Leggendo il senz’altro pregevole articolo di Francesco Castellini [1], la domanda sorge spontanea.
Egli, infatti, recensendo il libro “La Storia rovesciata” , di Covino, Bitti e Venanzi, “…s’affretta, e s’adopra” [2], per rimettere le cose a posto.
Dopo aver ricordato al lettore che l’Avvocato Marcello Marcellini è l’autore:
“… dei due volumi: “I giustizieri” e “Un odio inestinguibile”, pubblicati dalla casa editrice Mursia …” [3], Castellini afferma:
“Angelo Bitti e Marco Venanzi avrebbero dovuto dimostrare che i libri di Marcellini non sono attendibili.
Ma i loro sforzi si riducono a rievocare episodi già noti del periodo della guerra civile in provincia di Terni e di Rieti … senza riuscire nel loro intento.
Anzi, la ricostruzione dei tragici episodi che l’avvocato ternano ha potuto effettuare consultando le carte processuali ne risulta confermata.
Questi episodi di violenza efferata compiuti all’epoca furono atti criminali.
Non c’è modo di negarlo …” [4].
Non c’è modo di negarlo?
Tralasciando, per problemi di spazio, ogni nostra personale considerazione sulla Resistenza contro l’esercito tedesco agli ordini del Governo nazista e contro gli sgherri di Mussolini, il quale, dopo tante fanfaronate, aveva dovuto invocarne l’aiuto, ci limitiamo a citare le sentenze dei tribunali, visto che “ … l’avvocato ternano …” ha consultato “… le carte processuali … “.
Riguardo a Jolanda Dobrilla [5], per il Sostituto Procuratore Generale Peronaci:
“ … non ha importanza -da un punto di vista meramente giuridico- che la ragazza fosse veramente una spia…
… gli imputati (si tratta dei Partigiani Menichelli e Marasco; NdA) hanno in sostanza confessato di aver compiuto un’azione … per necessità di lotta contro i tedeschi in periodo di occupazione, occorre aver riguardo esclusivamente all’elemento soggettivo del fatto.
Nella specie non vi è nessun dubbio nella convinzione di tutti di agire per necessità.
Tale convinzione è largamente documentata nel processo, anche da fonti le più insospettabili, che accennano alla precedente diffida fatta alla ragazza, affinché non avvicinasse più i militari tedeschi.
L’avvenimento, poi, del rastrellamento, in cui furono trucidati 12 partigiani, fu la ragione determinante della condanna e dell’esecuzione” [6].
Sarà stato uno dei soliti “Giudici comunisti” il Sostituto Peronaci, che chiese il proscioglimento di Menichelli e Marasco?
Comunque la si pensi:
“Il 21 novembre 1950 la Sezione Istruttoria della Corte di Appello di Roma accoglie tale richiesta …”[7].
Un’intera Sezione Istruttoria comunista?
Riguardo a colui che Francesco Castellini definisce il:
“ … povero vecchio, semideficiente e inoffensivo, ucciso per strada e lasciato in terra proprio come Tania, la povera cagnetta che fu pugnalata e gettata sul corpo di Centofanti che essa volle seguire dopo che fu prelevato dalla sua casa per essere ucciso” [8],
il Sostituto Procuratore Generale della Repubblica di Perugia, il 28 Giugno 1951, afferma che, nel 1944, Centofanti ha dimostrato di:
“conservare […] la sua ideologia di fascista accanito” [9].
Comunque, siccome pure un Giudice può sbagliare, leggiamo che cosa scrive un altro:
“Il giudice istruttore del Tribunale di Terni, Aldo Marino Colacci, il 4 agosto dello stesso anno, ritiene sensata l’ipotesi che Centofanti abbia svolto attività di collaborazionismo; d’altra parte, l’espressione “non si interessava di politica” è quanto mai ambigua in mancanza di riscontri più affidabili rispetto alle dichiarazioni degli amici e dei parenti” [10].
Altri due Giudici comunisti?
Per quanto riguarda le:
“ … vere e proprie forzature, come, ad esempio, quella di voler far apparire Maceo Carloni un “capoccia fascista” (e quindi meritevole di essere ucciso) … “ [11],
leggiamo quanto scritto dal Giudice istruttore Colacci nella sentenza di proscioglimento dei Partigiani processati per l’uccisione di Carloni:
“ In proposito è sintomatica e decisiva la deposizione dell’allora vescovo di Terni, S.E. Cesare Boccoleri, il quale ha riferito che il Carloni era molto in auge nelle sfere fasciste, era uno degli esponenti più noti ed efficaci nella sfera delle attività sindacali e che pur essendo alieno da faziosità e violenze, compiva opera efficace per attrarre le masse alle ideologie fasciste” [12].
Qui, addirittura, abbiamo a che fare non solo con il “solito Giudice comunista”, ma anche con un “Vescovo comunista”!
Sempre nella suddetta sentenza, è scritto:
“a torto o a ragione […] Carloni era ritenuto uno degli esponenti del Fascismo e considerato un gerarca del Partito […] occupò una carica importante, quale quella di capo dei sindacati operai, l’espletamento delle cui mansioni non poteva essere fatto che in assoluta e completa collaborazione politica con le gerarchie del Partito e in adesione alle ideologie da quest’ultimo professate […]
Non può quindi, dubitarsi che il Carloni sia apparso come una delle personalità del regime fascista, contro cui la lotta per tanti anni condotta clandestinamente, è esplosa e divampata” [13].
Giunti a questo punto, avremmo il vivo desiderio di sapere sia dall’Avvocato Marcellini, sia da Francesco Castellini quali “carte processuali” abbia consultato il primo per “la ricostruzione dei tragici episodi”.
Comunque, siamo grati a Francesco Castellini, per averci illuminato con alcune verità, che, francamente, ignoravamo:
“Infatti, ciò che appare evidente in queste tragiche vicende è che la maggior parte delle vittime erano soltanto dei fascisti.
Ma uccidere qualcuno soltanto perché gli si attribuiscono idee fasciste non era lecito né durante la guerra partigiana né … tantomeno (così si spera) al giorno d’oggi” [14].
A prescindere dalla edulcorazione/attenuazione insita nel trasformare coloro che, nella riga precedente, erano qualificati come Fascisti, in coloro a cui vengono attribuite (Da chi? Dai loro avversari? Arbitrariamente?) idee fasciste, l’elemento illuminante è il criterio che, in una guerra partigiana, seguita ad un ventennio di Regime Fascista, in cui “qualche violenzuccia” sarà pure stata commessa, non è lecito uccidere coloro che ancora continuano a difendere il suddetto regime, per di più in collaborazione con coloro che sono stati chiamati ad invadere il Paese.
Noi siamo talmente convinti della validità di questo dirompente concetto che non solo lo facciamo nostro, ma affermiamo, in scienza e coscienza, che se i Partigiani, non solo italiani, ma anche francesi, norvegesi, cecoslovacchi, polacchi, ebrei, russi, jugoslavi ed albanesi, avessero avuto la fortuna di ricevere questa illuminazione, si sarebbero ben guardati dall’impugnare le armi contro i rispettivi collaborazionisti e contro i Nazisti occupanti.
Quante “tragiche vicende” ci saremmo risparmiati!
Di fronte a questa storiografia da salotto televisivo, ricordiamo una quisquilia, riguardante il Sommo Poeta, che, naturalmente, in tutta la Sua esistenza, non commise neppure la millesima parte delle violenze perpetrate da un qualsiasi squadrista del Ventennio:
“Accusato di baratteria (trarre profitti illeciti da un pubblico ufficio; NdA), concussione e opposizione al papa e a Carlo di Valois … Nel 1302 gli (a Dante Alighieri; NdA) furono confiscati i beni, mentre la multa e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, inflittegli precedentemente …, furono commutate in condanna al rogo” [15].
Volendo, comunque, essere anche collaborativi, proponiamo un’integrazione al testo di Castellini, nonché un approfondimento.
La prima consiste nel menzionare Alessandro Portelli, storico di fama internazionale, che pure ha preso parte alla presentazione del libro, ma che non compare affatto nell’articolo di Castellini.
Forse, perché è inattaccabile?
L’approfondimento concerne quanto detto proprio in chiusura dell’articolo, a mo’ di ciliegina sulla torta:
“Il libro “La Storia rovesciata” è stato presentato al Centro Germinal Cimarelli da Franco Coppoli, il coordinatore dei Cobas, diffidato nel giugno scorso assieme a una decina di frequentatori del Centro per violazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza avendo organizzato una troppo vivace manifestazione antifascista” [16].
Sicuramente, non sarebbe stato male ricordare che il Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) fu emanato con il Regio Decreto n. 773 del 18 Giugno 1931, cioè in piena epoca fascista, quando era Ministro della Giustizia e degli Affari di Culto il famigerato Alfredo Rocco.
Ugualmente, sarebbe stato opportuno chiarire che gli Avvisi orali, inviati dal Questore a 11 Antifascisti ternani, tra cui Franco Coppoli, discendono dalla Legge Scelba del 1954, quando era Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno ad interim quel Mario Scelba, che, nel secondo dopoguerra, si distinse nella repressione degli operai, dei contadini, degli Antifascisti e dei Comunisti.
Comunque, noi vogliamo approfondire, a beneficio del giornalista, la nota biografica dedicata a Franco Coppoli.
Nel 2006, Presidente di Seggio a Fornole, nel Comune di Amelia, pretese che dal seggio stesso venisse rimosso il Crocifisso, con grande scandalo dei benpensanti locali e nazionali (fu davvero un peccato che il Tribunale di Perugia gli desse ragione).
Nel Settembre 2008, rimosse, durante le sue ore di lezione, il Crocifisso dal muro dell’aula; fu sospeso per un mese dall’insegnamento; attualmente, sono in corso due processi.
Tenuto conto di tutto questo, ci sembra cosa buona e giusta proporre che il suddetto Coppoli venga inviato al confino, come si usava ai “bei tempi andati”.
Vogliamo, altresì, ricordare che Franco Coppoli insegna, oltre che Italiano, pure Storia; sarà stato anche per questo che ha presentato, insieme a Portelli, un libro intitolato “La storia rovesciata? “.
Se noi fossimo andreottiani [17], ipotizzeremmo sia che omettere la presenza di Portelli ed il mestiere di Coppoli, parlando, invece, della diffida per violazione delle leggi di pubblica sicurezza, avesse come fine quello di mettere in cattiva luce Franco Coppoli, sia che quella frase più che di un articolo di giornale fosse degna di un verbale della Questura.
Ma noi, sicuramente, non siamo andreottiani.
Valerio Bruschini
NOTE
[1] Castellini Francesco, La Storia rovesciata Il libro di Covino, Bitti e Venanzi, Il Giornale dell’Umbria, p.20, Lunedì, 27 Settembre 2010.
[2] Leopardi Giacomo, Il sabato del villaggio, verso 36.
[3] Castellini, cit..
[4] Ibidem.
[5] Prendiamo in esame le uccisioni di Jolanda Dobrilla, di Augusto Centofanti e di Maceo Carloni, perché sono proprio quelle di cui parla Castellini nel Suo articolo.
[6] Bitti A., Covino R., Venanzi M., La Storia rovesciata, p.244, CRACE, Narni (TR), 2010.
[7] Ibidem.
[8] Castellini, cit..
[9] Bitti, cit., p.225.
[10] Ibidem.
[11] Castellini, cit..
[12] Bitti, cit., p.222.
[13] Ibidem, pp.222-223.
[14] Castellini, cit..
[15] La nuova enciclopedia della Letteratura, p.255, Garzanti, Milano, 1985.
[16] Castellini, cit..
[17] Andreotti Giulio:“A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”; secondo alcuni, la frase sarebbe da attribuire al Cardinale Mazzarino, Primo Ministro di Francia dal 1642 al 1661.