamo abituati a vedere ogni tipo di superstizione portata in campo; ci mancherebbe altro, ognuno è libero di fare quel che ritene più opportuno per concentrarsi e raggiungere il suo top. Così Conte è libero di baciare tre volte l’acqua santa, Cavani di recitare il rosario a braccia larghe mentre entra in campo, segni della croce, sale alle spalle eccetera eccetera. Ma tirare in ballo la provvidenza per la vittoria di uno scudetto significa sminuire il lavoro umano fatto di sudore e rinunce nei lunghi allenamenti da luglio a maggio ogni anno; e dato che è un lavoro che fanno tutti, chi vince e chi retrocede, i disegni divini sarebbero davvero una clamorosa ingiustizia. Ci pensino alla Gazzetta prima di coprirsi teologicamente di ridicolo.