Le origini
Il diritto di usare la violenza in questioni di fede e la pretesa di piegare le autorità statali nell’opera di distruzione dell’eresia, vista dal punto di vista cattolico, deriva concettualmente e teologicamente da Agostino. Costui non esita a utilizzare il passo di Luca 14,23 nel famoso brano evangelico: “ Ritieni che nessuno debba essere costretto alla giustizia quando tu leggi come il padrone di casa parlò ai suoi servitori: “ Chiunque troviate invitatelo ad entrare” traducendo quell’”invito” ad entrare in un “ordine imperativo” ( cogite intrare) per cui chiunque non accetta di entrare nell’ovile e piegarsi ai dettami della Chiesa deve esserci costretto con la violenza e, in caso contrario, eliminato. Il vescovo di Ippona utilizzò questo suo cristianissimo messaggio nella lotta contro i Donatisti riuscendo a presentare la punizione degli eretici addirittura come opera di misericordia: anzi, chi punisce più severamente mostra un amore più grande.(1)
Ripetutamente i sinodi dell’XI e XII secolo si pronunciarono per la neutralizzazione degli “eretici” senza però organizzare una precisa linea di azione. Il primo papa che decretò la morte degli eretici per mano delle autorità civili fu Callisto II che l’8 luglio del 1119, durante il Sinodo di Tolosa, ottenne la condanna dei petrobrusiani, così chiamati in quanto seguaci del sacerdote eretico Pietro di Bruys colpevole di predicare l’assoluta povertà ad imitazione di Cristo.
Successivamente Alessandro III, nel 1179 durante il 3° Concilio Lateranense, minacciò di scomunica le autorità civili che si fossero rifiutate di eseguire le condanne inflitte dai tribunali dell’inquisizione e il suo successore Lucio III, insieme all’imperatore Federico Barbarossa, decise scomunica, interdetto e destituzione a quanti fossero venuti meno a questo dovere. Chi si rifiutava di attuare tale imposizione ecclesiastica era a sua volta considerato “eretico” e ogni monarca era minacciato di scomunica la quale comportava automaticamente la perdita di ogni autorità sui propri sudditi che venivano pertanto esonerati dall’obbligo di ubbidienza e fedeltà. Gregorio XII nel 1231 , con un decreto, prevedeva la pena di morte per gli eretici e quando, l’anno seguente, l’imperatore Federico II, per rendersi gradito al papa e per scampare ad una incombente scomunica, impose le sue leggi famigerate e sanguinarie egli non fece che piegarsi a iniziative del soglio pontificio, come espressamente certifica uno dei più sanguinari assassini, il domenicano Bernardo Guidoni o Guy. Tale imperatore che già nel 1220 aveva ordinato per gli eretici la confisca dei beni ed il bando, che, a quei tempi, corrispondeva a una sentenza di morte, due anni dopo ordinò, a scelta del giudice, o il taglio della lingua o il rogo, condanna che nel 1231 fu fissata definitivamente nella sua Costituzione Siciliana.
Papa Urbano II, l’iniziatore delle crociate, non considerava assassinio l’uccisione di scomunicati in quanto tale azione era da considerare dettata da zelo verso la Chiesa.
Il vero e proprio fondatore dell’Inquisizione fu papa Gregorio IX ( Ugolino dei conti di Segni – 1227-1241) molto amico del fondatore dell’ordine dei domenicani, Domenico di Guzman, e ancora più intimo di Francesco di Assisi, fondatore dell’ordine dei francescani: è ai loro adepti che il papa affidò il compito di svolgere la sanguinaria missione dividendo le loro zone di competenza; la Chiesa non cessa di lodare in lui la “incrollabile fede in Dio”, la “ sincerità e profondità della sua devozione dai toni mistici” ma, lo si definisce anche, senza notare l’oscena contraddizione, “ privo di scrupoli nel suo modo di procedere fino ad essere di una spaventosa crudeltà”, cosa che, commentiamo noi, di regola si accorda benissimo nei cosiddetti “santi padri”.
Papa Gregorio IX già nel 1231 aveva ordinato la sistematica eliminazione degli eretici con una direttiva impartita a tutti i vescovi ( “ Rimuovete la carne putrida con il ferro e con il fuoco, sterminate gli eretici!”) e affidò ai domenicani l’organizzazione di una propria inquisizione; si distinse per attivismo il chierico di Magonza, Corrado di Marburgo, il quale ricevette elogi diretti da parte del papa ( “all’amato figlio, il magister Corrado di Marburgo, predicatore della parola di Dio, salute e benedizione apostolica!” “ Lodiamo il Creatore che ha reso numerosi in te i doni della Sua grazia e ti ha eletto a Suo figlio prediletto” “ Si raccontano di te fatti gloriosi e noi ci rallegriamo dei tuoi progressi! Tu combatti così efficacemente contro la malvagità dell’eresia che numerosi eretici, grazie a te, sono stati estirpati dalla vigna del Signore!”) Non è difficile comprendere l’entusiasmo del santo padre se si considera che Corrado, come ci raccontano i coevi “Annales Colonienses maximi”, insieme al fido frate domenicano Corrado Dorso e al suo complice il guercio Giovanni, si basava su regole molto semplici: “ Meglio che muoiano cento innocenti piuttosto che si salvi un solo colpevole” e fece giustiziare innumerevoli persone solo in base a sospetti, false testimonianze e delazioni estorte con la tortura, perfino di “coloro che tra le fiamme invocavano Cristo e la sua divina madre”. Il papa aveva ordinato che i notai o gli avvocati che assistevano o pretendevano di difendere gli eretici perdessero la loro carica e fossero a loro volta sospettati di eresia: le “ Gesta Treverorum” ci narrano che nessuno osava intercedere per gli accusati nel timore di essere a sua volta accusato di complicità in quanto il papa aveva ordinato per loro le stesse pene che per gli eretici. Le eroiche gesta di Corrado cessarono quando si spinse troppo in avanti tentando di perseguitare i conti di Sayn, Solms e la contessa Looz: fu ucciso in un agguato sulla via di Magonza il 30 luglio 1233. La sua morte provocò lo sgomento del pontefice : “ Voi, principi della Chiesa di Germania, com’è che non piangete e vi lamentate per il crudele assassinio di Corrado, servo della luce e guida della sposa di Gesù Cristo, un uomo di perfetta virtù e un araldo della fede cristiana il cui assassino non potrà mai essere punito a sufficienza?” (2)
La criminale follia papale fu teologicamente sostenuta ed avallata dal grande Tommaso d’Aquino che così si esprimeva : “ Per quanto riguarda gli eretici questi si sono resi colpevoli di un peccato che giustifica il fatto che essi non solo vengano estromessi dalla chiesa attraverso la scomunica ma anche allontanati da questo mondo per mezzo della pena di morte. Gli eretici, immediatamente dopo la dimostrazione della loro eresia, possono non solo essere espulsi dalla comunità ecclesiastica ma anche lecitamente giustiziati” (3)
Le fiamme alimentate da Gregorio IX divamparono in tutta la cristianità: a Tolosa, nel 1232, furono bruciati dal domenicano Raimondo di Falguario diciannove albigesi, tra cui molte donne; il vescovo Enrico I di Breslavia , nel 1315 a Schweidnitz fece gettare tra le fiamme cinquanta “eretici” in una sola volta, mentre altri ne fece seppellire vivi; a Firenze il domenicano Giovanni mandò sul rogo nel luglio 1233 sessanta uomini e donne; l’inquisitore Roberto fece bruciare il 29 maggio 1239 a Mont-Aime nella Champagne centottantatre eretici e sempre i domenicani si distinsero in tutta Europa come i più feroci e sanguinari segugi al punto che furono chiamati “ Domini cani” , i cani di Dio , e rappresentati come un cane che stringe tra i denti una fiaccola accesa. Siamo ormai lontani dai tempi in cui , secondo i concili di Reims del 1157 e di Oxford del 1160 gli eretici erano puniti con la marchiatura a fuoco sul volto: ora la Chiesa aveva fatto della morte sul rogo uno spettacolo esemplare, chiamato con espressione portoghese “autodafé”, o atto di fede, celebrato nei giorni di festa con processioni, indulgenze plenarie a chi portava legna per alimentare il rogo, messe solenni e prediche dell’inquisitore di turno mentre le vittime venivano condotte verso il supplizio vestiti con un sacco di un giallo vivo e decorato con volti diabolici, con sulla testa il berretto dei pazzi, pizzicati con tenaglie roventi, battuti con le verghe e con in bocca una mordacchia che impediva loro perfino di urlare mentre le fiamme li divorava lentamente. Il rogo consumava la vittima mentre i cattolici tutt’intorno intonavano l’inno : “ Gran Dio, noi ti lodiamo”.
I tribunali dell’Inquisizione erano i più importanti tribunali della Chiesa ed erano sottratti ad ogni influenza profana. Erano considerati inviolabili ed abitualmente si fregiavano dell’attributo di “santa “ e “ santissima” perché più sporca è una cosa più deve essere liberata dallo sterco e nobilitata ed elevata al rango di sublime e venerabile.
Eraldo Giulianelli
1) Agostino: Epistola 93, 2, 5
2) Graf von Hoensbroech : Il papato nella sua attività socio-culturale
3) Tommaso: Summa Theologica II a, II ae q XI, a.3