1) L’inizio è tale che, forse, non l’avrebbe scritto neppure un Cardinale:
“L’Italia cattolica come «eccezione» nel panorama secolarizzato dell’Europa occidentale e come modello per le altre Chiese del continente è un punto di riferimento capitale degli ultimi due papi.
… Uno dei dati che proverebbero la tenuta e la validità del cattolicesimo in Italia è la frequenza alla messa domenicale.
Da più di trent’anni tutte le rilevazioni registrano livelli di frequenza alla messa molto alti rispetto ad altri paesi dell’Europa occidentale: circa il 30 per cento della popolazione dice di andarci tutte le domeniche, un altro 20 per cento da una a tre volte al mese e un altro 30 per cento a Natale, a Pasqua e nelle grandi festività.
Basti pensare, per un confronto, che in Francia quelli che dicono di andare a messa tutte le domeniche sono meno del 5 per cento della popolazione” [1].
Pensiamo che bisogna possedere un talento veramente magistrale per occultare il dato fondamentale: in Italia, Paese che ha l’“invidiabile privilegio” di ospitare il Papa da circa 2.000 anni, il 70% della popolazione non va a Messa neppure la Domenica.
Non essendo dei Maestri, ma soltanto dei signori, sorvoliamo su alcune storiche “quisquilie”: per secoli, il Lazio, l’Umbria, le Marche e buona parte dell’Emilia Romagna sono state sotto il dominio politico del Pontefice, che, evidentemente, non ha seminato molta fede.
Per secoli, la presenza dei più diversi Ordini religiosi è stata asfissiante;
per secoli, i Governanti, con rare eccezioni, hanno fatto più genuflessioni che respiri.
Per vent’anni, il Fascismo ha colmato di privilegi la Chiesa cattolica; per oltre quarant’anni, ha imperversato un Partito, che, molto disinteressatamente, si era denominato Democrazia Cristiana.
Da decenni, gli esponenti delle Gerarchie Ecclesiastiche intervengono in tutte le problematiche, dall’Astrologia alla Zoologia; ogni giorno, membri del clero sono presenti nei mass media, magari per esporre il loro indispensabile parere sui rapporti tra il lancio dei satelliti e l’ascesa delle anime in cielo.
E dopo questo bimillenario ed incessante lavorio, il 30% di persone, che dicono di andare a Messa tutte le Domeniche, renderebbe il nostro Paese l’ “eccezione” nel “… panorama secolarizzato dell’Europa occidentale”?
Forse, il miglior commento sarebbe il detto popolare,coniato proprio a Roma:
“Ariconsolete co’ l’ajetto!” [2].
2) Pure nel confronto con la Francia, si omette un altro dato storico essenziale: questo Paese ha fatto quattro Rivoluzioni [3], che hanno avuto tra i loro bersagli pure i privilegi e le ingerenze della Chiesa nella vita politica e sociale, l’Italia neppure una.
Da un lato, questo spiega il divario esistente tra i due Stati; dall’altro, conferisce quasi un maggior valore a quel 70% di Italiane/i, che comunque ha maturato il distacco dalle prediche del clero, rispetto al 95% di Francesi, che ha usufruito degli effetti prodotti dalle Rivoluzioni in ogni ambito della società.
Infine, nel 1976, pur se sembra trascorso un secolo, il Partito Comunista Italiano conseguì il 34,37% dei voti espressi dall’elettorato, senza per questo riuscire ad entrare a far parte del Governo; avrebbe avuto senso consolarsi con il confronto con il Partito Comunista Francese, che aveva una percentuale di consensi decisamente inferiore?
3) Comunque, nei capoversi successivi, Magister si riprende e fornisce dei dati estremamente interessanti, anche perché, come i precedenti, di fonte ecclesiastica, sul divario tra la frequenza dichiarata alla Messa:
“… cioè quella che si ricava dalla risposta alle indagini” [4] e la frequenza reale, verificata:“… contando quanti vanno effettivamente in chiesa” [5].
Fino ad oggi, sono stati effettuati due conteggi di questo tipo, entrambi in una Domenica di Novembre; il primo, nel 2005, nel territorio del Patriarcato di Venezia, il secondo, nel 2009, nella Diocesi di Piazza Armerina, in Sicilia:
“… mentre nelle indagini a campione i cattolici che dicono di andare a messa tutte le domeniche sono il 30 per cento, quelli effettivamente visti in chiesa sono stati il 18,5 per cento” [6].
Non essendo nostra abitudine sparare sulla Croce Rossa, ci limitiamo a constatare che solo il 60% dei fedeli dimostra nei fatti di essere fedele, per lo meno, alla parola data e che, come di consueto:
“Tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare (della malafede, intesa come cattiva fede, soprattutto agli occhi di chi è religioso in maniera autentica)”.
Naturalmente, vi è chi, come il Professor Introvigne, interpreta diversamente questi dati, ma di questo parleremo nel prossimo articolo.
Forse, il commento migliore al testo di Magister sarebbe stato quello suggerito da un nostro amico, Laicista all’ultimo stadio:
“La Messa sta finendo
e un’era se ne va
tu (l’ex fedele) stai diventando grande
lo sai che non mi va.
In chiesa di fedeli
non ce ne sono più
c’è il solito rituale
ma ora manchi tu …” [7].
Valerio Bruschini
NOTE
[1] Magister Sandro, Chi va a messa e chi no. L’incerto domani dell’Italia cattolica, www.chiesa.espressonline.it, Roma, 6 Agosto 2010.
[2] “Consolati con l’aglio”, che rimane rosolato nella padella, dopo che gli altri hanno mangiato tutto ciò che vi era di buono.
[3] La Rivoluzione del 1789, del 1830, del 1848, del 1871; quest’ultima è nota come La Comune.
[4] Magister Sandro, cit..
[5] Ibidem.
[6] Ibidem.
[7] Nel 1985, i fratelli Righeira lanciarono, provocando non pochi feriti, la canzone: “L’estate sta finendo”.