Noi che speravamo nell’Europa siamo costretti a fare i conti con la dura realtà: l’Europa, fondamentalmente, se ne frega del nostro paese.
La sentenza definitiva di Strasburgo coglie impreparati i laici che al massimo si aspettavano una soluzione cerchiobottista che pur confermando l’impianto del primo grado (passato all’unanimità, ricordiamocelo) trovasse una soluzione che permetteva all’Italia di cavarsela senza pagar dazio.
Invece si è avuta una sentenza che ribalta in modo totale il primo grado della CEDU e riconosce come valide le argomentazioni dello stato italiano (tranne una quella sul significato culturale e non religioso del crocifisso) dicendo che: «la decisione di perpetuare o meno una tradizione dipende dal margine di discrezionalità degli Stati convenuti» e che «a Corte considera che non è suo compito prendere posizione in un dibattito tra giurisdizioni interne».
Il discorso dirimente infine è che quel simbolo (macabro) appeso sulle mura scolastiche non influenza gli studenti e non toglie la possibilità ai loro genitori di educarli come meglio ritengono opportuno.
La sentenza dice anche che la discriminazione religiosa in questo caso non c’entra perché, in buona sostanza, l’insegnamento di quella religione non è obbligatorio, perché nessuno vieta ai ragazzi di portare altri simboli religiosi, e perché in alcune scuole si festeggia la fine del ramadan (quali non è dato sapere dalla sentenza).
Se l’impressione che avete è quella che, di fatto, l’Europa “se ne lava le mani” del nostro paese dovreste prima domandarvi cosa vi sareste dovuti aspettare dopo le reazioni isteriche che hanno accomunato destra, sinistra e istituzioni unificando, come quasi mai accade, questo paese. Ed un altra domanda che dovreste porvi, voi laici, è “ma a noi chi ci rappresenta?”
Alcune considerazioni pratiche, senza aspettare gli addetti ai lavori che analizzeranno a fondo la questione.
Le folcloristiche sentenze italiane che arrivavano a dire che il crocifisso è un simbolo di laicità sono nei fatti superate e da riformulare, in quanto la CEDU riconosce che il significato prominente del (macabro) simbolo è quello religioso.
La CEDU stabilisce che i simboli appesi non influenzano l’istruzione degli alunni; quindi innanzitutto chiediamo scusa al sindaco di Adro (maltrattato da destra e sinistra) e riposizioniamo al loro posto i “soli delle Alpi” in quanto è innegabile che sono rappresentativi della cultura e delle tradizioni di quelle terre. Altrove sbizzarritevi: falci e martello, celtiche, simboli fallici…
Inoltre, dato che la sentenza conferma che non può essere vietato «indossare tenute a connotazione religiosa» un consiglio a tutti gli studenti atei e agnostici, andate a scuola con abiti che vi caratterizzino. Parafrasando la campagna UAAR un bel “DIO NON ESISTE E NON NE HAI BISOGNO” sulla vostra felpa/maglietta farà rispettare i vostri diritti (croci e mezzelune si, scritte filosofiche no? Ci sarebbe da ridere…).
Infine un ultima riflessione: come testimonia il rammarico di “Noi siamo chiesa” verso questa sentenza, il cattolicesimo italico ha perso un’altra buona occasione per diventare adulto. Quale autorevolezza ha una Chiesa che spende tutte le sue energie diplomatiche per far salvo un macabro feticcio sul muro invece che per convincere l’Europa, tanto per fare un esempio banale, ad aumentare la quota da destinare allo sviluppo dei paesi poveri?
Zero. O giù di li. I risultati, cari i miei cattolici, sono sotto gli occhi di tutti.
Alessandro Chiometti