L’inquisizione romana e spagnola
La repressione delle eresie e il controllo dell’ortodossia divenne la principale preoccupazione dei papi nel periodo del contrasto alla diffusione delle idee protestanti. L’Inquisizione Romana fu ufficialmente decretata da Paolo III con la bolla “Licet ab initio” del 1542 con estensione della propria competenza territoriale all’Italia centrale e settentrionale in quanto nella Spagna esisteva già l’Inquisizione “nazionale” dal 1478 e in Portogallo dal 1536 mentre in Francia una vera Inquisizione fu sostituita da una Chambre Ardente istituita da Francesco I nel 1535. Nel regno di Napoli la competenza inquisitoriale fu demandata ai vescovi mentre Sicilia e Sardegna rientravano nella competenza dell’Inquisizione spagnola. I papi che maggiormente si distinsero nell’azione di sostegno dell’Inquisizione furono Paolo IV (Gian Pietro Carafa – 1555-1559) già capo della Congregazione del Santo Uffizio al tempo di Paolo III (Alessandro Farnese – 1534-49) e Pio V ( Antonio Ghislieri – 1566-72) che si era già distinto per la strage dei valdesi di Calabria da lui diretta e ordinata nel 1561. La Chiesa lo considera un papa di rilievo perché cercò di riportare il clero a costumi di vita più austeri dopo il dilagare del malcostume che contraddiceva le gerarchie e che aveva dato la stura alla rivolta di Lutero ma ritiene ininfluenti e si disinteressa completamente dei crimini da lui ordinati e della ferocia che contraddistinse tutta la sua attività : ordinò il rogo per gli adulteri e per gli omosessuali, fece impiccare Niccolò Franco l’11 Marzo 1570 e fece bruciare Pietro Carnesecchi e il poeta Aonio Paleario, alla cui morte risuonò la famosa pasquinata : “Quasi che fosse inverno – brucia cristiani Pio siccome legna – per avvezzarsi al fuoco dell’inferno”. Rimase celebre anche per la lettera da lui inviata al re di Spagna Filippo II nel 1570 :
“ Riconciliarsi mai; non mai pietà; sterminate chi si sottomette e sterminate chi resiste; perseguitate ad oltranza, uccidete, ardete, tutto vada a fuoco e sangue purché sia vendicato il Signore”.Questo individuo è ritenuto santo dalla Chiesa Cattolica e venerato il 30 aprile di ogni anno. Negli anni successivi si ebbe un ulteriore ampliamento della competenza delle corti inquisitoriali che finirono per interessarsi direttamente anche di bestemmie, sodomia, bigamia, adulterio e dei reati tipici del clero, come il crimen sollecitationis ovvero l’abitudine dei preti di concedere alle donne l’assoluzione confessionale solo in cambio di prestazioni sessuali.
In Spagna si distinse per attivismo e ferocia Tomàs de Torquemada ( 1420-1498) che riorganizzò l’Inquisizione, in funzione in quella nazione dal 1478, a seguito della sua nomina a Inquisitore Generale per la Castiglia, l’Aragona, il Leòn, la Catalogna e Valencia avvenuta per volere dei cattolicissimi sovrani nel 1483. Il papa Innocenzo VIII confermò la sua nomina e, forte di tale autorizzazione, scatenò i suoi sgherri, concentrati in 22 tribunali inquisitoriali (14 in Spagna, 3 in Portogallo, 3 nell’America Spagnola e 2 in Italia, Sicilia e Sardegna) facenti capo al Consejo Supremo de la Santa Inquisiciòn detto La Suprema, soprattutto contro i musulmani convertiti al cattolicesimo ( moriscos) che fossero sospetti di falsa conversione e, dopo la cacciata degli ebrei da lui imposta ai sovrani, di cui era il fidato confessore, contro quelli di costoro che, convertiti al cattolicesimo ( marranos ), fossero sospetti di averlo fatto non per convinzione ma solo per salvare la pelle. Si distinse anche nella caccia alle streghe che era stata bandita da papa Innocenzo VIII nel 1484 con la famosa bolla Summis desiderante affectibus alla quale contribuì con un suo tocco di personale sadismo: in più di 2.000 casi di morte sul rogo da lui ordinate e fatte eseguire amava infiggere personalmente un pugnale nel petto delle condannate per alleviarle dei loro peccati e veder volare l’anima a Dio in questo modo purificata. Sotto la sua gestione i processi celebrati furono 100.000 ( 18 al giorno) lasciando una scia di terrore che marchiò il carattere e l’animo di quegli abitanti. Basti pensare al tradizionale uso del doppio cognome presso gli spagnoli dovuto alla necessità di documentare la propria discendenza, sia da parte paterna che materna, da persone non contaminate da sangue ebraico per cui la necessità di mettere in chiaro che i quattro quarti del proprio sangue era immune da questa contaminazione ( limpieza de sangre): fu proprio per il suo fanatismo che l’antiebraismo cattolico di matrice religiosa si trasformò, storicamente, in antiebraismo di natura razziale.
I necessari “Mezzi economici”
Mentre il popolo, la massa dei cristiani, sprofondava ovunque in smisurata povertà, tanto i domenicani quanto i francescani si arricchivano grazie ai loro affari sanguinari, corrompendo i colpevoli, ricattando gli innocenti.(5) Il sistema di corruzioni, estorsioni ed espropri sviluppò un settore di affari che prosperò per secoli con moltissime persone coinvolte, loro malgrado, in una ragnatela di persecuzioni a scopo di sfruttamento. A metà del XIV secolo, a Firenze, l’inquisitore Piero di Aquila fu il protagonista di sessanta casi di estorsione riuscendo ad estorcere in soli due anni la somma, allora favolosa, di settemila fiorini. Un decennio prima lo stesso papa Bonifacio VIII, con somma ipocrisia, rimproverò aspramente gli inquisitori francescani di Padova e Vicenza non per il fatto di essersi arricchiti ma perché lo avevano tenuto fuori dall’ “affare”: “ Stando a quanto mi si dice avete estorto nella vostra vergognosa avidità somme enormi a molti uomini e donne e recato loro danni di ogni genere e ci rammarichiamo che non abbiate impiegato il guadagno illecito per il bene del Santo Uffizio o della Chiesa Cattolica o del vostro stesso Ordine”.
Naturalmente non mancava la giustificazione che tutti assolveva: sosteneva infatti il celebre inquisitore Nicolas Eymerich ( 1316-1399) : “Non vi è istituzione più benefica della Santa Inquisizione attraverso la cui opera viene sradicata l’eresia. Per la causa cattolica è dunque assai conveniente che essa possieda mezzi economici in abbondanza!” Che questi mezzi fossero raccolti con metodi criminali non disturbava la coscienza dell’operoso guardiano della fede. Il criterio di trasformare le pene canoniche ( digiuno, penitenza, pellegrinaggio espiatorio) in ammende e pene pecuniarie era la prassi che permetteva alle casse dei funzionari dell’Inquisizione di essere sempre piene. Il papa Gregorio IX nel 1229, nella bolla “ Excommunicamus” stabilì che tutti coloro che, dopo l’arresto e la condanna a morte, si fossero convertiti alla “vera fede” :“ saranno privati di tutti i loro beni e incarcerati a vita scontando in questo modo la giusta punizione” e, quasi contemporaneamente, il concilio di Tolosa prese le stesse decisioni. Agli ostinati ed ai recidivi si prendeva tutto e li si consegnava senza pietà (“ absque misericordia”) al tribunale secolare con l’espressione consolidata secondo cui si infliggeva loro la pena dovuta ( animadversio debita) che significava solo pena di morte.
La pratica della confisca era storicamente già stata ordinata dai papi Alessandro III ( 1163) e Lucio III ( 1184) e perfino Re Luigi il Santo nel 1250 la ordinò per coloro che intenzionalmente non obbedivano al mandato di comparizione o nelle cui case fossero trovati eretici. Innocenzo III la prescrisse come regola da adottare contro tutti gli eretici come prima istanza: nel decretale “Vergentis” si legge: “ Nei paesi sottoposti al nostro potere i beni degli eretici devono essere sequestrati; negli altri paesi questo deve accadere per mano dell’autorità secolare e noi la costringeremo a farlo attraverso pene ecclesiastiche nel caso essa si dimostrasse negligente”.
La spartizione del bottino costituì per secoli motivo di scontri continui tra i protagonisti: il papa, i vescovi e gli inquisitori tendevano ad accaparrarsi , ognuno per sé, la gran parte del frutto delle estorsioni per cui le dispute e le cause furono continue. Una regola era stata ideata per cui ognuna delle tre parti in causa doveva avere un terzo ma la pratica tendeva a favorire l’accaparramento e le borse degli inquisitori , gli operatori sul campo, erano sempre le prime ad essere colmate.
L’inflessibile crudeltà della Chiesa puniva con il sangue e con il furto: si incoraggiava sistematicamente a spiare , pedinare, denunciare, si assecondavano i più orribili sentimenti, la vendetta, l’invidia. Così nei confronti dei genitori accusati di eresia erano eliminati tutti i doveri familiari: i figli perdevano ogni diritto ereditario se non acconsentivano a denunciare i genitori, non era permesso loro di ereditare neanche un denaro: così si esprimeva il canonista Paolo Ghirlanduo nel commento al decretale di Innocenzo III : “ Devono continuare a vegetare in povertà e miseria ( debent semper in miseria et egestate sordescere), non deve restare loro nient’altro che la nuda vita che viene lasciata loro per misericordia: devono trovarsi a questo mondo in una condizione tale che la vita diventi per loro una pena e la morte un conforto”. (6)
Non ci vuole molta fantasia per immaginare la disperazione, la spaventosa indigenza nella quale venivano a trovarsi una quantità di persone di ogni età e sesso, messe alla porta in una notte dato che la stessa incriminazione per “eresia” portava immediatamente alla confisca dei beni lasciando nella miseria più nera l’intera famiglia.
Non solo il commercio con gli scomunicati era vietato per cui anche coloro che avevano rapporti di affari con il “colpevole” venivano a perdere ogni diritto di rivalsa e il valore dei propri crediti ma gli scomunicati stessi, e papa Gregorio IX scomunicava fino alla settima generazione, erano considerati legalmente dei fuorilegge per cui, in caso di fuga, a chiunque era legittimamente consentito di ucciderli.
Ma l’avidità e la follia pretesca non si fermava nemmeno davanti alla morte: la prescrizione dei “diritti” della chiesa locale sui beni dell’eretico aveva luogo solo dopo quaranta anni e della Chiesa di Roma dopo cento anni per cui nemmeno i discendenti di un eretico poteva sentirsi al sicuro e gli inquisitori e i loro mandanti facevano di tutto per assicurarsi che nemmeno una briciola sfuggisse alla loro affannosa ricerca. La confisca dei beni per aver avuto tra gli antenati un eretico o un sospettato di eresia era prassi che teneva in ansia generazioni di persone data l’avidità di tali aguzzini. Alvaro Pelayo, francescano, vescovo di Silvez nell’Algarve (Portogallo meridionale) ci conferma che gli inquisitori generalmente non tenevano in alcun conto la tripartizione degli “utili” prevista dalla Chiesa ma intascavano per sé i risultati delle ammende e delle confische, divenendo essi e le loro famiglie ricchissimi.(7)
Questo mostruoso criminale istituto non è scomparso: ha solamente cambiato nome evidentemente solo per ipocrita convenienza: nel 1908 prese il nome di Sant’Uffizio mentre oggi, a partire dal 1965, porta il pudico nome di Congregazione per la Dottrina della Fede.
Per chi volesse illudersi sulle capacità della Chiesa di emendarsi e pentirsi dei crimini commessi sarà bene ricordare ciò che hanno detto alcuni tra i papi più recenti a proposito della tolleranza e del rispetto delle idee contrarie alle sue dottrine:
“ Che cosa si può escogitare di più insensato che decretare uguaglianza di tutti davanti alla legge, libertà di pensiero, di parola, di stampa? Orrori tutti da condannare come mostruosità” – Pio VI
Breve: “Quod Aliquandum” 1791
“ La libertà di coscienza è un delirio” – Gregorio XVI ( 1831-46)
“ E’ un errore affermare che ogni essere umano è libero di abbracciare e professare quella fede che, guidato dalla luce della ragione, lui crede essere vera” – Pio IX – Sillabo – 1864
Eraldo Giulianelli
5)Karlhein Deschner: Storia Criminale del Cristianesimo, vol VII, pag 195
6) H.C. Lea : L’Inquisizione, pg 417
7) L. Pfleger : Storia della Chiesa pg 101